Formazione Religiosa

Domenica, 17 Maggio 2015 17:08

Tra fede e incomprensione (Marco Vironda)

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Solo chi riconosce Gesù e chi Egli sia può seguirlo, e solo chi lo segue fino alla fine può riconoscere veramente chi Egli sia: è il paradosso dell’insegnamento di Marco.

La struttura del vangelo di Marco

Circa la struttura del Vangelo di Marco, la varietà delle proposte avanzate dagli esegeti rivela non solo la diversità degli approcci utilizzati, bensì anche la difficoltà di «imprigionare» in uno schema lo sviluppo narrativo del testo. Per offrire qualcosa di più di un elenco delle pericopi che si susseguono nel testo, gli studiosi hanno tentato di formulare principi per delimitare correttamente le unità successive del racconto in base a criteri geografici, teologici, letterari e – tra questi – retorici, drammatici, chiastici, narrativi. I risultati di queste analisi fanno apprezzare l’abilità narrativa dell’evangelista in singole sezioni, senza convincere fino in fondo quando si prenda in considerazione l’intero racconto.

Il testo stesso presenta elementi ricorrenti, simili, ma che da soli non riescono ad identificare una sezione, a descrivere le caratteristiche di essa, perché altri elementi, pure ricorrenti, permetterebbero di suddividere il testo altrimenti. Facciamo un esempio: ci sono due grandi miracoli operati da Gesù sulle forze della natura, in particolare sul lago, narrati in 4,35-41 (la tempesta sedata) e in 6,45-52 (Gesù cammina sulle acque); queste scene sul lago incornicerebbero una sezione di insegnamenti e miracoli di Gesù. Ma non è mancato chi ha fatto giustamente osservare che la scena dell’attraversamento del lago con l’acquietamento della tempesta è collegata ad una scena precedente sull’insegnamento nella barca «seduto sul mare» (4,1), cosa innegabile e rilevante, perché permette di incorniciare il discorso parabolico del c. 4; inoltre un accenno all’elemento della barca per insegnare alla folla era già presente nel sommario di 3,7-12, e sempre sulla barca avviene un importante insegnamento rivolto ai discepoli in 8,14-21. Il campo si è così esteso e la situazione è complicata dall’esplicito riferimento in quest’ultimo brano ai due episodi in cui Gesù sfama la folla (6,30-44; 8,1-9), che, secondo alcuni, costituirebbero invece una sezione a sé, mentre altri sottolineerebbero la relazione fra le guarigioni di malati con difficoltà a comunicare, come quella del sordomuto (7,31-37) e dei ciechi (8,22-26; 10,46-52).

Quindi la presenza di più punti di riferimento crea l’impressione di «asimmetria» in coloro che ricercano una struttura ordinata ed equilibrata, oppure un senso di disordine che ha permesso nel passato di formulare un giudizio pesantemente negativo sull’autore del vangelo, classificandolo come semplice raccoglitore di tradizioni, senza alcuna abilità letteraria. Oggi questo giudizio è ampiamente sconfessato dalla critica, che, al contrario, riconosce al Vangelo qualità letterarie notevoli, soprattutto in quanto racconto. Se poi il testo di Marco è un racconto, allora la sua struttura può essere ricercata anche a livello di trama, non solo di elementi lessicali o di brani ricorrenti.

Una doppia trama

È stato possibile constatare la presenza di una doppia trama nel testo marciano; da una parte il cammino del Messia, per la diffusione della buona novella (cf 1,14-15; 1,38) per la redenzione degli uomini (cf 10,45), che emerge soprattutto nella cura che egli dedica all’istruzione dei suoi discepoli, i quali per altro continuano a non comprendere; dall’altra parte c’è l’ostilità delle autorità di Israele, che programmano di uccidere Gesù (3,6), spesso lo mettono alla prova con domande per avere di che accusarlo, e alla fine, con la collaborazione di uno dei Dodici, riescono nel loro intento (cf cc. 14-15). Le due linee di sviluppo si intrecciano e vengono coordinate a livello superiore dal piano di Dio, a cui il protagonista del racconto, cioè Gesù, si conforma con fiducia obbediente (cf 14,32-42).

Nonostante la presenza di queste due grandi linee di motivazioni che preparano e «causano» alcune delle vicende del racconto, bisogna notare che la trama di Marco è di tipo «episodico»: ciò significa che la maggior parte degli episodi del Vangelo sono in se stessi conclusi, non generano catene di eventi connessi e causati dai precedenti; in altre parole alcuni di essi potrebbero addirittura essere evitati nella lettura senza che le linee della trama a cui si accennava prima diventino incomprensibili. Ad esempio, se non leggessimo il racconto della guarigione della figlia della donna siro-fenicia (7,24-30) potremmo ugualmente comprendere come si arriverà alla condanna a morte di Gesù.

Collegamenti e richiami

Per comprendere l’abilità narrativa di «Marco» e la strutturazione del suo Vangelo dobbiamo considerare attentamente alcuni espedienti, modi di intrecciare il racconto e gli episodi, che sono tipici di questo testo. La trama del racconto è episodica, come abbiamo evidenziato sopra, e questo resta vero a livello della storia narrata; tuttavia ci sono delle indicazioni nel testo che invitano il lettore a confrontare episodi tra loro indipendenti, a ricordare fatti già raccontati, a evidenziare somiglianze e differenze in modo da farne emergere un messaggio che va oltre i confini del singolo racconto: vedremo alcuni di questi espedienti, in particolare le famose intercalazioni marciane, gli espliciti riferimenti al lettore perché ricordi ciò che è già accaduto (ad es. il segnale «di nuovo») o altri indicatori della velocità del racconto (come l’avverbio «subito»). Le intercalazioni costituiscono un modo di raccontare per cui, dopo aver iniziato un episodio, se ne interrompe il racconto per inserirvi la narrazione di un altro avvenimento; con la conclusione del secondo episodio si torna al primo e se ne porta a compimento il racconto; sono i cosiddetti racconti «sandwich», fra cui ricordiamo almeno 3,20-35; 5,21-43; 6,7-32; 11,12-25; 14,1-11; 14,53-72. Questo modo di strutturare un racconto fa sì che l’episodio marginale e quello centrale siano in relazione, e questo permette al lettore di trarre ulteriori significati. Ad esempio in 3,20-21 vengono introdotti sulla scena i parenti di Gesù che vengono per prenderlo, considerandolo fuori di sé. Il racconto si interrompe con l’introduzione di altri personaggi (3,22-30) che lo ritengono posseduto da un demonio: a costoro Gesù risponde sottolineando la gravità del loro atteggiamento nei suoi confronti, poiché non riconoscono che è guidato dallo Spirito Santo. A questo punto si riprende il primo racconto con i parenti di Gesù (3,31-35), ma per il lettore il loro atteggiamento è ormai connotato in modo fortemente negativo dall’esito del racconto centrale, e si apre così la via per la dichiarazione sulla possibilità di una nuova parentela con Gesù, fondata sul fare la volontà di Dio.

Un’altra tecnica frequente si basa sulla possibilità del lettore di conoscere i fatti già raccontati, cosa che stimola il confronto o suscita attese: è proprio la successione degli avvenimenti che spinge il lettore a ricordare quelli passati, a notarne similarità e differenze, a immaginare esiti eventualmente contraddetti dal racconto con effetto di sorpresa. Nulla collega a livello della storia le due moltiplicazioni dei pani (6,30-44; 8,1-9), non ci sono indicazioni per cui esse debbano ripetersi (ad es. un annuncio del tipo «accadrà un’altra volta»), ma la parolina «di nuovo» in 8,1 obbliga il lettore a ricordare che già una volta Gesù è stato in grado di sfamare una moltitudine, e quindi a sorprendersi dell’incapacità di comprendere dei discepoli, che paiono non ricordare. Questo significato è accessibile quindi solo al lettore, a livello della lettura progressiva e ordinata del racconto.

Altri hanno notato come alcune sezioni del racconto siano ordinate con una successione simile di eventi, come nel caso degli annunci della passione. In 8,31; 9,31 e 10,32-34 Gesù annuncia ai suoi il futuro di passione, morte e risurrezione che lo attende a Gerusalemme; ogni annuncio è seguito da una scena in cui i discepoli mostrano di non capire la portata delle parole di Gesù, a cui segue sempre un’istruzione di Gesù, che riprende ed amplia l’annuncio precedente e ne trae le conseguenze per i discepoli e la comunità.

La stessa successione degli avvenimenti, sapientemente giocata dall’autore, ci permette di introdurre un’ulteriore considerazione: le vicende, soprattutto nella prima parte del racconto, si susseguono velocemente, obbligando a rapidi passaggi nella lettura, spesso per mezzo dell’avverbio «subito», con descrizioni vivaci ma veloci; altre volte, soprattutto nella seconda parte del testo, il lettore incontra descrizioni più dettagliate, tempi più frequentemente marcati (il passare delle ore nei capitoli della passione), descrizioni più minuziose che obbligano a rallentare la lettura destando l’attenzione per i particolari. Questo elemento dimostra come la struttura di un racconto non sia sempre equilibrata e simmetrica, ma debba essere intesa piuttosto in modo dinamico: è lo svolgimento che interessa, e quindi sarà la lettura progressiva del racconto a generare i significati in modo graduale: solo giungendo alla fine il lettore potrà cogliere il senso a cui l’autore mirava scrivendo. Tutto ciò vale in particolare per il racconto di Marco.

Una proposta

Detto questo, dovendo proporre una struttura per la comprensione del Vangelo, riteniamo di partire da quella proposta da B. van Iersel, perché ci pare che tenga in considerazione sia criteri testuali oggettivi di struttura come la geografia del Vangelo, quindi il cammino di Gesù, sia criteri di lettura, dinamici, evidenziandone la progressione di senso per il lettore.

Al titolo dell’intero libro (1,1) segue una prima sezione ambientata nel deserto (1,2-13), con funzione di introduzione del protagonista e presentazione delle sue «referenze» da parte della Parola stessa di Dio, che per due volte interviene a favore del protagonista e del lettore, l’unico che conosca, a questo punto del racconto, l’identità di Gesù: Figlio di Dio e Messia.

Segue una sezione dove l’ambientazione in Galilea ha un peso notevole (1,16 – 8,21): qui Gesù guarisce, salva, istruisce e raduna attorno a sé il gruppo dei discepoli, mentre iniziano a definirsi i conflitti con le autorità. Il passaggio tra la prima e la seconda sezione è favorito da una scena transizionale (1,14-15), che introduce l’attività (o una delle attività) del protagonista, la predicazione, e dichiara il compimento del tempo delle attese.

Viene poi una sezione centrale ambientata «sulla via» (8,27 – 10,45), dove Gesù stesso rivela ai suoi discepoli quale sia la sua via e incita a seguirlo; questa sezione è circondata da due racconti di guarigione di un uomo che passa dalla cecità alla vista (8.22-26 e 10,46-52), simbolo della proposta fatta al discepolo e al lettore.

La quarta sezione (11,1 – 15,39) è tutta ambientata in Gerusalemme (e dintorni), e vede il compimento del piano delle autorità contro Gesù, ma anche il compimento della via del Signore, che è venuto «per dare la sua vita in riscatto per molti» (10,45), conformemente al piano di Dio.

Con un nuovo passaggio transizionale (15,40-41) veniamo introdotti nella quinta ed ultima sezione (15,42 – 16,8), la cui ambientazione ruota, intorno alla tomba. Qui la via di Gesù, apparentemente interrotta, riprende, giacché una voce celeste annuncia che egli è vivo e sta precedendo i suoi in Galilea.

Come abbiamo visto, il lettore è spesso invitato a considerare le relazioni di somiglianza in vari episodi nel corso del Vangelo, e a farne emergere il relativo significato; qualcosa di analogo accade anche a livello delle grandi sezione del racconto. Fra la sezione della Galilea e quella di Gerusalemme ci sono relazioni di opposizione che sottolineano i cambiamenti avvenuti per il protagonista, per i discepoli e per il piano di Dio che viene portato a compimento: per Gesù si passa dalla sua regione originaria a quella dei suoi oppositori, dalla possibilità di guarire e di fare del bene all’essere consegnato nelle mani degli uomini nemici, dall’azione alla passione, dal raccogliere i discepoli alla loro dispersione, dal luogo in cui il tempo si è compiuto (cf 1,14-15) alla città di cui si annuncia la fine.

Al contrario le sezioni più marginali (1,2-13 e 15,42 – 16,8) permettono di rilevare relazioni di somiglianza o continuità: in entrambe si ode una voce celeste, per mezzo di un messaggero (Giovanni Battista e il giovane) descritto con vesti particolari, ed entrambi i messaggeri parlano della «via di Gesù», che inizia e che continua; in queste due sezioni ci sono relazioni con la morte (luogo desertico e tomba) e con la vita, che dalla situazione di morte promana.

Nella sezione centrale è mostrata chiaramente la «via di Gesù»: egli stesso ne parla, invitando con insistenza i discepoli a seguirlo, a fare propria la sua stessa via, ma, come mostra la sezione ed il Vangelo intero, e come è rappresentato simbolicamente nelle storie di guarigione dei ciechi, solo chi riconosce Gesù e chi Egli sia può seguirlo, e solo chi lo segue fino alla fine può riconoscere veramente chi Egli sia; è il paradosso dell’insegnamento di Marco, che riprende anche per il discepolo la strada di morte e vita, perdere e trovare, morire e risorgere.

Marco Vironda

(tratto da Parole di Vita, n. 2, 1996)

 

Letto 2905 volte Ultima modifica il Domenica, 17 Maggio 2015 17:24
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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