Il sangue che ci rende custodi dei nostri fratelli
di Ina Siviglia
Il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello ?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il guardiano di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gn. 4, 9-10)
Il popolo di Israele si interroga in questi due versetti della Genesi sui perché del male, e più specificamente sul perché dell'odio tra fratelli. U contesto precedente disegnava l'orizzonte del peccato delle origini, che consiste nel volersi ergere al livello del Creatore: scelta di superbia che intende oltrepassare il limite creaturale, il rapporto di salutare dipendenza dell'uomo da Dio. E così il peccato intacca in profondità l'essere (relazionale) dell'uomo: si frantuma l'armonia tra persona umana e Dio, uomo e donna, creatura e resto del creato.
L'odio immotivato di Caino apre il tragico scenario della vicenda umana all'insegna del sangue innocente. La domanda rivolta da Dio a Caino è posta a ogni uomo e donna e interpella la responsabilità solidale di ciascuno in quanto appartenente al genere umano. Il legame tra gli uomini, infatti, va oltre il confine della consanguineità e della prossimità immediata per estendersi a tutte le persone, costituite fratelli e sorelle dal sangue di Cristo, versato perché ciascuno, divenendo "figlio nel Figlio", formi l'unica famiglia dei figli di Dio.
Calcolatori e indifferenti
Tale fraternità universale esige un alto grado di consapevolezza e responsabilità. "Dov'è tuo fratello?": domanda, insistente e inquietante, che non dovrebbe lasciare sereno alcun cristiano, fino a quando in qualche parte del mondo, anche periferica e irrilevante, dovessero consumarsi ingiustizie nei confronti di innocenti, emarginati e poveri.
Poi c'è la domanda con cui Caino risponde a Dio. E ciascuno sa, nelle profondità della propria coscienza, che la risposta è affermativa: si, ogni uomo è costituito dal Padre custode del proprio fratello. Tale custodia si può esercitare in tanti modi: dalla denuncia dell'ingiustizia alla modificazione delle dinamiche di oppressione; dalla scelta dì un volontariato illuminato al contributo di specifiche campagne contro soprusi e violenze; dall'impegno educativo verso i giovani in ordine alla giustizia, alle battaglie per la legalità...
Nel processo di globalizzazione in atto, dovremmo riflettere sulla possibilità concreta di globalizzare la custodia dei fratelli, accordando ogni distanza. La Scrittura parla chiaro: la voce del sangue dei fratelli grida a Dio dal suolo e Dio ascolta la voce degli innocenti perseguitati, emarginati, uccisi: e un giorno chiederà conto a ciascuno di ogni ingiustizia, malvagità, ferocia perpetrate a danno dei deboli. Chiederà conto di tante forme di schiavitù, radicate nella storia con il concorso di tanti freddi calcolatori dei propri interessi e con l'assenso silenzioso di tanti indifferenti. Al cospetto di Dio, alla fine dei tempi, saremo tutti chiamati a rispondere alla domanda: "Dov'è tuo fratello?"
E mentre agli oppressi del mondo sarà aperto il Regno in forza della promessa del Maestro ("Beati i perseguitati a causa della giustizia", Mt. 5,10), agli oppressori sarà negato l'abbraccio eterno di Cristo e agli indifferenti toccherà in sorte ciò che annuncia l'Apocalisse: "Poiché tu sei tiepido, cioè né caldo né freddo, io sono sul punto di vomitarti dalla mia bocca". Solo il vivere la storia responsabilmente, con un profondo senso di cura solidale dei più piccoli, potrà guadagnare a chi ama la Vita eterna.
(da Italia Caritas, dicembre 2004)