Esposizione
Pange lingua gloriosi
corporis misterium...
Cantavano le donne lungo il muro inchiodato
quanto ti vidi, Dio forte, vivo nel Sacramento,
palpitante e nudo come un bambino che corre
inseguito da sette torelli capitali.
Vivo eri, Dio mio, nell'estensorio.
Trafitto dal tuo Padre con ago di fuoco.
Palpitando come il povero cuore della rana
che i medici mettono nel fiasco di vetro.
Pietra di solitudine dove l'erba geme
e dove l'acqua scura perde i suoi tre accenti.
alzano la tua colonna di nardo sotto la neve
sopra il mondo che gira di ruote e di falli.
Io guardavo la tua forma deliziosa fluttuante
nella piaga d'olî, nel panno d'agonia,
e socchiudevo gli occhi per centrare il dolce
tiro a segno d'insonnia senza un uccello nero.
È così, Dio accorato, che voglio averti.
Tamburello di farina per il neonato.
Brezza e materia unite in espressione esatta,
per amore della carne che non sa il tuo nome.
È così, forma breve d'ineffabile rumore,
Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,
mille volte ripetuto, morto, crocifisso,
dall'impura parola dell'uomo che suda.
Cantavano le donne nell'arena senza guida,
quando ti vidi presente sopra il tuo Sacramento.
Cinquecento serafini di splendore e di colore
nella cupola neutra gustavano il tuo grappolo.
O Forma consacrata, vertice dei fiori,
dove tutti gli angoli prendono luci fisse,
dove numero e bocca costruiscono un presente
corpo di luce umana con muscoli di farina!
O Forma limitata per esprimere concreta
moltitudine di luci e clamore ascoltato!
O neve circondata da timpani di musica!
O fiamma crepitante sopra tutte le vene!
Federico Garcìa Lorca
(da Ode al Santissimo Sacramento dell'altare)