Vita nello Spirito

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 62

Mercoledì, 08 Settembre 2004 23:03

Progetto di pace e violenze

Vota questo articolo
(0 Voti)

di Marcelo Barros

Un elemento comune a molte religioni è stato denunciato come espressione di una cultura violenta: la teologia del sacrificio. Le persone sacrificano animali e spargono sangue per rendersi graditi a Dio. Il cristianesimo non sacrifica animali, ma ha ereditato dal giudaismo una concezione di culto sacrificale. Le religioni nere e indigene sono pure considerate violente per l'uso di sacrifici animali e per le storie guerriere di alcuni Orixàs.

In Brasile, ad Haiti, a Cuba e in Colombia, le religioni afro-discendenti sono sorte nella clandestinità della schiavitù e si sono imposte come espressione della resistenza degli oppressi. Il candomblé, la santeria e il vodù hanno favorito la pace, dando possibilità alle popolazioni nere, sequestrate dall'Africa per la schiavitù in America latina, il diritto di praticare il culto a Dio alla maniera africana. In vari casi, come nel candomblé, queste religioni hanno unito espressioni religiose di etnie differenti, realizzando così una profonda integrazione della popolazione afro-discendente.

Le memorie degli antenati e le manifestazioni divine nel candomblé possiedono storie di violenza. Queste credenze sono sorte nel contesto di una giusta difesa dei "piccoli" che non avevano altra arma all'infuori dell'invocazione della giustizia divina. Approfittavano del timore che i bianchi avevano della magia e della maledizione religiosa. Se, per salvare una figlia minorenne dallo sfruttamento sessuale da parte del signore bianco, una donna nera lo minacciava con una fattura o vodù che gli causasse malattia, questa offerta era più strumento di giustizia che di violenza. Nella Bibbia, troviamo lo stesso tipo di reazione da parte dei piccoli, espressa nelle maledizioni contro gli empi e nelle imprecazioni che, nei salmi, i poveri lanciano contro gli oppressori. Sono espressioni che usano come arma il potere della parola.

Una sfida attuale è quella di rileggere le tradizioni religiose, spogliandole da una spiritualità legata alla violenza. È urgente essere testimoni di Dio come fonte di pace e non come divinità guerriera che legittima le guerre e le conquiste, come tante volte, nella storia, i nostri popoli del Sud hanno testimoniato e sofferto.

La Bibbia è nata in mezzo a popoli che vivevano in guerra, accettavano la schiavitù e avevano leggi sociali rigide. La legge del taglione (dente per dente) corregge il principio di Lamec (vendicarsi sette volte di più dell’offerta ricevuta). La Bibbia denuncia la violenza della società e di tutto l’essere umano. Dio disdegna Caino e gli chiede conto del sangue di Abele (Gn 4). Condanna l’imperialismo dei costruttori di Babele (Gn 11). Denuncia i fratelli che hanno venduto Giuseppe come schiavo (Gn 37). Afferma che la violenza che gli ebrei dovevano sopportare in Egitto arrivò a Dio ed egli "scese" per liberarli.

Chi, oggi, lavora per la pace non è d’accordo che l’oppresso abbia il diritto di uccidere l’oppressore o che esista una violenza buona o legittima quando è "liberatrice". Dio odia la violenza (Salmo 11,5) e ai violenti risponde con la forza della sua Parola e della sua azione liberatrice. Secondo il Vangelo, quando Gesù nasce, i messaggeri del cielo annunciano la pace al popolo amato da Dio (Lc 2). Ma, fin dall’infanzia, Gesù è dovuto fuggire in Egitto per non essere vittima della violenza. Ha sofferto ed è morto sulla croce, vittima del potere politico e religioso dell’epoca. Gesù denuncia la violenza della società. Chiede che i discepoli non ricalchino il modo violento di esercitare il potere, ma, al contrario, si facciano servitori gli uni degli altri (Lc22). Nel discorso della montagna insegna la nonviolenza attiva. "A chi ti ferisce sul lato sinistro, offrigli l'altro. Non resistere al malvagio..." (Mt 5, 38 ss).

Evidentemente, il regno di Dio e il discepolato di Gesù esigono dalla persona una buona dose di forza con se stessa. "Il regno dei cieli soffre violenza" (Mt 11). È necessario rinunciare a tutto quello che si ha per ricevere il Regno. Il Vangelo contiene storie che racchiudono violenza e parlano di un Dio vendicativo. In una società divisa in classi, il proprio Regno è visto come una comunità nelle quale esiste il più grande e il più piccolo. Dio è presentato come qualcuno che premia i buoni e castiga i cattivi. Ma, nel discorso della montagna, Gesù aveva detto: "Dio fa nascere il sole su buoni e cattivi e fa piovere su giusti e ingiusti" (Mt 5, 45). Non castiga nessuno, né obbliga nessuno a essere suo amico. E quello che lui chiede è la giustizia.

Proprio nei Vangeli e in tutto il Nuovo Testamento c’è una rivelazione evolutiva di Dio. Tutti i testi biblici possono essere meglio compresi quando si analizzano alla luce della suprema rivelazione: "Dio è amore. Chi vive l'amore - solidarietà rimane in Dio e Dio rimane in questa persona" (1Gv 4,16).

(da Nigrizia, marzo 2004)

 

 

Letto 1768 volte Ultima modifica il Domenica, 18 Settembre 2011 20:45
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search