Formazione Religiosa

Giovedì, 23 Novembre 2006 01:11

Il commento di Girolamo al profeta Isaia (Iginio Passerini)

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Il commento di Girolamo
al profeta Isaia
di Iginio Passerini

Negli ultimi anni della sua vita (407-419) Girolamo si è dedicato a commentare i pro­feti maggiori. E' il frutto maturo di un'esi­stenza spesa nel servizio alla Parola di Dio.

Era nato a Stridone in Dalmazia verso il 347. Compiuti gli studi letterari a Roma, dove era stato battezzato, aveva raggiunto Treviri, sede imperiale, dove aveva matura­to la decisione di dedicarsi all'ideale asceti­co. Si era congiunto per questo, verso il370 ad Aquileia, con un gruppo che aveva le medesime intenzioni (Rufino, Bonoso, Cro­mazio, Eliodoro). Ma nel 373 ilgruppo si era sciolto e Girolamo partiva per Antiochia di Siria, per sperimentare la vita monastica in forma eremitica nel deserto di Calcide, tutto dedito allo studio linguistico ed esege­tico della Scrittura, alle opere patristiche e alla trascrizione di codici. L'esperienza so­stenuta in forme assai dure lo maturerà co­me guida e maestro di ascesi per gli anni successivi.

Nel 382 si trasferì a Roma, dove papa Da­maso lo fece suo segretario. Qui attese alla versione latina di quasi tutta la Bibbia, men­tre si interessava degli ideali ascetici che circolavano in alcuni ambienti aristocratici femminili della città.

Alla morte di papa Damaso, avvenuta nel dicembre 384, Girolamo riprese la via dell'Oriente. Con il fratello Paoliniano e con alcuni monaci nell'estate del 385 si imbarcò per Antiochia, accompagnato da Paola ed Eustochio, ormai votate all'ideale ascetico.

Nella primavera/estate del 386 ilgruppo si stabilì a Betlemme, e presso la Basilica del­la Natività, grazie ai finanziamenti della fa­coltosa Paola, vennero fondati due monaste­ri, uno per i monaci e uno per le vergini, con una foresteria per i pellegrini. Qui Gi­rolamo si dedicò interamente all'attività letteraria: traduzioni bibliche, adattamenti di commentari, qualche romanzo agiografico, raccolta di dati storici. Ai monaci spiegò la Scrittura e offrì istruzioni ascetiche; ai gio­vani, nella scuola annessa al monastero, in­segnò grammatica latina e letteratura clas­sica; mantenne i contatti con amici di Ro­ma; partecipò alle vicende della Chiesa.

400 ilcom­mento ai profeti maggiori, dove ildebito verso Origene, purificato dalle posizioni controverse, è decisamente abbondante, nel caso in cui Girolamo disponga della fonte.

Nel frattempo la vita di Girolamo aveva ri­cevuto diversi colpi: era morta Paola nel 404; Roma fu distrutta dai Goti nel 410; nel 418/419 morì anche Eustochio. E a pochi mesi di distanza da questo lutto, anche Gi­rolamo si spense a Betlemme il30 settem­bre 419, mentre stava commentando Gere­mia, l'ultimo del ciclo dei profeti.

* * *

Il Commento a Isaia (1) appartiene agli anni 408-409: siamo ormai nell'ultima fase del­l'attività esegetica, quando il criterio erme­neutico di Girolamo ha raggiunto la sua più matura formulazione e applicazione. Scrive nel Prologo: commento a Daniele, mi costringi, vergine di Cristo Eustochio, a passare al commento di Isaia (…). Rendo a te ciò che devo, obbedendo ai comandi di Cristo, che dice: Scrutate le Scritture (Mt 7,7); e: Cercate e troverete (Mt 22,29). Per non sentirmi dire, insieme ai Giudei: Vagate, ignorando le Scritture e la potenza di Dio (Mt 22,29). Se infatti, secondo l'apostolo Paolo Cristo è poten­za di Dio e sapienza di Dio e colui che non conosce le Scritture non conosce la potenza di Dio e la sua sapienza, allora ignorare le Scritture è ignorare Cristo. Quindi sostenuto dall'aiuto delle tue preghiere, dato che giorno e notte tu mediti la legge di Dio e sei tempio dello Spirito Santo, imiterò il padrone di casa, che tira fuori dal suo tesoro cose nuove e antiche; imiterò la sposa che dice nel Cantico dei cantici: Cose nuove e antiche fratello mio ho conservato per te (Ct 7,13); e così esporrò Isaia, in modo da presentarlo non solo come profeta, ma anche come evan­gelista ed apostolo. Egli stesso di sé e de­gli altri evangelisti dice: Quanto sono belli i piedi di coloro che annunciano il bene, che annunciano la pace (Is 52,7). E a lui come ad un apostolo Dio si rivolge in questi termini: Chi manderò e chi an­drà da questo popolo? Ed egli risponde Eccomi, manda me (Is 6,8)».

Il commentario è molto esteso (18 libri) ed applica sistematicamente i criteri che si so­no progressivamente delineati nel corso del­la sua multiforme attività esegetica:

a) anzitutto un'aderenza critica al testo, spesso con duplice riferimento, per la scelta della lezione, all'originale ebraico e al testo greco dei LXX;

b) in secondo luogo egli è attento sistemati­camente a due livelli di interpretazione: il primo è quello letterale (littera o histo­ria); l'altro è quello spirituale (allegoria, anagogè, tropologia, spiritus).

Nella lettera 120,12 riprendendo Origene, aveva riconosciuto tre livelli di esegesi: quello letterale, quello morale, quello spiri­tuale. Generalmente però non si riconosce in questo schema ternario, ma preferisce quello binario, attento alla lettera del testo accompagnata da un'interpretazione di ca­rattere allegoric.o (2) Così Girolamo fa siste­maticamente nel commento ad Isaia: pre­messa l'attenzione al livello letterale, anco­ra più costantemente che in altri commenti, sviluppa discretamente l'interpretazione allegorica. Lo dimostra anche il fatto che, mentre in un saggio esegetico del 397 sui capitoli 13-23 di Isaia, gli oracoli contro le nazioni erano stati esaminati solo in chiave letterale, allo stesso commento riproposto tale e quale in quest'opera nel libro 5°, fa seguito l'interpretazione allegorica degli stessi capitoli nei libri 6° e 7°. (3)

Così si esprime Girolamo nel Prologo del suo com­mentario:

«All'interpretazione letterale (historiae veritatem) deve seguire quella spirituale (spiritaliter accipienda sunt omnia); così Giudea e Gerusalemme, Babilonia e Fili­stea, Moab e Damasco, Egitto e deserto, Idumea e Arabia, la valle della Visione fi­no all' estremità di Tiro, la visione dei quadrupedi sono tutte realtà da interpre­tare, per coglierne il significato e ricono­scere che in esse l'apostolo Paolo come sapiente architetto ha posto il fondamen­to, che non è altro che Cristo Gesù».

E sulla necessità di accedere al livello profondo dell' interpretazione, là dove non arrivano coloro che non hanno la fede in Cristo e la sua luce, siano essi pagani o giu­dei, aveva appena detto, sempre nel Prolo­go:

«Nessuno pensi che voglia contenere l'argomento di questo testo in una breve trattazione, perché questo libro contiene tutti i misteri (sacramenta) del Signore e vi si predica sia l'Emmanuele nato dalla vergine, sia colui che ha compiuto opere mirabili e gesti significativi, morto sepol­to e risorto dagli inferi è il Salvatore di tutte le genti. Che dirò dei contenuti di fi­sica, etica e logica? Tutto ciò che è proprio delle sante Scritture, tutto ciò che può proferire lingua umana, ciò che i sensi dei mortali possono ricevere, tutto quanto è contenuto in questo libro. Dei suoi misteri rende testimonianza colui che scrisse: E sarà per voi la visione di tutto come le parole di un libro sigillato, che viene consegnato a uno che sa legge­re, dicendogli: Leggilo. E quello rispon­de: Non posso, perché è sigillato. E verrà consegnato il libro a chi non sa leggere, dicendogli: Leggi. E risponderà: Non so leggere (Is 29,11.12). Sia dunque che tu consegni questo libro al popolo dei paga­ni che non sa leggere, ti risponderà: Non posso leggere, perché non ho imparato a leggere le Scritture. Sia che lo consegni agli scribi e ai farisei, che si vantano di conoscere le lettere della Legge, rispon­deranno: Non possiamo leggere, perché il libro è sigillato. Come mai è sigillato proprio per essi? Perché non hanno ac­colto colui sul quale il Padre ha posto il sigillo, colui che tiene la chiave di Davi­de: Colui che apre e nessuno può chiude­re; che chiude e nessuno può aprire (Ap 3,7)».

Le fonti del commento di Girolamo sono esplicitamente ammesse nel Prologo della sua opera, dove dichiara di aver attinto le spiegazioni allegoriche al commento di al­cuni ecclesiastici viri. Si tratta del commen­to di Eusebio di Cesarea prevalentemente di carattere letterale; inoltre per gli sviluppi allegorici Girolamo si è rifatto sia al com­mentario di Origene in 30 libri (Girolamo dichiara di non disporre del libro 26), che si fermava al passo di Is 30,5; sia al commen­tario di Didimo di Alessandria per Is 40-66.Tra le fonti latine ricorda solo Vittorino di Petovio, in un suo commento perduto a Isaia. Nel commento di Girolamo il registro dell' interpretazione letterale riprende da Eusebio il motivo del trasferimento dei rife­rimenti profetici dal tempo delle invasioni assira e babilonese al tempo delle guerre con i romani, con spazi anche per una lettu­ra cristologica. L'interpretazione allegorica attinge ai temi più cari ad Eusebio, come la vittoria della Chiesa sull'idolatria pagana e la sostituzione della Chiesa ad Israele, ma anche a temi tipici di Origene e di Didimo, quali il confronto con l'eresia e il rapporto individuale di Cristo con l'anima del cristia­no. Dichiara Girolamo, sempre nel Prologo:

«Voler commentare tutto il libro di Isaia è un impegno di grande portata, con cui si è misurato l'ingegno dei nostri padri, dico dei Greci. Per il resto tra i latini c'è grande silenzio, fatta eccezione per il martire di santa memoria Vittorino, che poteva dire con l'apostolo: Anche se ine­sperto nel linguaggio, non però nella scienza. Origene ha scritto su questo pro­feta, fino alla visione dei quadrupedi nel deserto, trenta volumi, di cui non si trova il 26°. Sono a lui attribuiti altri due libri sulla visione dei quadrupedi, che sono ri­tenuti non autentici; cosippure venticin­que omelie e Semeiòseis, che noi possia­mo chiamare Excerpta. Anche Eusebio Panfilo ha pubblicato quindici libri se­condo la spiegazione storica (= interpre­tazione letterale); e Didimo, della cui amicizia ci siamo avvalsi, dal passo dove sta scritto: "Consolate, consolate il mio popolo, sacerdoti; parlate al cuore di Gerusalemme", fino alla fine del libro, ha pubblicato diciotto volumi. Apollinare poi, secondo il suo stile tocca tutti i pas­saggi ( ... ) ma in modo che ci sembra di leggere non tanto dei commenti, quanto piuttosto un indice per sommi capi».

Il riferimento a queste fonti non toglie nulla all'originalità della sua esegesi, espressa in una forma letteraria degna di un grande scrittore della tarda antichità.

Note

1) Il commento di Girolamo ad Isaia è apparso in edi­zione critica nel «Corpus Christianorum» nel 1963 ad opera di M. Adriaen: S. HIERONYMI PRESBYTERI, Commentariorum in Esaiam libri, curo M. ADRIAEN, Turnholti 1963, CCSL 73-73A.

2) Vedi P. JAY, Saint Jérome et le triple sens de l'Ecri­ture, in «Revue des Etudes Augustiniennes» 26 (1980),214-227.

3) Vedi M. SIMONETTI, Sulle fonti del «Commento a Isaia» di Girolamo, in «Augustinianum» 24 (1984), 451-469; ID., Lettera e/o allegoria, Studia Epherneri­dis «Augustinianum» 23, Roma 1985,334-336.


(da Parole di Vita, 1, 1999)
Letto 9288 volte Ultima modifica il Mercoledì, 28 Febbraio 2007 14:57
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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