Il fondamentalismo sembra essere una caratteristica propria del nostro tempo. Costante e trasversale – prospera in ogni ambiente. In un’epoca caratterizzata dalla crisi è, forse, il solo fattore contestuale che non conosce crisi. Non è una questione che riguarda il califfato o qualche oscura setta fanatica. È un problema che c’investe quotidianamente, capillarmente, in ogni ambito ed in ogni istante. Nasce da un modo di pensare – un modo di vedere il mondo che ci circonda. Ed il rischio, per ciascuno di noi, è quello di non restare esenti con questa visione della realtà. Siamo precipitati in un’epoca estremamente polarizzata. Una polarizzazione molto più sottile, sofistica di quelle sperimentate nel passato, ma ben più pervasiva. Si è sempre alla conta, per vedere chi è con noi e chi contro di noi.
C’è chi crede di essere progressista – o di sinistra – semplicemente dando del fascista agli avversari. Come se ciò, automaticamente, rappresentasse una sorta di salvacondotto – una patente di provato antifascismo. Senza mai analizzare che la propria prassi non si differenza in alcun modo da tutte le altre, accusate d’antidemocraticità. Un pensiero unico, onnipervasivo impera ovunque. I social network favoriscono ed accelerano questa riduzione ad unum. Ci aiutano in questo processo. Senza rendercene nemmeno conto, riduciamo le nostre relazioni all’interno di gruppi chiusi, dai tratti simili, contraddistinti dallo stesso modo di pensare e di vedere le cose. Ci permettono di coltivare e frequentare solo gli ambienti che ci sono consoni e sulla nostra stessa onda. Si sega via tutto ciò che rappresenta altro – pensiero, sensibilità, esperienze. Ci si ripete la stessa solfa all’interno di contesti che fanno solo da eco a noi stessi – alle nostre paure o al nostro narcisismo. Se si esprime un pensiero che non è consono a questo clima s’incorre nella gogna mediatica, si è sommersi dall’insulto e dalle minacce. Non c’è molto spazio per la discussione, per il confronto e per il dialogo. O si è d’accordo – o non si ha il diritto di esistere. Ragionare argomentando sembra essere diventato un lusso ed una rarità, visti i contesti che ripropongono soltanto slogan, ritengono che per comunicare basti sfoggiare qualche scritta sulla propria t-shirt mentre le risposte alle questioni da affrontare sono rappresentate dal ripetere un numero limitato di mantra infantili.
Non bisogna circoscrivere il fondamentalismo alla dimensione religiosa. Esso investe oggi ogni ambito – civile e politico. C’è anche un ateismo che si sta presentando virulento, aggressivo, violento e che non ammette possibilità d’alternativa al proprio pensiero.
Siamo di fronte ad un’apparente contraddizione: nel diffuso rifiuto di qualsiasi verità (religiosa, politica, antropologica, etica, ecc.) si moltiplicano le verità che si sottraggono ad ogni possibilità di confronto e di dialogo. È sufficiente che esse siano le nostre! In realtà, non si tratta di una contraddizione. Sono i fondamenti d’ogni fondamentalismo: l’ignoranza, la mancanza di spessore culturale e di dare forma ad un pensiero libero, l’incapacità ad entrare in relazione con l’altro – qualunque esso sia, con le diversità (e le ricchezze) di cui è portatore.
Ma, francamente, io non voglio smettere di pensare – e di pensare criticamente.
Faustino Ferrari