Se questo vale in generale per l’economia produttiva, vale a fortiori per quella finanziaria, che ha oggi il sopravvento e dove l’obiettivo non è tanto la produzione di beni e di servizi, ma lo sviluppo di processi attraverso i quali il denaro si riproduce secondo criteri che spesso nulla hanno a che vedere con l’effettiva crescita produttiva. Sempre più frequenti sono, in questo settore, fenomeni come la diffusione di pratiche sleali o di comportamenti fraudolenti – si pensi soltanto alla simulazione di espansioni aziendali inesistenti – o l’alimentazione di forme di speculazione che portano a patologie e collassi dei mercati – il caso Enron non ha, sotto questo profilo , soltanto una valenza paradigmatica, ma un significato simbolico – ; mentre crescono le posizioni monopolistiche e i conflitti di interesse e diminuisce , anche a causa della mancanza di una seria rete informatica, il potere di controllo della società civile e politica, con la conseguente perdita di fiducia dei cittadini. A favorire questi processi di deterioramento concorrono, in misura rilevante, le dinamiche proprie dei mercati finanziari, in cui giocano un ruolo decisivo le componenti emotive del comportamento umano – vi è addirittura chi non vede, per questa ragione, alcuna differenza tra la Borsa e la roulette - , e dove forte è la spinta a sviluppare istinti opportunistici che inducono ad approfittare di situazioni favorevoli legate soprattutto ai fallimenti del mercato.
Vi è chi, riflettendo sulle finalità proprie di tale settore e sulle dinamiche che lo governano, perviene drasticamente a negargli ogni plausibilità morale: si tratterebbe, in altre parole, di un’attività senza alcuna possibilità di riscatto. Vi è invece chi – e noi siamo tra questi – pur non disconoscendo le profonde ambiguità che lo connotano e considerando necessario il suo ridimensionamento a favore del settore della produzione, ritiene che esso possa svolgere un ruolo importante nella crescita globale del sistema economico, a condizione che venga fissato con rigore un insieme di "regole", che garantiscano l’effettiva libertà del mercato (aprendo a un numero sempre più elevato di attori), tutelino i risparmiatori e favoriscano l’interesse collettivo; e che si creino strutture autorevoli in grado di farle rispettare.
Il senso ultimo dell’agire economico è infatti la promozione della persona da perseguire mediante la produzione di beni che soddisfino bisogni veri e vengano equamente distribuiti. Il momento attuale, è, a tale riguardo, propizio: va infatti acquisendo sempre maggiore credibilità, nell’ambito della scienza economica, la convinzione che il riferimento a un sistema di valori da cui ricavare precise regole di comportamento per i processi economici non è soltanto un’esigenza di ordine etico, ma anche una necessità per il buon funzionamento del sistema economico; in altri termini, che la sola efficienza non è sufficiente, ma va coniugata con la solidarietà e con la responsabilità personale, individuando le forme concrete di mediazione possibile in situazione.
Tutto ciò rischierebbe di rimanere sterile se non si accompagnasse tuttavia a un profondo rinnovamento di coscienza degli operatori, se cioè non mutassero profondamente gli atteggiamenti e i comportamenti soggettivi di chi è impegnato nel delicato settore dell’attività finanziaria. La possibilità di distinguere il vero manager, che agisce con competenza tecnica e con serietà etica, dal magliaro, preoccupato esclusivamente del guadagno e refrattario a ogni forma di scrupolo morale, è legata all’assimilazione di habitus personali virtuosi frutto di un’educazione cha ha radici profonde nel passato e che rappresenta la garanzia più sicura per il corretto approccio ad attività in cui più facile è la tentazione di omissioni e di trasgressioni. Alle riforme a carattere strutturale, assolutamente necessarie, è dunque importante abbinare un forte impegno formativo che offra alle persone un’attitudine permanente di apertura ai valori e di vigilanza nei confronti delle situazioni tale da consentire una valutazione critica dei processi e la capacità di orientarli verso l’interesse reale dell’intera collettività.
Giannino Piana