Vita nello Spirito

Sabato, 09 Luglio 2005 22:04

Lode in espansione... mondiale (Antonio Magnante)

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L'azione di rendere i pagani offerta a Dio gradita deve essere continuata, nel tempo, da tutti i missionari sparsi fino agli estremi angoli della terra.

Lode in espansione... mondiale

di Antonio Magnante

L'azione di rendere i pagani offerta a Dio gradita deve essere continuata, nel tempo, da tutti i missionari sparsi fino agli estremi angoli della terra.

Il salmo 117(116) è il più breve del salterio: le 17 parole si espandono in un respiro ampio, per abbracciare spazio e tempo, che devono essere inondati dell'amore e fedeltà di Yahweh.

È un inno perfetto. Si apre con un invito alta lode espresso con due imperativi: lodate e acclamate. Segue subito la motivazione: «Perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno».

Amore e fedeltà

Troviamo qui due sostantivi della teologia dell'alleanza: «amore» (hesed) e «fedeltà» (emet). Questi termini sono appropriati per comprendere come Dio agisce nella storia. In essa, Yahweh effonde tutto il suo amore viscerale e offre garanzia che fedelmente e stabilmente continuerà ad effonderlo. Essi costituiscono il fondamento teologico perché il nome di Yahweh riceva gloria, come canta il salmo 115: «Non a noi, Yahweh, ma al tuo nome dà gloria per il tuo nome e la tua fedeltà».

Dopo l'episodio del vitello d'oro, Yahweh rinnova l'alleanza con Mosè e si definisce con queste parole: «Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco di amore (hesed) e di fedeltà (emer)» (Es 34, 6). L'amore è il sentimento più profondo del cuore umano e fa germogliare le relazioni e le unioni; la fedeltà le immunizza dal logorio della monotonia quotidiana, rendendole ogni giorno più forti e più stabili. Con il suo amore, Yahweh allaccia una relazione intensa con il popolo eletto e si rivela come il Dio del passato, del presente e del futuro: «Colui che è, sarà e che verrà». Dio è l'eterno presente, che garantisce al popolo la sua incrollabile stabilità. Qui, come in altri salmi, le nazioni pagane (gojim) e tutte le altre tribù della terra (Sal 9,2; 66,1-9:62,2-11; 67,2-8; 98,2-3; 100, 1-3; 126, 1-2) sono chiamate a riconoscere l'amore e la fedeltà che Dio ha manifestato nella storia di Israele e, allo stesso tempo, a riconoscerlo anche come il loro vero Dio (Sal 22, 28-29:45, 48; 47, 1-2; 96; 138,4-5).

Con tutta probabilità, questo breve inno era una formula introduttoria alla festa dell'alleanza di Israele, per la quale si radunavano pellegrini da molte nazioni. A differenza del canto di Mosè di Esodo 15, che faceva insorgere le nazioni contro Israele, questo inno le unisce a Israele nella comune celebrazione di Dio.

In questo modo, il salmo diventa paradigmatico di tutte le assemblee liturgiche dove confluiscono genti diverse con problemi diversi; dove ognuno porta con sé quella porzione di paganesimo nascosto nelle pieghe dell'animo; dove le classi sociali perdono la loro specificità; dove tutti, senza distinzione di lingua e cultura, in un coro unico celebrano l'amore e la fedeltà dello stesso Dio. Ogni celebrazione autenticamente cristiana dovrebbe elevare un grido cosmico all'indirizzo di tutte le nazioni e di tutte le tribù della terra perché tutti, cristiani e non cristiani, possano elevare un inno universale di lode. In questo modo si verificherà la stessa scena descritta nel salmo. Incluso tra le nazioni, Israele non si distingue più da esse, o meglio ancora, il cosmo intero parla, canta e loda come se fosse Israele.

Un'espansione... mondiale

Nella lettera ai Romani, Paolo cita il salmo 117 insieme ad altri testi dell'Antico Testamento: «Le nazioni pagane, invece, glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: Per questo ti celebrerò tra le nazioni pagane e canterò inni al tuo nome (Sal 18, 50). E ancora: Rallegratevi, o nazioni, insieme ai suo popolo (Dt 32,43). E di nuovo: Lodate. nazioni tutte, il Signore; i popoli tutti lo esaltino. E a sua volta Isaia dice: Spunterà il rampollo di lesse, colui che sorgerà a giudicare le nazioni: in lui le nazioni spereranno (Is 10, 11)».

Paolo ricorre a queste citazioni come conclusione di un appello accorato all'unità (Rom 15, 9-12). Per lui, la comunità cristiana di Roma deve funzionare come cassa di risonanza perché i loro fratelli, ancora pagani, si uniscano, incoraggiati dalla loro unità interna, allo stesso inno di lode. Paolo sa di essere «ministro di Cristo per i pagani, compiendo l'ufficio sacro del vangelo di Dio, affinché i pagani divengano un'oblazione bene accetta e santificata dallo Spirito Santo» (Rom 15,16).

L’azione di Paolo di rendere i pagani offerta a Dio gradita deve essere continuata nel tempo da tutti i missionari, sparsi negli estremi angoli della terra. In questo modo, solamente alla pienezza dei tempi corrisponde la pienezza dello spazio. Il messaggio dell'evento-Cristo racchiude in sé un'invincibile tendenza all'espansione mondiale. L’evento-Cristo è per tutti i tempi e per tutti gli spazi: «Ammaestrate tutte le nazioni... Io sarò con voi fino alla fine del mondo» (Mt 28, 19-20). Nel mandato missionario di Cristo, sono racchiuse le dimensioni dello spazio e del tempo nella loro totalità. I missionari realizzano esattamente queste dimensioni spazio-temporali. Essi si susseguono nel tempo e sono presenti nel mondo intero, continuando a far riverberare nell'etere l'eterno invito a tutte le nazioni e a tutte le tribù della terra a glorificare l'unico vero Dio per il suo amore e la sua fedeltà.

(da Amico, dicembre 2004)

Letto 1079 volte Ultima modifica il Giovedì, 23 Settembre 2010 22:20
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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