Formazione Religiosa

Sabato, 18 Agosto 2018 21:55

Con la Maddalena e la samaritana (Lidia Maggi)

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Alla ricerca della presenza delle donne nel vangelo. Una presenza che, nonostante i tentativi del patriarcato, non è stata oscurata. Gesù, come anche con i poveri e gli schiavi, ha saputo accogliere le donne, facendole sentire importanti, restituendo loro la dignità. Maggi è pastora battista, teologa e saggista.

Ci interessiamo di «Gesù e le donne» in un momento storico in cui sembra calare l'attenzione verso quella ricerca che nei decenni passati è stata in grado di portare alla luce un mondo sommerso dall'oblio di una narrazione al maschile e di porre al centro della scena la presenza delle donne nella vita e nella missione del rabbi di Nazareth.
Oggi non va più di moda parlare di «Gesù e le donne». Si sono spenti i riflettori su quel movimento di presa di coscienza femminile che ha riempito le piazze del secolo scorso, rivendicando i diritti negati alle donne. Tuttavia, il calo di attenzione verso quel pensiero della differenza, che ha denunciato «l'insostenibile mascolinità del neutro universale», convive accanto ad un inaspettato interesse per il femminile nel territorio del sacro, capace di fare la fortuna di autori come Dan Brown.
Le riflessioni di genere sembrano vivere un periodo di stanca proprio mentre si riaccende l'interesse sul rapporto tra donne e divino. Interesse pericoloso poiché viziato dalla lente deformante del mito che, mentre sembra dare spazio e autorevolezza a figure sommerse come Maria di Magdala, le imprigiona nella sfera del fiabesco. Così Maria l'apostola viene trasformata nella consorte del Messia che, fuggita in Francia, darà vita alla discendenza regale. Questa tecnica che trasforma in mito un personaggio storico non è meno efficace dell'oblio patriarcale per rimuovere il problema della presenza femminile nella chiesa e nei Vangeli.
In questa stagione di confusione, dove convivono l'interesse morboso e la totale indifferenza sul tema, osiamo, come rabdomanti rimetterci alla ricerca di quelle tracce femminili capaci di far sgorgare una sorgente di acqua viva sotterranea nel deserto patriarcale.
Lo facciamo seguendo le mappe disegnate dagli studi del passato. Paghiamo un tributo a tutta quella produzione che, nei decenni trascorsi, ha saputo recuperare una lettura al femminile della Scrittura, e, nello specifico, della figura di Gesù, offrendo strumenti e metodi di analisi. Tali strumenti - come ad esempio quell'«ermeneutica del sospetto» che entra nelle storie bibliche con sguardo critico, capace di riconoscere non solo l'interpretazione al maschile di un testo, ma anche i tratti di una Scrittura fin dal suo sorgere deformata dall'inchiostro patriarcale di chi scrive - sono tutt'altro che datati e rappresentano punti di non ritorno. Non vanno cestinati o dimenticati, ma fanno da sfondo al nostro modo di leggere interpretare la Parola. Del resto la presenza costante delle donne nel panorama evangelico è così forte che nemmeno la lente oscurante del patriarcato è riuscita a cancellare.
Ecco la brocca abbandonata della samaritana. Come le reti sulla spiaggia, è simbolo femminile della chiamata apostolica. Rappresenta quell'entusiasmo che ha scosso tutte coloro che in Gesù hanno trovato un tesoro prezioso per cui vale la pena vendere tutto. Fin dalla Galilea molte donne hanno seguito e servito quello strano rabbi itinerante, proprio come fanno i veri discepoli con il maestro. Insieme alla cerchia dei dodici, c'erano anche loro, le donne; e, seppur frettolosamente, vengono nominate nel gruppo (Luca 8,1-3). Tra queste emerge la figura di Maria di Magdala che, nella narrazione evangelica, non ha nulla a che vedere con la peccatrice pentita. Maria, come altre donne, ha conosciuto in Gesù la guarigione. È lui che l'ha liberata dai demoni del patriarcato per trasformarla nell'apostola degli apostoli. È una delle tante donne a cui è stato dato il privilegio di discutere con il Messia delle grandi cose di Dio.
Il Gesù dei Vangeli, pur presentato come colui che costituisce i dodici, non concepisce la sua comunità come una cerchia separata di soli uomini. Le donne sembrano fare pienamente parte del gruppo. Con loro Gesù discute e si confronta, procurando non poco imbarazzo ai discepoli che faticano a capire quell'atteggiamento anticonformista del Messia. Certo, nella sua umanità Gesù rimane uomo del suo tempo, con i suoi pregiudizi colturali, messi brillantemente in luce nell'incontro con la donna cananea. E se da una parte è difficile immaginarlo servire a tavola, dall'altra lo vediamo appropriarsi di gesti vicini al mondo femminile per esprimere il senso della sua vocazione.
Gesù osserva l'agire delle donne e da loro impara. È forse proprio dalla profonda umiltà delle donne che ha avuto l'intuizione di come doveva essere il discepolato: farsi servo di tutti, abbassarsi, come fa la donna quando lava i piedi al marito...
È nella discussione appassionata con la donna cananea che Gesù chiarifica il suo mandato e prende in considerazione la possibilità di estendere la sua missione oltre i confini di Israele.
Gesù accoglie le donne, le ascolta, le ammaestra, le perdona, le guarisce, le manda in missione. Ha dato loro tanto: ha infiammato i loro cuori, le ha fatte sentire importanti, ha fatto conoscere loro un Dio materno, vicino, che le ama senza considerarle, nel suo regno, cittadine di seconda classe.
Un Messia del genere non poteva non accendere la speranza di quante da sempre sono state relegate a ruoli subordinati. Presto la voce deve essersi diffusa: e le donne, come i poveri e gli schiavi hanno aderito con gioia a quella fede capace di accogliere tutti con pari dignità.
Più concretamente si può affermare che Gesù abbia offerto alle donne qualcosa di cui difficilmente gli uomini necessitano: le ha aiutate ad uscire dall'invisibilità, dall'anonimato, dal chiuso delle loro case, aprendo loro prospettive più ampie. La speranza che egli dona non è una promessa di salvezza astratta e futura, ma esperienza concreta di liberazione nel quotidiano. Essa provoca necessariamente una ridefinizione dei ruoli sociali, interroga le strutture e sollecita il cambiamento. Egli annuncia loro che il mondo è più ampio dei confini patriarcali, delle mura di casa.
Gesù ha dato tanto alle donne; ma da queste ha pure ricevuto molto. È proprio grazie alle donne che Gesù ha conosciuto l'amicizia più alta, quella incondizionata. Esse gli hanno aperto la porta della loro casa e quella del loro cuore. Quanto aiuto Gesù ha trovato nelle sue amiche! Alcune finanziavano il suo ministero, altre gli offrivano ospitalità quando si sentiva stanco dopo un lungo viaggio. E quando la sua anima era oppressa dal peso della morte imminente, ecco mia donna pronta ad ungerlo con olio prezioso, come fosse un re: lo profuma per farlo sentire meno solo e lo accompagna a morire. Le donne non si limitano a seguire il Maestro, rimangono con lui anche quando ogni speranza sembra ormai sepolta. Nella buona e nella cattiva sorte sono con Gesù. Nello stare sembra esserci un modo squisitamente femminile di vivere la chiamata evangelica. È a loro che verrà consegnato l'annuncio della resurrezione.
Qualcosa è successo nel corso dei secoli e le Chiese hanno reinserito le donne nell'ordine patriarcale. La novità evangelica è stata emendata.
L'annuncio della fede affidato alle donne è diventato nucleo di una testimonianza apostolica tutta al maschile. E così Maria di Magdala si è trovata di nuovo posseduta dai demoni del patriarcato, mentre alla samaritana è stato chiesto di tornare indietro a riprendersi la brocca! Esiste, dunque, tra vangelo e storia un evidente scarto che le lettrici credenti continuamente denunciano.
Le difficoltà che le donne incontrano all’interno delle diverse Chiese non facilitano un confronto sereno capace di uscire fuori dal registro rivendicativo. La riscoperta della presenza femminile nel vangelo rischia così, qualche volta, di essere appiattita a strumento per rivendicare le quote rosa all'interno delle Chiese: percorso legittimo, che dà voce all'altra metà del cielo, troppo spesso zittita; ma che si circoscrive alla sola ricaduta ecclesiologica. Mentre la posta in gioco è ben più alta: custodire e difendere la rivelazione evangelica. Là dove l'evangelo non può funzionare solo come pezza giustificativa, come bandiera da brandire nel mezzo della battaglia! Le donne di questa generazione devono saper continuare a vigilare e lottare contro gli abusi del patriarcato e, contemporaneamente, tenere aperte le tensioni evangeliche: come coniugare la spinta emancipatoria con il rinnegare se stesse, con l'arte di un ascolto disinteressato? Come fare i conti con un Gesù amico ma singolare, che ci interpella con lieti annunci dalla insopportabile forza d'urto?
Sono questioni che interpellano il nostro percorso esistenziale e quello più squisitamente legato alla ricerca. Pongono domande di senso, ma anche di metodo. C’è un'eccedenza nel vangelo rispetto al nostro desiderio di essere valorizzate da Gesù. Eccedenza non vuol dire che il vangelo rema contro, ma che va oltre, anche oltre il riconoscimento del ruolo delle donne.
In questa stagione di «riscoperta» del Gesù ebreo, del Gesù maschio illuminato, mi chiedo se, pur con le migliori intenzioni, non rischiamo di appiattire l'evangelo a verifica di una tesi generale costruita su di esso, ricercando così conferma alle nostre convinzioni che in realtà costituiscono il nostro vero credo. La parola evangelica, che dovrebbe continuamente destabilizzarci, in questa lettura conferma e rafforza le nostre attese senza davvero interrogarle.
Ma il vangelo pretende di rimanere anche per le donne parola che stupisce e spiazza, mentre conferma e consola. Parola da leggere con uno sguardo illuminato dal desiderio di felicità e, nello stesso tempo, Parola che legge il nostro vissuto e lo sospinge verso terre sconosciute, verso identità inedite.

Lidia Maggi

(in Confronti, n. 9, 2006, pp. 20-21)

 

Letto 2218 volte Ultima modifica il Sabato, 18 Agosto 2018 22:03
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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