Formazione Religiosa

Venerdì, 28 Ottobre 2011 20:32

Riti di oggi: i nuovi codici visivi (Carlo Cibien)

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Nell'economia della salvezza, la 'liturgia' (érgon, opera divina, a favore del laós, popolo) è evento teantropico cioè divino-umano.

1. Premessa

Nell'economia della salvezza, la 'liturgia' (érgon, opera divina, a favore del laós, popolo) è evento teantropico cioè divino-umano (cfr. Sacrosanctum Concilium [= SC] 2, 8,21). È dunque conseguente che - contro ogni spiritualismo disincarnato e astratto - l'azione liturgica si attui con la collaborazione di tutto ciò che è studiato dalle semiotiche, ossia della comunicazione umana globalmente intesa. I sensi sono gli organi di percezione che rendono possibile ogni processo comunicazionale umano (espressivo o ricettivo) e dunque sono implicati in prima istanza dall'azione liturgica.
Ma trattandosi di evento teantropico, tutto ciò che è umano non deve sopraffare, trascurare, o peggio, ignorare la componente divina, anche se questa è meno percepibile. Ci si muove cioè in un ambito comunicazionale che alcuni definiscono 'simbolico', e che la semiotica generale qualifica come comunicazione connotazionale, o di secondo livello.
Quando il vangelo di Luca - per fare un esempio - riferisce le parole di Gesù nell'ultima Cena: «Questo fate in mia memoria», in realtà raccoglie e formalizza l'elaborazione di un processo che ormai è molto evoluto rispetto alle testimonianze evangeliche di Marco e Matteo che si soffermavano sull'espressione: «Questo è». Si dirà che si era costituito un rito, ed è vero; ma si deve pure costatare che la comunità di Corinto aveva assunto nella sua pratica liturgica anche gli aspetti negativi della ritualizzazione, quegli aspetti che Paolo denuncia nella prima lettera ai Corinzi dicendo: «Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è mangiare la cena del Signore...» (1Cor 11,20). Che è come dire: voi credete di mangiare la vita, ma nella realtà dei fatti mangiate la morte; ossia: la vostra ritualizzazione ha stravolto la sostanza di ciò che vi è stato trasmesso; vi è stata offerta la possibilità di entrare in contatto con il divino, ma voi l'avete snaturata con un eccesso di umanità.
In altri casi, è Gesù stesso a spiegare pragmaticamente la dynamis teantropica della sua parola: «Ora, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha potestà di rimettere i peccati sulla terra - dice al paralitico: - Dico a te: sorgi [gr. égheiré], prendi il tuo lettuccio e vattene a casa» (Mc 2,10s.).

2. l 'riti di oggi'...

La 'ritualità' liturgica deve compiere un costante discernimento per verificare la propria fedeltà e verità sostanziale. E avvenuto nel concilio Vaticano II, quando, passando al vaglio le forme rituali della liturgia («suscettibili di cambiamento»), si è cercato di scoprire se si fossero «introdotti elementi meno rispondenti all'intima natura della liturgia stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee». Il criterio di questo discernimento è stato indicato con molta chiarezza: «In tale riforma l'ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria» (SC 21).
Nel corso del tempo, infatti, può succedere che la ritualità liturgica sia influenzata da modalità rituali secolari o culturali: è successo e continua a succedere. Così è avvenuto che in alcune aree si abbandonasse la lingua in uso nella liturgia, il greco, per adottare la lingua del popolo, il latino, più comprensibile alle classi subalterne; o che le gerarchie ecclesiastiche, influenzate dal potere imperiale, ne adottassero paludamenti e ritualità. Non è capitato solo nel passato. Basta pensare all'utilizzazione del barocco nella liturgia del periodo post-tridentino, e alle codificazioni visive che l'hanno caratterizzata. Non occorre essere un erudito per continuare nell'esemplificazione.
Una delle tentazioni più ricorrenti consiste nel pretendere di voler rendere la ritualità liturgica più vivace, o più vicina alla vita comune delle persone, alla loro sensibilità. Una di queste potrebbe essere, se non la trasposizione in ambito liturgico di quei prodotti spettacolari che vanno per la maggiore nei palinsesti televisivi, almeno l'imitazione di alcuni aspetti che fanno la fortuna di tali format.
Qui il discernimento si fa più impegnativo perché non è sempre facile distinguere le esigenze sincere dalle banali semplificazioni.
Ora questiformat sono costruiti mediante lo sfruttamento di precisi meccanismi psichici ed emozionali definiti semplicisticamente 'impattanti' o accattivanti, capaci in realtà di scioccare e catturare, ossia di inibire le normali difese e indurre in modo forzoso reazioni emotive, pur con risultati spesso evanescenti. Qui si piange facilmente, ci si commuove; ci si irrita e si dà in escandescenza senza controllo. Ci si insulta esprimendo giudizi strampalati e fuori misura. La giustificazione di tutto ciò è l' 'effetto verità' che ne deriverebbe. Ma a lungo andare queste sollecitazioni creano assuefazione e soprattutto frustrazione: non siamo fatti per provare emozioni forti e finte, e dunque inutili. Appena sopraggiunge la pubblicità si cambia canale, o si saltabecca fra altri fornitori di stimoli, per poi ritornare a sintonizzarci quando un altro programma ci ha nuovamente stancato; o per andare finalmente a dormire quando proprio non ne possiamo più,

3. ... e la liturgia

Queste 'droghe' leggere che cosa hanno a che fare con l'azione liturgica?
Ci ricordano che abbiamo bisogno di usare i nostri sensi, di provare emozioni: di riempire la nostra vita reale. Non a caso la presenza eucaristica è definita reale e sostanziale. Ma nessuno si illude che sia una 'presenza' da vivere in modo superficiale, senza un impegno specifico da parte nostra, cioè da parte di tutti coloro che vi prendono parte: il corpo ecclesiale, inteso gerarchicamente e ministerialmente.
Apparentemente l'azione liturgica ha una ritualità costantemente identica, e anche azioni sacramentali diverse sono costruite sugli stessi canovacci celebrativi (accoglienza, ascolto della Parola, liturgia del sacramento, congedo). Una maggiore attenzione e una sensibilità liturgica più affinata ci permetterebbero di cogliere tutte le sfumate differenze. Questo ci richiama l'imprescindibilità della formazione e dell'educazione in generale e nell'area liturgica in particolare. Un soggetto normalmente grossolano e senza controllo emotivo avrà probabilmente qualche difficoltà nella gestione emozionale del mistero della salvezza celebrato.
Nell'azione liturgica l'attore-celebrante è costantemente chiamato a vivere ogni evento a livello individuale e comunitario, a livello umano e a livello divino. Questo significa che quando 'uno' dice anche un - si fa per dire - semplice: «Il Signore sia con voi», dovrebbe sentire la dynamis del ministero che sta svolgendo in sé e a favore della comunità; ne dovrebbe sentire gli effetti per la trasformazione della vita nell'ambito del personale e comunitario cammino di santificazione; dovrebbe percepire l'energia che viene dalla misericordia di Dio e che qui, ora, per queste persone e per il mondo, sta passando. Un discorso analogo dovrebbe essere fatto per il singolo e la comunità che sentono quelle parole rivolte a sé. Non è proprio facile!
Quelle parole tratte da SC 21 e riportate sopra; «,.. le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria» sono come un progetto che ci obbliga a verificare il lavoro fatto e quello ancora è da fare.
Ci aiutano a ricordare che anche per operare all'interno del progetto liturgico generale occorre un approccio organico. Questi nuovi modelli di comunicazione, pur criticabili per i contenuti, nascono tuttavia da una visione fortemente organica e organizzata, e chi opera al loro interno - volente o nolente - deve cooperare perché il lavoro del gruppo funzioni. Non che quanti operano all'interno della chiesa non sappiano che essa è organica, e che lo è la pastorale da essa attuata, in quanto «formata di più elementi o parti coordinate a uno stesso fine». Ma a volte si
può essere indotti a fare da soli, separatamente, a considerarsi autocefali; e allora l'organicità del progetto salta. E l'organicità vale per il singolo (= tutte le componenti della persona) e vale per la comunità ecclesiale: dal più alto ministero gerarchico e poi giù giù a cascata.
Ci aiutano a prendere atto - per contrasto - che nell'azione liturgica non ci si muove in un mondo spettacolare, virtuale, avulso dalla realtà o simulato ad arte; un mondo che a lungo andare satura e allora - sempre che non si soffra di patologie compulsive - si spegne la TV, si esce dalla rete, si arresta il computer e non rimane che tornare al vivere concreto.
Ci aiutano, una volta ripresi i contatti con il mondo reale, a riscoprire e a recuperare il valore dei sensi che attiviamo, per esempio, con i gesti. Durante la celebrazione dell'eucaristia c'è il 'rito della pace'. Il nuovo Ordinamento Generale del Messale Romano spiega che con esso «la chiesa implora la pace e l'unità per se stessa e per l'intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l'amore vicendevole, prima di comunicare al sacramento...» e suggerisce: «Conviene che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo sobrio» (n. 82). Qualcuno potrebbe reagire negativamente di fronte a queste indicazioni, perché freddine e un po' restrittive; e, sulle prime, non avrebbe tutti i torti. Ma se riflette e le interpreta alla luce del dato teantropico, scopre che quel gesto è individuale ed ecclesiale, è un'implorazione di pace e unità per la chiesa e per l'intera famiglia umana. Che in quel gesto c'è la personale e comunitaria anticipazione della piena comunione con Dio... Non può essere, allora, una sceneggiata, ma un gesto intimo, sobrio ma intensissimo. E il format di riferimento è solo l'agape di Dio, la sua pace.

Carlo Cibien

(da Rivista di pastorale liturgica, n. 1, 2011, p. 25)

 

Letto 2978 volte Ultima modifica il Venerdì, 05 Aprile 2013 11:06
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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