Come bambini
Benedittine di S. Maria di Rosano
“Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3).
Nel Vangelo troviamo un'altra parola che non cessa di sorprendere per la sua novità, per la sua profondità e soprattutto per l'esigente impegno che richiede per la sua attuazione: "Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli".
L'incontro con i bambini si è offerto facilmente al Signore durante il suo peregrinare per le vie della Palestina ed è divenuto così più volte l'occasione di precisi e preziosi richiami per la vita spirituale.
Già gli scribi e i farisei, sentendosi invitati a confrontarsi con i bambini, anzi a divenire come loro, si trovano non poco a disagio, toccati al vivo nel loro senso di superiorità. Ma forse anche nel mondo odierno Gesù, con questa sua parola, suscita una reazione di urto e d'insofferenza, quasi voglia togliere agli uomini la loro dignità e responsabilità di persone adulte. Precisa con acutezza l'evangelista Luca: "Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un fanciullo e se lo mise vicino" (Lc 9,47).
Ovviamente la parola del Signore va interpretata e accolta nel contesto del suo insegnamento. Secondo Marco Gesù sente i discorsi che i suoi discepoli stanno facendo circa i primi posti da ricoprire nel regno dei cieli e, da maestro paziente e sapiente, interviene offrendo la risposta con un esempio concreto: Prese un bambino, lo pose nel mezzo e - notiamo la splendida pennellata propria di Marco - abbracciandolo disse: "Chi accoglie uno di questi fanciulli in nome mio, accoglie me" (Mc 9,36).
In Matteo invece la parola di Gesù risuona forte: è il maestro che vuole incidere nel profondo dei cuori e si introduce con l'autorevole: "In verità vi dico". Dice dunque il Signore: "Se non vi convertirete". È sempre questa la sua principale preoccupazione e sa inserirla nelle più varie circostanze ed applicarla ad ogni categoria di persone. Così la presenza certo vivace dei bambini che forse irritano anche i grandi, è utile per riprendere l'esortazione: "Se non diventerete come i bambini".
Ma come va intesa tale raccomandazione? Per analogia il pensiero corre a Nicodemo, il famoso capo fariseo che, andato da Gesù di notte e sentendosi dire: "Se uno non rinasce dall'alto non può vedere il regno di Dio", quasi ingenuamente esclama: "Come può un uomo nascere quando è vecchio?". Anche noi forse ci domandiamo stupiti o perplessi come è possibile ridiventare bambini e desideriamo conoscere il vero significato della parola di Gesù, che non può essere una parola vaga ma veramente di vita eterna.
La guida più sicura sono le spiegazioni semplici ma sempre vive lasciate dai Padri. Cromazio d'Aquileia precisa subito che il Signore non adduce l'esempio dei bambini e non ordina che diventiamo come loro nel senso che ci facciamo uguali nell'età, ma perché ne imitiamo la semplicità e l'innocenza. "lI fanciullo, dice il santo, difficilmente conosce la malvagità del mondo, non è capace di commettere peccato, non fa del male al prossimo, non conserva rancore, non odia nessuno, non cerca ricchezze, non ammira la gloria di questo mondo". Per questi motivi il Signore vuole che diventiamo come bambini, perché su questo modello viviamo nel mondo senza malizia e senza inganno.
Il santo vescovo aggiunge poi una nota preziosa: "Volendo dunque il Signore che in noi esista una tale somiglianza con i bambini, chiaramente mostra che sarà più grande nel regno dei cieli chi ne avrà imitato l'umiltà e l'innocenza. Perciò lo stesso Signore, per mostrarci in modo perfetto l'esempio dell'umiltà, assumendo anch'egli un corpo si degnò di diventare bambino". E conclude: "Imitiamo l'umiltà dello stesso Signore, che per la nostra salvezza si degnò di essere bambino, per poter regnare con lui".
Anche il commento di S. Ambrogio sottolinea gli stessi principi, confermando che il Signore aspetta solo la nostra conversione. "Offrendoci come modelli i bambini, dice il santo, il Signore insegna che la semplicità non deve essere arrogante, deve essere priva di invidia e senza iracondia. Infatti egli consiglia di assumere lo spirito del fanciullo in un cuore adulto". E in margine all'affermazione che "di essi è il regno dei cieli" lo stesso vescovo dice: "Forse perché ignorano la malvagità non sanno ingannare, non osano rendere male per male. Ma ciò che fa la virtù non è ignorare tutto questo, è disprezzarlo; non c'è da lodare chi si trattiene per impotenza, la virtù non consiste nel non poter peccare, ma nel non volerlo fare e nel conservare così bene una volontà perseverante e che la volontà imiti l'infanzia, la sua naturalezza".
(da Il Sacro Speco di S. Benedetto, 3, 2004)