Vita nello Spirito

Sabato, 27 Novembre 2004 16:02

La scommessa di Dio: La fede come dinamica di realizzazione personale (Alberto Camici)

Vota questo articolo
(0 Voti)

Pascal era un uomo ardito, come ogni grande genio. La sua sfrontatezza giunse fino al punto di ipotizzare e proporre la celeberrima pari, la scommessa decisiva sull' esistenza: scommetti su Dio, abbi fede come se Dio esistesse e provvedesse a te in ogni istante, vivi, lavora e prega come se Dio operasse ora nella tua vita e vedrai che, nel tempo, otterrai la fede.

La scommessa di Dio:
La fede come dinamica di realizzazione personale

di Alberto Camìci

Pascal era un uomo ardito, come ogni grande genio. La sua sfrontatezza giunse fino al punto di ipotizzare e proporre la celeberrima pari, la scommessa decisiva sull' esistenza: scommetti su Dio, abbi fede come se Dio esistesse e provvedesse a te in ogni istante, vivi, lavora e prega come se Dio operasse ora nella tua vita e vedrai che, nel tempo, otterrai la fede.

E' una sorta di filosofia dell'als ob, del "come se", che Vahininger proporrà in altro ambito per fuoriuscire dalle secche razionalistiche del kantismo. Ipotizzare ora di vivere come se un' altra realtà operasse concretamente significa lavorare sul versante dei possibili estremi, vuol dire esporsi positivamente alla malìa intrigante del "pensiero laterale", che non rimane mai impigliato nella panìa del principio di non contraddizione e di quello del terzo escluso, ma rovescia sul terreno della vita, in un magistrale coup di brainstorming, la possibilità inedita, imprevista, inavvertita prima facie ma non per questo inattendibile, anzi ben più feconda delle solite produzioni logiche. Dyer parla a questo riguardo di "ispirazione": "Concentratevi su quello che vorreste diventare: un artista, un musicista, un programmatore informatico, un dentista o qualsiasi altra cosa. Immaginate di disporre delle capacità necessarie. Nessun dubbio solo consapevolezza. Cominciate poi a comportarvi come se aveste già esaudito il vostro desiderio. In quanto artisti, la vostra visione vi consentirà di disegnare, di visitare musei, di parlare con personaggi famosi e di immergervi nel mondo dell' arte. In altre parole, cominciate a comportarvi da artista in ogni aspetto della vita. In questo modo uscirete da voi stessi ed assumerete il controllo del vostro destino mentre contemporaneamente coltivate l' ispirazione. Più vi vedete come vorreste essere, più vi sentirete ispirati" (Dieci segreti per il successo e l' armonia, Corbaccio, Milano, 2003, p. 135).

E' quanto aveva già intuito Pascal. Il grande filosofo francese era un uomo ardito e visualizzava già il pensiero laterale, il "come se", il possibile esistenziale inedito curvato dalla fantasia e dalla creatività personale: credere in Dio "come se" fosse già da sempre operante nella mia vita significa concepire la vita come un campo infinito di possibilità. La categoria della possibilità, in questa visione, è la protagonista assoluta della vita. La scommessa di Pascal può certamente funzionare a patto di non depotenziarla fin dall' inizio con una sequela rovinosa di "ma, se, però...", avversative sempre dure a morire che imbevono l' inconscio di comandi negativi assoluti: non potrà mai funzionare alcuna scommessa, stop. Ecco come l' inconscio reagisce a questa aggressione di avversative; non conoscendo sfumature semantiche, l' inconscio è portato ad assumere seccamente l' alternativa negativa in risposta ad un dubbio avanzato. La grande scommessa di Pascal, in questo caso, non funzionerà mai. E questo sancisce lo scacco della libertà della persona. Ma non voglio indugiare più di tanto su questa eventualità. L' ho menzionata solo per non farla operare nel caso di un' apertura ancora più ardita del pensiero, l' apertura che intendo avanzare ora.

Sarò più ardito di Pascal. Lui ha fatto riferimento alla libertà dell' uomo ed alla possibilità di scommettere, possibilità sempre umana; io voglio fare un ulteriore passo avanti, anzi voglio far agire il pensiero laterale ed introdurre sulla scena un soggetto imprevisto, eccezionale: Dio. Che l' uomo possa scommettere su Dio e sulla possibilità di avere la fede "come se" Dio operasse è cosa ardita ma ancora inquadrabile in una cornice manipolabile. Ben altra questione è, invece, il fatto che Dio stesso possa e voglia scommettere sull' uomo, sulla persona, su me, ora, in questo istante, come se tutto dipendesse da me. Ecco l' elemento di novità: Dio scommette su di me come se tutto dipendesse da me. Si tratta di un enorme salto di qualità, un vero paradosso logico: come può, infatti, Dio dare credito alle mie forze come se da esse dipendesse il mio personale destino? Già sant' Ignazio di Loyola aveva in qualche modo intuito almeno qualcosa di questo paradosso quando affermava di fare come se tutto dipendesse da Dio e, nello stesso tempo, agire come se tutto dipendesse da me. Tuttavia, io aggiungo molto altro: io affermo che Dio assume interamente la mia esistenza donandole la capacità del tutto speciale di autodefinirsi. Sono io la forma del mio destino: così vuole Dio. E', questa, affermazione ben più ardita di quella pascaliana, poiché investe interamente l' azione di Dio che di per sé è del tutto imprescrutabile andando a collocarla proprio all' interno dell' azione umana che si trova così investita di un' autorevolezza e di un' efficacia altrimenti assolutamente impensabili. Dio vuole proprio che io decida del mio destino, della mia vita, della mia personale realizzazione. Dio vuole che io sia l' unico arbitro della mia vita, l'ago della bilancia di ogni mia azione, il baricentro dei miei progetti.

Il pari di Dio è un paradosso assoluto: il Divino discende non solo per incarnarsi, ma anche per rendere l' uomo veramente libero, soggetto in grado di autodeterminarsi ed autorealizzarsi. Ciò che tradizionalmente si definisce "volontà di Dio", in realtà, è frutto di questa implicazione paradossale di Dio con la persona, di questo mandato divino all' uomo che non può più sottrarsi al compito imprescindibile di realizzarsi secondo i propri personali parametri e le proprie inclinazioni dominanti. La natura dell' uomo diventa così il fulcro ed il campo di tensione della realizzazione della vocazione individuale. La grazia, presupponendo la natura, non può che seguire il flusso individuale dell' agire della persona. Gratia supponit naturam et perficit eam, la grazia presuppone la natura e la conduce a compimento.
Dio non vuole sottrarre alcunché all' uomo, è una falsa credenza, che produce effetti perversi nell' ambito della fede personale, pensare che, ogniqualvolta il potere divino intervenga nel dominio della persona, quest' ultima si trovi depauperata radicalmente delle sue potenzialità: non esiste l'aut-aut o Dio o l'uomo. Esiste, per contro, la correlazione positiva et-et: e Dio e l' uomo. Tanto Dio, tanto l'uomo: Dio vuole l' uomo nel Suo ambito, desidera che la persona si potenzi a contatto con la Sua grazia. Una buona e vera teologia potenzia l'azione umana e, per converso, una cattiva e fallace teologia svuota di senso e di efficacia l'agire umano.

Dio osa raggiungere l' uomo sul suo terreno privilegiato, l' esistenza storica, concreta: e perché l' uomo non dovrebbe osare altrettanto nei confronti di Dio? Come? Semplicemente portando a compimento quanto Dio ritiene fondamentale: la realizzazione personale.
Anticipo l' obiezione teologica corrente: se l' uomo si realizza secondo parametri personali, l' azione di Dio, che detterebbe la Sua volontà sull' uomo, si rivelerebbe una finzione, un non-senso. Obiezione alquanto rozza, direi. Intanto, perché Dio non è mai, come ho già affermato, contro l' uomo. E poi perché Dio ha creato l' uomo libero ed autonomo ben sapendo, da sempre, che egli avrebbe adoperato ogni sua facoltà e potere per compiere interamente il percorso di autorealizzazione. E', questa, per dirla in sintesi, la visione di Dio: l' uomo che si autorealizza. Non contro di Lui, ma in forza di quanto Lui stesso gli ha liberamente e gratuitamente donato. Dopo il dono di Dio, in primis la libertà, la persona non può che giocarsi interamente nel compito di realizzare la propria vocazione. Vocazione e missione, in questo specifico contesto, sono i due corni della medesima, dinamica realtà: la vita stessa. Io sono veramente vivo allorquando realizzo la mia vocazione aderendo ad una missione specifica che io e soltanto io sono in grado di scoprire, conoscere e realizzare pienamente (senza evidentemente cedere a tentazioni deliranti di perfettismo: il meglio è sempre nemico del bene).

Letto 1504 volte Ultima modifica il Martedì, 29 Giugno 2010 22:09
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search