Formazione Religiosa

Domenica, 02 Gennaio 2011 22:32

Libertà e amore (Antonio Pitta)

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Non bisogna confondere morale ed etica, che per Paolo è inabitazione dell'amore di Cristo e dello Spirito. Il dato ineludibile è la giustificazione per la fede, senza dimenticare che si sarà giudicati per le nostre opere.

Libertà e amore

di Antonio Pitta  *

Sulla visione dell'etica paolina grava uno dei pregiudizi più negativi che sia stato formulato nella storia; quello pronunciato da F. Nietzsche, in L'anticristo: «Che cos’è la morale ebraica, che cos'è la morale cristiana? Il caso defraudato della sua innocenza; l'infelicità contaminata con il concetto di "peccato”;- lo stato di benessere come pericolo, come "tentazione"; il malessere fisiologico intossicato dal verme della coscienza».

Il filosofo tedesco attribuisce a Paolo l’invenzione di una morale letale per lo spirito tragico  del mondo greco e di un cristianesimo che ha finito con il tradire Gesù stesso. Purtroppo questi pregiudizi continuano a creare reazioni negative nei confronti di Paolo e a fraintendere il suo messaggio. Cerchiamo pertanto di delineare il prospetto dell' etica paolina per coglierne lo statuto e le coordinate principali per poi valutare la pertinenza di un giudizio così corrosivo.

Vangelo e libertà

Il trascorrere dei secoli svolge spesso brutti scherzi sul pensiero di autori che appartengono al passato: è come se progressivamente il loro ritratto venga capovolto e osservato dalla testa in giù. Quando Paolo dettava le sue lettere si andava diffondendo nelle prime comunità cristiane l'accusa di libertinaggio nei confronti della sua etica. Lo slogan «tutto mi è lecito» (1 Cor 6,12) nella comunità di Corinto, la visione negativa nei confronti della Legge mosaica nella Lettera ai Galati (3,1-28) e l'accusa di favorire il male in vista del bene (Rm 3,8) presso le comunità romane, si trovano dietro i fraintendimenti nei confronti del Vangelo paolino.

Se il Vangelo della giustificazione e dell' essere in Cristo si fonda soltanto sulla grazia della riconciliazione operata da Dio in Cristo, la Legge è stata abrogata, il peccato non ha più alcuna incidenza sull' esistenza dei credenti e l'etica è soggetta all'arbitrio di ognuno. Per arginare questi primi fraintendimenti che si trovano sul polo opposto di quanto oggi si tende a pensare di Paolo, egli prospetta quattro fondamentali coordinate per lo statuto dell'etica nelle sue comunità.

Libertà come servizio

Così il manifesto della libertà, che è la Lettera ai Galati, introduce la sezione dedicata all'etica: «Cristo ci ha liberati per la libertà! Restate dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (5,1). Il primo e principale fondamento dell’etica paolina non è la Legge mosaica, né qualsiasi altra legislazione civile o sociale, bensì la libertà dal peccato, dalla morte e dalla stessa Legge operata da Cristo. E poiché si tratta di una libertà assoluta, che non si riduce al libero arbitrio nei confronti del bene e del male, non può essere manomessa da alcun credente, ma soltanto accolta come dono veicolato dalla giustificazione in Cristo.

Con lo stesso ardore però Paolo spiega che questa libertà non può indurre in forme di libertinaggio, ma necessita di esprimersi nel servizio per Cristo e per la propria comunità: «Voi infatti siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per vivere secondo la carne; mediante l'amore siate a servizio gli uni degli altri» (5,13). Nella misura in cui la libertà in Cristo trova spazio nella vita dei credenti si esprime nel servizio e nell'amore vicendevole. Il primo ambito in cui l'etica cristiana sgorga e si sviluppa è pertanto quello dello stesso Vangelo e non come conseguenza opzionale, altrimenti lo stesso Vangelo si riduce a una fede non operante nell'amore (5,6).

Per questo la morte e risurrezione di Cristo, il rivestirsi di lui abbandonando l'uomo vecchio per il nuovo (Rm 6,1-23), esprimono il prioritario ancoraggio dell'etica, contro un distanziamento tra fede ed etica: «Coloro che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri» (Gal 5,24).

Lo Spirito della libertà

Se il rapporto con Cristo rappresenta il fondamento dell'etica paolina, soltanto il suo Spirito rende possibile questa relazione nel presente e al di là del tempo e dello spazio che ci separano da lui. La centralità dello Spirito per qualsiasi scelta etica risalta all'inizio del suo frutto che è l'elenco delle virtù: «Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22). Il grido della libertà cristiana di Gal 5,l scaturisce dall'azione dello Spirito in lui: «Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà» (2 Cor 4,17). L'azione dello Spirito produce l'etica delle virtù e conduce a non ridurre il regno di Dio in questioni di cibo né di bevanda, bensì a identificarlo con la giustizia, la pace e la gioia nello stesso Spirito (Rm 14,17). Lo Spirito rappresenta la potenza di Dio che libera l'uomo dalla condizione tragica di chi non compie il bene che vuole, bensì il male che non vuole (Rm 7,7-25): «La legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla Legge del peccato e della morte» (Rm 8,2).

A sua volta la vita in Cristo si esprime nella comunità dei credenti, dove lo Spirito suscita carismi e ministeri per il bene comune e personale (1 Cor 12,7). Lo stesso Spirito, che è la potenza divina con cui il Piglio di Davide è stato costituito come Piglio di Dio dalla risurrezione dei morti (cf Rm 1,3), è colui che si trova all' origine dell' essere Chiesa, corpo di Cristo. Da questo versante l'etica paolina è, nel contempo, etica personale e comunitaria, senza che un orizzonte offuschi e ponga in secondo piano l'altro.

Etica agapica

Il terzo vettore che attraversa l'etica paolina è quello dell'agape o dell’amore, al punto che non soltanto questo rappresenta il primo frutto dello Spirito, ma assume i tratti della via sublime per qualsiasi scelta etica (1 Cor 12,31). Bisogna attraversare la memorabile pagina di 1 Cor 13,1-13 per cogliere come l'amore autentico non s'identifica con il sentimentale né con l'irrazionale, bensì con modi di agire impronta ti alla ricerca costante del bene per l'altro.

Dunque non c'è prima l'etica e quindi l'amore bensì l'inverso, poiché è questo che produce un modo nuovo di essere e di operare. Nel confronto con le tre virtù principali dell’etica cristiana -la fede, la speranza e l'amore - è quest'ultima che merita la priorità poiché è la sola capace di varcare le soglie del tempo per condurre ad essere con Cristo. Tuttavia contro una scissione astratta fra le tre virtù è bene ricordare che la stessa fede autentica si produce nell’amore e che quest'ultimo «tutto spera e tutto crede» (1 Cor 13,7).

Se l'amore precede e conforma l'agire, la stessa Legge che non rappresenta il fondamento dell’etica paolina giunge al suo compimento nell’amore vicendevole: «Non siate debitori in nulla a nessuno, se non nell’amore vicendevole; perché chi ama l'altro ha adempiuto la Legge. Infatti, non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento si ricapitola in questa parola: Amerai il prossimo come te stesso» (Rm 13,8-9; cf anche Gal 5,13-15). La Legge mosaica, che non è abrogata per Paolo ma è relativizzata, perviene al suo compimento nel comandamento dell'amore richiesto da Lv 19,18. Per questo nella dimensione con cui i credenti portano i pesi gli uni degli altri, adempiono oltremisura la Legge sino a identificarla con "la Legge di Cristo", senza alcun bisogno di sottomettersi ad essa per essere in Cristo.

I confini dell'amore non si riducono soltanto a coloro che condividono la stessa fede, ma trasbordano qualsiasi steccato per raggiungere il nemico: «Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,20-21). Soltanto la risposta paradossale del bene contro la spirale della vendetta è capace di trasformare dal di dentro il cuore umano.

Etica dell'anticipazione

Fra l'essere "in Cristo" per la fede e l’essere "con lui", oltre la soglia della morte, si colloca l'ultimo orizzonte dell’etica paolina che definiamo come dell' anticipazione. Da questo versante l'etica è valutata nell’orizzonte della temporalità o della relazione tra il passato, il presente e il futuro Il paradigma è proposto da Paolo ,per la comunità di Corinto: «Il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono come se non piangessero; quelli che gioiscono come se non gioissero. [...] Passa la scena di questo mondo!» (1 Cor 7,29-31).

Spesso in questa relativizzazione del presente, rispetto all'incontro con Cristo, si sono creati nuovi fraintendimenti su Paolo, soprattutto rispetto al giudizio finale che prospetta per coloro che non operano da credenti, come se fosse il terrore per la fine a rappresentare il fondamento dell'etica. In realtà, fra le tre scansioni del tempo, quella che rappresenta il dato certo e ineludibile è il passato della giustificazione operata in Cristo. Ed è su questo "centro del tempo" (H. Conzelmann) che s'innesta la ripercussione dell'essere in lui nel presente e dell’apertura sino all'incontro con lui. Per questo non è il paradigma asettico e puramente cronologico del" già e non ancora" a costituire lo statuto dell'etica cristiana, bensì l'essere in Cristo sino all'essere con lui. E quanto più cresce l'essere in lui, perché raggiunti dal suo amore, tanto più aumenta l'ardente attesa del restare per sempre con lui (cf Fil 1,20), Purtroppo per secoli l'etica cristiana ha spostato la bilancia sul giudizio finale e sull'imparzialità divina, dimenticando che non è su questo che il Vangelo di Paolo esprime la sua principale novità, bensì sull' essere giustificati per la fede senza, comunque, dimenticare che si sarà giudicati per le opere di ognuno.

Conclusione

Abbiamo intrapreso il percorso dell' etica paolina con la distorta visione di F. Nietzsche che ha confuso l'etica con la morale e Paolo con un comune pastore protestante del suo tempo. Le quattro coordinate che abbiamo delineato - della giustificazione in Cristo, dell'azione dello Spirito, dell' agape e dell'anticipazione finale - ci conducono a riscoprire la portata etimologica dell'etica intesa come "dimora" e intimità, e non come costume o comune modo di pensare e quindi come morale. Morale è agire come e perché così fanno tutti; etica è inabitazione dell'amore di Cristo e dello Spirito in noi.

Come controcanto rispetto alla visione nietzschiana di Paolo, chiudiamo con quanto Agostino d'lppona riporta nelle Confessioni (8,12,29), ricordando il momento di svolta della sua esistenza. Agostino aveva compreso prima e più di tanti che l'etica paolina non è un insieme di leggi asettiche e oggettive, ma s'identifica con il rivestirsi di Cristo come della pelle per il proprio corpo: «Tornai concitato al luogo dove stava Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all’atto di alzarmi. Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi, Diceva: "Non nelle crapule e nell'ebbrezze [...] ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo", [...] Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce quasi di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le  tenebre del dubbio si dissiparono».

 

* Pontificia Università Lateranense, Roma

(da Vita Pastorale, n. 6, 2009)

Letto 7847 volte Ultima modifica il Venerdì, 14 Gennaio 2011 12:07
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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