Vita nello Spirito

Martedì, 06 Maggio 2008 00:53

L'autore de La nube della non conoscenza

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La nube della non conoscenza (XIV secolo)








I. LA MISTICA MEDIEVALE IN INGHILTERRA


Anche in Inghilterra la mistica ha vissuto nel medioevo un eccellente periodo di fioritura. Qui ricevette un impulso decisivo allorché monaci cistercensi vennero inviati dal loro abate Bernardo di Chiavaralle sull’isola, per diffondervi quella nuova religiosità «affettiva» che considerava come vertice della vita cristiana la dedizione d’amore dell’anima alla persona del Dio fatto uomo. Ancora oggi chi viaggia per l’Inghilterra può ammirare le rovine impressionanti delle abbazie cistercensi di Byland, Fountains e Rievaulx (tutte nella contea dello Yorkshire).



Mentre, in un primo tempo, a fare di questa pietà, che si basa su un’esperienza del tutto personale, il contenuto della loro vita sono numerosi eremiti, nel sec. XIV prende avvio un movimento mistico in senso proprio, poiché molte persone vengono sospinte dal desiderio di una vita che renda possibile l’esperienza diretta di Dio.


Una figura molto avvincente, nella mistica inglese, è Walter Hilton. Egli ha studiato a Cambridge e a Parigi; sceglie poi anche lui, la forma di vita dell’eremita; ma ben presto vi rinuncia. Termina la sua vita come canonico agostiniano. Anche i suoi testi mistici sono determinati in parte dalla teologia agostiniana. Nella sua opera principale, la Scala della perfezione, tratta la questione del come riconquistare, con l’aiuto della contemplazione, la purduta somiglianza con Dio. L’uomo deve rinunciare ai legami col mondo terreno, in un primo tempo egli non scorge altro che una notte oscura. Ma se possiede il giusto amore per Dio, attraverso questa notte arriva alla luce della conoscenza divina, un’affermazione questa che fa già pensare all’autore della Nube della non-conoscenza (The cloud of unknowing). che operò contemporaneamente a Hilton.


A questa generazione appartiene anche una mistica, di cui è tramandato il nome di Giuliana, e che condusse una vita da eremita in una cella vicino o all’interno della chiesa della sua città natale di Norwich. Nella sua singolare opera, la Rivelazione dell’amore divino, che secondo la tradizione della letteratura mistica femminile è rivestita della forma di visioni spirituali, tratta del piano di Dio per l’umanità. Ella riceve la certezza consolante che il mondo è sostenuto, fino alla fine, dall’amore divino e che anche il peccato ha una funzione importante nel piano salvifico. E’ sorprendente la profondità di pensiero che caratterizza queste visioni spirituali.


Ma quali furono i motivi per cui soprattutto nel tardo sec. XIV in Inghilterra un numero sempre più grande di persone si interessarono alla mistica, in modo tale da dare vita ad un ampio movimento? Alcuni di questi motivi sembrano attuali anche oggi. E’ diventato di moda infatti accostare la situazione del sec. XIV al nostro tempo. Il libro di B. Tuchmans, Lo specchio lontano, che descrive molto vivacemente la vita, di quel secolo, può essere considerato un esempio al riguardo. E’ caratteristico del sec, XIV il sentimento molto diffuso d‘insicurezza dell’esistenza umana, minacciata da mille pericoli. L’esperienza della morte improvvisa di molte persone era molto estesa. Durante gli anni tra il 1348 e il 1369 infatti le popolazioni furono colpite più volte dalla peste, temuta come la morte nera, che si portò via fino a un terzo delle persone, tanto che a volte interi villaggi venivano estirpati.


C’era inoltre l’atmosfera di guerra, che era parte Costitutiva della realtà di vita di quel tempo, poiché l’Inghilterra si trovava in un confronto aspro e prolungato con la Francia, noto come la guerra dei cent’anni.


Dall’altro lato, in quel periodo abbiamo anche gli inizi di un’impresa capitalistica, con un’enorme espansione del benessere e una produzione considerevole in vari settori artigianali. Meraviglia del resto come già allora il rumore insopportabile e l’aria cattiva della città di Londra venissero criticate in una poesia satirica da uno dei suoi abitanti.


Come conseguenza dell’importanza dell’economia finanziaria che stava iniziando, si diffuse una brama di denaro e di beni materiali fino ad allora sconosciuta che intaccò anche il clero, gli ordini mendicanti e talvolta persino gli ordini monastici (con la lodevole eccezione dei certosini) tanto che gli spiriti critici del tempo) ne erano molto turbati. Si comprende quindi come in quel tempo molte persone, deluse di fronte alla problematicità della realtà terrena, nutrissero il desiderio di trovare Dio attraverso la mistica.


I lettori ai quali erano destinati i testi mistici erano soprattutto cittadini, membri dell’alta e bassa nobiltà, come possiamo dedurre da alcune significative opere postume di questo tempo giunte a noi. Sorprende che una gran parte di questo pubblico fosse costituita da donne, molte delle quali, per mancanza di sicurezza sociale, cercavano protezione nei monasteri. Un grande numero di uomini e di donne si sforzava tuttavia di fare esperienze spirituali senza rinunciare ai legami sociali. E per simili lettori, ad esempio, che Walter Hilton compose appositamente una lettera, sulla forma di vita detta «mista», che combina insieme l’azione e la contemplazione. Poiché c’erano sempre più laici che volevano essere istruiti nella loro lingua sul come diventare partecipi di esperienze mistiche, sorse un grande bisogno di testi adatti. Questo compito fu assunto prevalentemente dagli ordini, in Inghilterra soprattutto dai certosini. Di enorme importanza fu comunque la cura spirituale di questo pubblico laico da parte di alcuni direttori di anime destinati a ciò. L’autore della Nube era uno di questi.


Il. GLI SCRITTI DELL’ANONIMO AUTORE


Per quanto si sia tentato dì scoprire chi è l’anonimo autore della Nube, questi continua a restare nascosto dietro la propria opera, com’era evidentemente sua intenzione. E’ pressoché impossibile desumere alcunché sulla sua vita a partire dalla sua opera. Si può semplicemente dire che, terminati gli studi a Oxford o a Cambridge, esercitò il ministero di sacerdote, religioso o secolare.


Egli è piacevolmente libero dalla miopia spirituale e dal rigorismo ascetico, e ha grande comprensione per le difficoltà iniziali del lettore. Pur possedendo una formazione teologica ampia e fondata, fa capire che l’erudizione teologica non offre affatto una garanzia per esperienze spirituali, anzi può essere loro d’impedimento. Una parte del suo pubblico di lettori deve essere costituita da persone che vivevano ritirate dal mondo, in monasteri o come eremiti. Che costoro vivessero soprattutto in campagna è inoltre suggerito dal tatto che l’autore sceglie i suoi paragoni illustrativi prevalentemente dall’ambiente rurale. Il suo compito specifico consisteva senz’altro nell’occuparsi, come direttore d’anime , di persone che si proponevano I’obiettivo dell’esperienza mistica. Alcune delle sue opere sono concepite addirittura come risposte scritte a questioni suscitate dalla cerchia dei suoi seguaci. In parte però i suoi destinatari sono anche lettori che continuavano a praticare una vita attiva, cercando di arricchirla mediante l’esperienza spirituale. La contemplazione - osserva il Nostro - ha a che fare essenzialmente con la libertà spirituale, e il raggiungimento della libertà dei figli di Dio nel senso dell’apostolo Paolo (Rm 8,21) costituisce il presupposto per un incontro diretto con lui.


La Nube è a ragione la sua opera più nota, poiché vi sviluppa le idee fondamentali della propria mistica, mentre gli altri scritti contengono sostanzialmente integrazioni e modificazioni delle sue idee principali.


Un tratto comune delle sue opere è che sono fortemente ancorate alla Bibbia e alla tradizione della teologia latina. L’autore si sforza anche notevolmente di prendere le distanze da movimenti pseudo-mistici, che erano alquanto numerosi anche in quel tempo. Inoltre sembra particolarmente degno di nota il fatto che in questi testi il desiderio di un’esperienza contemplativa di Dio non sia motivato primariamente dal disinganno per il mondo.


III. LE IDEE FONDAMENTALI DELLA NUBE DELLA NON-CONOSCENZA


Un numero crescente di lettori in questi ultimi decenni ha riconosciuto l’importanza della Nube per il rinnovamento della spiritualità nel nostro tempo. Fra i motivi per i quali questo testo suscita tanto interesse c’è la rinuncia al rigorismo ascetico, oltre al tatto che in esso ci viene incontro un autore che ispira fiducia, perché parla sulla base della propria esperienza personale.


Al lettore viene spiegato chiaramente che egli finora ha trascorso il suo tempo, che è qualcosa di molto prezioso e irrecuperabile, del tutto inutilmente. L’affermazione centrale, contenuta nella seguente frase, suona molto moderna: «Il tempo è fatto per l’uomo e non l’uomo per il tempo». lI nostro autore giudica il tempo a partire dall’eternità di Dio, ne fa notare il carattere effimero e lo pone sotto la pretesa di Dio: Dio, come datore del tempo, esige che gli si renda conto del come esso viene utilizzato. Lo usa nel modo giusto chi resta attento e aperto alla possibilità dell’incontro con Dio. Questo incontro però avviene sempre per brevi momenti, e tali momenti sono riconosciuti come punti d’incrocio tra il tempo e l’eternità; per questo suscitano il desiderio di un loro ripetersi frequente .


Ma come si verifica, per l’autore della Nube, l’esperienza del Divino? Il nostro testo concorda con molte altre opere mistiche nel dire che è impossibile all’uomo conoscere Dio col solo mezzo del proprio intelletto limitato, poiché Dio, il Tutt ‘Altro, si sottrae a ogni tentativo di «afferrarlo». E’ possibile però arrivare a un’esperienza diretta di Dio mediante l’amore. Ed è proprio di ciò che si tratta nell’« opera» mistica, di cui il nostro autore parla così spesso. Essa consiste fondamentalmente in un moto dell’amore, orientato a Dio in termini del tutto incondizionati. «Inteso in senso giusto, non si tratta d’altro che di un moto d’amore improvviso, che altrettanto improvvisamente e velocemente balza in Dio, come una scintilla schizza dal carbone infuocato». Attraverso questo amore l’uomo può arrivare all’esperienza della presenza divina. Delle tre forze dell’anima: la memoria, l’intelletto e la volontà, note alla teologia medievale, il nostro autore quindi pone il più grande accento sulla capacità di volontà dell’uomo, poiché la dedizione dell‘amore è un moto della volontà dell’anima. Alla volontà però viene attribuita questa forza propriamente conoscitiva allorquando essa sì orienta a Dio come alla propria origine e cerca di porsi in sintonia con la volontà divina. Il peccato viene definito quindi come la distruzione dell’unità originaria tra la volontà umana e quella divina, anzi semplicemente come volontà male orientata.


La nostra Nube è stata messa spesso in rapporto con il buddismo, Anzi, si è addirittura cercato di porre in sintonia la sua dottrina mistica con esso. Ma la mistica cristiana non è quietistica; né scopo della Nube èla negazione della volontà. La volontà resta L’uomo cerca soltanto di assimilare la propria volontà a quella di Dio.


L’«opera» mistica viene proposta al lettore in tre gradi. Come fondamento serve la lettura della Bibbia, poiché attraverso di essa l’uomo esperimenta quanto la propria volontà sia male orientata e quali ne siano le conseguenze La Bibbia è uno specchio mediante il quale l’uomo arriva, in un secondo grado, alla meditazione, dove impara a conoscere se stesso. La conoscenza del proprio io conduce all’umiltà davanti a Dio e allo stesso tempo al desiderio di essere liberati dal peccato. Tale liberazione è necessaria, prima che sia possibile una qualsiasi esperienza spirituale. Segue quindi, in un terzo grado dell’opera mistica, la preghiera spirituale, nella quale ci si concentra completamente su Dio, escludendo tutti i pensieri e i desideri concreti. Per spiegare questo atteggiamento il nostro autore ricorre volentieri all’espressione metaforica dell’anima che si rivolge nuda a Dio e si dà a lui «ciecamente» e incondizionatamente.


L’esclusione di ogni pensiero concreto implica l’esclusione di ogni riflessione consapevole su Dio. L’anima non è neanche più interessata a voler «avere» Dio. Inoltre, essa lo ama non per qualcuna delle sue qualità. Per lei Dio, in quanto «Colui che è», è anche la fonte della sua vita. Qui il nostro autore non arriva fin dove è arrivato Meister Eckhart che in un’esagerazione radicale chiede all’uomo di «liberarsi» anche di Dio. Ma la Nube s’avvicina molto a un’affermazione del genere. L’autore infatti fa chiedere al lettore se, per fare esperienza di Dio, non debba intrattenersi nel Nulla; e risponde egli stesso che Dio si trova appunto nel Nulla. Tutti i grandi mistici che seguono lo Pseudo-Dionigi sanno che qui - come s’esprimerà così adeguatamente Nicola Cusano, alcuni decenni dopo la Nube - si verifica una «coincidentia oppositorum» e che il Nulla si disvela paradossalmente come la pienezza dell’essere:


Chi si permette di chiamarlo Nulla? Certamente il nostro uomo esteriore, non quello interiore; quello interiore lo chiama il Tutto.


Questo intrattenersi nel Nulla è una specie di morte spirituale, poiché si spengono soprattutto l’intelligenza e la ragione, come si dice nel Trattato sullo studio della sapienza. Ma si tratta di un «morire per vivere». L’uomo che si spoglia in tal modo, entra in una «nube della non conoscenza», che nella sua vita non riuscirà mai a superare. Ma quando pratica l’amore e cerca di trapassare l’ostacolo di questa nube con il dardo acuminato del suo amore, accade che Dio qualche volta gli mandi raggi della sua luce divina. Tutti i pensieri concreti, che distraggono, compresa la forza d’attrazione delle cose materiali, non riescono più a disturbarlo, poiché egli ha soffocato tutto sotto una nube di dimenticanza. Ovviamente, specialmente per il principiante, questo tentativo di tenersi libero da tutti i pensieri e i desideri costituirà la vera e propria fatica in quest’opera. E il successo arriva dopo non poca pratica, come osserva il nostro autore.


Non si può parlare dell’anima che «abita» nella nube oscura, senza ricordare la «notte oscura» dell’anima del grande mistico spagnolo Giovanni della Croce, del sec. XVI. In Giovanni l’anima, in questa notte oscura, soffre tormento e pena, poiché esperimenta la propria nullità di fronte alla presenza divina. L’anima si sente rifiutata da Dio, respinta, consegnata alla dannazione infernale. Il nostro autore invece, nei confronti di questa tendenza radicale, usa un tono molto più moderato: non spinge il lettore ad una simile disperazione, anche se pure lui nota che il trattenersi nella nube della non conoscenza non è solo caratterizzato dalla gioia dell’incontro con Dio, ma comporta anche un periodo di attesa nell’incertezza, e persino di morte e di annientamento.


stato respinto ogni pensiero di Dio. Questo moto dell’amore si esprime nella già menzionata preghiera mistica, che si compie fondamentalmente al di là del linguaggio. Quando però questa preghiera puramente spirituale risultasse troppo difficile, si deve ricorrere, come aiuto, alla pronuncia di una breve parola, come ad esempio il termine Dio, e far concretizzare in essa il moto dell’amore. Il nostro autore chiarisce il tipo speciale di questa preghiera con la sua capacità di Illustrare procedimenti astratti ricorrendo ad immagini.

Il «fondo dello spirito e dell’anima» di cui si parla qui non va messo sullo stesso piano - come s’è già accennato - del famoso fondo dell’anima di Meister Eckhart, poiché il nostro autore non conosce la concezione eckhartiana della nascita di Dio nel fondo dell’anima. Questo fondo dello spirito, nella Nube, è il centro intimo dell’anima, il suo essere proprio, che l’anima ha da Dio. Il nostro testo fa sua anche l’idea della divinizzazione dell’anima, che ha una lunga tradizione, e spiega che essa, mediante l’opera della sua donazione mistica, viene resa simile a Dio. Ma l’autore si affretta ad aggiungere che, ciò nonostante, l’uomo resta ben al di sotto di Dio.


L’unione mistica, pur basandosi sulla volontà, non può essere provocata da uno sforzo della medesima. Il nostro testo parla piuttosto di questo evento come di un dono di grazia da parte di Dio. E aggiunge che non ogni attesa di tale esperienza trova compimento e che, d’altro canto, l’anima che fa tale esperienza, ne può essere anche privata improvvisamente.


Il nostro autore fa una precisazione. La dedizione incondizionata e «nuda» all’essenza infinita di Dio nella nube della non conoscenza non può condurre ad una fusione totale dell’uomo con Dio stesso, poiché l’uomo, anche in quei momenti di esperienza mistica, continua ad essere legato alla propria creaturalità. E’ importante riconoscere questo, se si vuole comprendere la peculiarità della mistica cristiana, nei confronti, ad esempio, del buddismo. La dottrina della Nube non può essere intesa nel seguente modo: l’uomo cerca di liberarsi completamente del proprio io, per entrare nell’infinito con un atto estatico. In tal caso la disillusione dell’uomo al suo ritorno nel finito sarebbe troppo grande. Il nostro testo piuttosto rispecchia esattamente il paradosso fondamentale della mistica cristiana: Dio viene visto come una entità infinita, non descrivibile e comprensibile in categorie umane, e che quindi è comprensibile solo per negazione, mediante una definizione di ciò che non è. D’altro canto Dio nella mistica cristiana si presenta all’uomo come un Tu personale, e l’uomo è abilitato al dialogo con lui, perché ha in sé la similitudine di Dio, che viene restaurata («riformata») nella sua condizione originaria proprio nell’incontro mistico. Non meraviglia dunque che nel medioevo si sia tentato spesso di unire anche la mistica «negativa» dello Pseudo-Dionigi con una mistica personale riferita al Cristo. La mistica cristiana quindi è qualcosa di diverso dalla yoga buddistico, in cui non si tratta di un rapporto personale con Dio, bensì di una tecnica di meditazione.


Anche l’autore della Nube parla della mistica di Cristo. Egli sottolinea che l’amore di Dio dei contemplativi è suscitato da una precedente immersione nell’umanità di Cristo e spiega ciò ricorrendo al noto episodio neotestamentario di Marta e Maria. Il Medioevo ha amato interpretare la visita di Gesù a Marta e Maria, e il diverso comportamento delle due sorelle, in senso mistico, intendendo le due donne come simboli delle forme contrarie della «vita attiva», e della «vita contemplativa», con diverse accentuazioni a seconda dei diversi autori. L’autore della Nube presenta Marta e Maria come simboli della vita attiva e contemplativa, ma tenendo presente i suoi lettori, familiari con la vita di corte, colloca le due figure in una cornice cortigiana. Così Gesù si rivolge all’indaffarata Marta con raffinata cortesia ed evita di parlare con disprezzo della sua attività. Il nostro autore aggiunge addirittura che Marta è stata una grande santa. Già per questo motivo dunque non sarebbe giusto definire la Nube come un testo che conosce come unica forma di vita quella contemplativa. Ovviamente. il nostro autore ha presentato il rapporto tra Gesù e Maria con maggior calore.


Occorre sottolineare, per amore di completezza, che l’amore mistico dell’uomo verso Dio non è qualcosa di essenzialmente diverso dall’amore che viene richiesto ad ogni cristiano, vale a dire l’amore di Dio e del prossimo. Su questo punto richiama l’attenzione in modo particolare il nostro autore, citando la nota espressione paolina: «L’amore è il compimento della legge» (Rm 13,10). Perciò l’amore mistico è diverso dalla «caritas» del fedele normale solo per il suo grado d’intensità. Così il nostro testo si pone in sintonia con la tradizione della mistica cristiana, secondo la quale la spiritualità mistica non si contrappone alla pietà del cristiano normale, ma non è altro che una forma più intensa di essa. Con la sua «opera» mistica il contemplativo si sente unito a tutti gli uomini nell’amore e si sente chiamato al concreto amore per il prossimo.


IV. L’INFLUSSO


Del testo medievale della Nube della non-conoscenza ci sono stati conservati 18 manoscritti, provenienti da un arco di tempo di circa 300 anni. Da ciò si può vedere come l’opera, nonostante il suo tono spirituale elevato, abbia goduto di una notevole diffusione, senza contare che i manoscritti venivano spesso prestati e circolavano intensamente. Alla diffusione del nostro testo contribuirono soprattutto i certosini. Senza dubbio la Nube fu composta anche con l’obiettivo secondario di avvertire sulla pericolosità dei movimenti pseudo-religiosi. Sappiamo inoltre che nel corso del tempo la Nube è stata la lettura preferita di personalità molto importanti e, allo stesso tempo, quanto mai diverse tra loro.


Come s’è già detto, nel sec. XV in Inghilterra il tempo della grande mistica era già passato, benché in alcuni monasteri si conservasse ancora viva una certa spiritualità mistica. La Riforma comportò infine un taglio netto.


Come libro stampato, la Nube apparve per la prima volta nel 1871 nella versione incompleta di Baker, e così iniziò a esercitare la sua influenza nel nostro tempo. Non può essere un caso che sia stata riscoperta proprio negli ultimi decenni del sec. XIX, dopo un lungo periodo di dimenticanza. Già allora infatti incominciavano a delinearsi i problemi particolarmente attuali della società altamente industrializzata. Già allora si sollevavano dubbi su un ingenuo ottimismo basato sul progresso. E di fronte allo scetticismo che andava diffondendosi a motivo delle nuove conoscenze in scienze naturali, era nato anche, per reazione, il bisogno di una spiritualità rifondata. alla quale ha contribuito in maniera notevole soprattutto il cardinale John Henry Newman. In questo contesto va considerato anche il nuovo interesse per testi come la Nube. E’ degno di nota inoltre il fatto che la Nube, tre anni prima dell’inizio della prima guerra mondiale, sia apparsa in una nuova edizione, questa volta completa, basata sulla tradizione manoscritta.


Ma lo sventurato sviluppo politico aveva portato allo scoppio della seconda guerra mondiale. Di nuovo sulla base di questa esperienza Eliot compose un poema, I quattro quartetti. L’ultimo di essi, con il titolo «Piccolo capogiro», sorse sotto l’impressione del bombardamento di Londra da parte dei tedeschi. Qui, paradossalmente, la più grande fiducia in Dio viene vista anche come possibilità di esperienza del Divino nell’umano, punto d’incrocio tra tempo ed eternità; col che si riprende un aspetto centrale della mistica negativa che è tipica anche della Nube. In questa composizione poetica, alle fiamme in cui si trova Londra colpita dal nemico, Eliot contrappone il fuoco dello Spirito, che accende l’amore: «L’amore è il nome non familiare / dietro al quale si nasconde la mano / che accende e infiamma.. .».Confidando in questo timore l’autore del poema si riferisce allo stesso tempo ai due mistici inglesi Giuliana di Norwich e l’autore della Nube, e fa riferimento letterale ad essi: «E tutto sarà buono, e ogni cosa sarà buona….» . La fiduciosa visione del futuro di Giuliana viene qui prospettata per colui che, per dirla con le parole della Nube, «èattratto da questo amore e dal richiamo di questa voce» .


Dopo gli anni cinquanta, la Nube apparve in un’edizione scientifica insieme a testi imparentati; seguirono traduzioni complete in tedesco, italiano e giapponese; in lingua inglese, oltre all’edizione scientifica, apparve anche un’edizione tascabile. A partire dagli anni settanta il nostro testo divenne noto a un ampio pubblico,in connessione con il nuovo e vivo interesse per la mistica medievale. Pubblicazioni d’attualità di amplissima diffusione, come Consiglio per gli sgomenti di E. Schumacher e Avere o essere di E.Fromm hanno ripreso tra l’altro anche motivi della Nube, specificamente dove parlano della liberazione dei desideri da tutto ciò che è orientato a obiettivi umani come presupposto per l’esperienza del divino, proponendola al lettore come una possibilità di un nuovo tipo di vita, al di là del materialismo. Il fatto che, a tal proposito, Fromm rimandi al parallelismo tra il nostro testo e il buddismo Zen e apprezzi la Nube proprio come testo Zen nell’ambito cristiano, corrisponde ad una tendenza della moda diffusasi negli ultimi decenni, ed è anche il motivo per cui la Nube è . stata tradotta in giapponese. Anche se è giusto dire che determinate analogie non vanno ignorate, sarebbe però del tutto errato collocare il nostro testo, ad esempio, all’interno della spiritualità buddistica, e questo per motivi che nella nostra presentazione della Nube sono diventati chiari. La Nube è molto più di un testo di meditazione, che rende possibile lo yoga. Mediante l’«opera» descritta in essa, il lettore è in grado di arrivare a un’esperienza vitale del Divino, senza dover percorrere la spiritualità del buddismo, non familiare all’uomo occidentale Del resto la Nube può servire molto bene a promuovere il dialogo tra le religioni.

Letto 6108 volte Ultima modifica il Giovedì, 03 Settembre 2009 19:24
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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