Il 7 dicembre 1965, il giorno prima della solenne conclusione del concilio Vaticano II, ne veniva approvato l'ultimo documento, la Gaudium et spes.«Oggi, in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso grazie al progresso delle tecniche di comunicazione, la missione della Chiesa intesa come strumento di unità del genere umano diventa più attuale».
È stato il card. Claudio Hummes, arcivescovo di São Paulo (Brasile), a sviluppare il tema dell'attualità della costituzione pastorale nel suo 40° anniversario, al convegno su «L'appello alla giustizia: l'eredità della Gaudium et spes a 40 anni dalla promulgazione», promosso dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace (16-18.3.2005).
Lo strumento attraverso il quale la Chiesa è chiamata oggi a svolgere questa sua missione è individuato dal card. Hummes nel dialogo: «Un dialogo coraggioso, aperto, franco, sensibile e umile... con l'umanità contemporanea, con la ragione umana, le scienze... con tutto quanto concerne la giustizia sociale, i diritti umani, la solidarietà con i poveri... Un dialogo che sa ascoltare, dibattere, discernere e assimilare ciò che di buono e vero, giusto e umanamente degno viene proposto dall'interlocutore. Un dialogo che allo stesso tempo sappia annunciare la verità, della quale la Chiesa è depositaria e alla quale deve restare fedele».
Introduzione
Non penso di poter esaurire il tema con questa breve conferenza. L'argomento dei fondamenti teologici ed ecclesiologici della Gaudium et spes, documento del concilio ecumenico Vaticano Il, è più ricco e affascinante di quanto consenta questa mia presentazione, sviluppata entro i miei limiti umani nonché entro limiti di tempo. Non tratterò il tema come farebbe un teologo professionista, bensì mi limiterò a presentarlo come pastore della Chiesa. All'interno di questi limiti, tenterò di mettere in luce alcuni aspetti del tema che mi sembrano più significativi e rilevanti dal punto di vista pastorale.
Papa Giovanni XXIII espresse per la prima volta l'idea di celebrare un concilio per tutta la Chiesa quando, il 25 gennaio 1959, nella basilica di San Paolo fuori le mura, disse testualmente: «Venerabili fratelli e diletti figli! Vi annunciamo, tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta ( ...) di un concilio generale per la Chiesa universale» (cf. AAS 51 [1959], 65-69). Le preoccupazioni e intenzioni del papa erano anzitutto pastorali, di rinnovamento della Chiesa, perché questa fosse «la Chiesa di tutti, e particolarmente dei poveri» (cf. G. ALBERIGO, Storia dei concili ecumenici, Queriniana, Brescia 1990, 404). Il papa si preoccupava dell'umanità contemporanea e della sua apertura alla Chiesa di Gesù Cristo.
Nella bolla Humanae salutis, di convocazione del Concilio, Giovanni XXIII scrive: «La Chiesa oggi assiste a una crisi in atto della società. Mentre l'umanità è alla svolta di un'era nuova, compiti di una gravità e ampiezza immensa attendono la Chiesa. (...) Si tratta, infatti, di mettere a contatto con le energie vivificatrici e perenni dell'Evangelo il mondo moderno» (EV 1/3*).
Ora, il documento Gaudium et spes (GS) è stato identificato come il testo pastorale fondamentale e più ampio del Concilio, al punto di ricevere la denominazione di costituzione pastorale. Mons. Emilio Guano, presidente della commissione che aveva elaborato lo schema iniziale di questa costituzione, pochi giorni prima che iniziassero i dibattiti su questo stesso schema, in una conferenza ai giornalisti del 17 ottobre 1964, si era già espresso in questi termini: «Questo schema non è come gli altri. Non ha come oggetto immediato e diretto la dottrina della Chiesa. Non tratta della coscienza che la Chiesa ha di se stessa, ne della rivelazione, ne del rinnovamento della vita spirituale e liturgica, ne della disciplina ecclesiastica, ne delle forme canoniche (...) Il mondo di oggi con tutti i suoi problemi è quanto ne costituisce il tema. È la Chiesa che rivolge il suo sguardo sulla civiltà di oggi, sulle necessità e le aspirazioni degli uomini di oggi, sulle trasformazioni e gli orientamenti che caratterizzano la società odierna (...) L'interesse per tutto ciò che è umano è qualcosa di essenziale nella Chiesa, perché essa è stata fondata per gli uomini dal Figlio di Dio fatto uomo, membro della famiglia umana. Questi motivi fanno sì che la Chiesa cerchi di comprendere gli uomini e sia al tempo stesso da essi compresa ( ...) Naturalmente, entrando in contatto con la realtà quotidiana, la Chiesa non può dimenticare che la sua missione è di annunciare il Vangelo, è di comunicare la vita divina agli uomini, è di condurre gli uomini a Dio. Con il presente schema il Concilio intende esprimere e favorire il dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo. La finalità, pertanto, dello schema è di definire l'atteggiamento della Chiesa davanti ai problemi dell'uomo di oggi».
Questo carattere pastorale del Vaticano II, e specialmente della Gaudium et spes, ha fondamenti teologici ed ecclesiologici dei quali la preoccupazione, i contenuti e gli obiettivi pastorali saranno le naturali conseguenze. Iniziamo, allora, la trattazione di alcuni di tali fondamenti, che costituiscono il tema di questa nostra conferenza.
undefined1. Dio agisce nella storia umana: incarnazione, realtà terrene, escatologiaundefined
La comprensione che Dio agisce nella storia umana non è recente, bensì tradizionale. Appartiene anzi alla radice giudeo-cristiana, formando parte del nucleo di fede dell'Antico Testamento. È quanto leggiamo, per esempio, in Es 3,7-8, quando si annuncia l'azione di Dio che libererà il suo popolo. È presente anche nel nucleo di fede del Nuovo Testamento, come comprensione fondamentale dell'incarnazione del Figlio di Dio, là dove leggiamo che «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14), facendosi Emmanuele, «Dio con noi».
La storia non è estranea al suo Creatore. La costituzione dogmatica Dei Verbum del Concilio insegna che la rivelazione di Dio avviene nella storia (cf. DV 2), nella quale egli si manifesta per proporre la salvezza all'umanità, mediante suo Figlio fatto uomo, Gesù Cristo. Qui si afferma tutta la rilevanza della fede della Chiesa nell'incarnazione del Figlio di Dio, che si fa uomo per la salvezza dell'umanità, come già affermava il Concilio niceno (cf. H. DENZINGER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, ed. bilingue a cura di P. Hünermann. EDB, Bologna 1995, nn. 125-126).
Dio si fa conoscere agli uomini mediante la sua azione nella storia. Rivelandosi nella storia, Dio si manifesta in essa per la salvezza dell'umanità: sta qui la verità in cui crede la Chiesa. Tutto ciò indica la prossimità di Dio, questo Dio che Gesù annuncia come Padre amoroso. In Gesù Cristo e per mezzo di lui Dio si fa «Dio con noi», per condurci fino al suo Regno. In questo modo Gesù si fa carico della storia umana come storia del Verbo tra noi.
Tale prospettiva di un Dio creatore, che si fa presente nella storia, e in essa agisce amorosamente e si rivela, ci permette di valorizzare le realtà terrene. La Gaudium et spes comincia con parole di profonda simpatia con tutta la realtà dell'uomo nel mondo (cf. GS 1). Afferma la bontà radicale del mondo creato da Dio, nonostante le sue ambiguità che derivano dal peccato originale e da tutti i peccati personali. Dice il testo della Gaudium et spes: «È dalla stessa loro condizione di creature (di Dio) che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o arte. Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avverta viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono» ( GS 36; EV 1/1431 ).
In questo modo il Concilio afferma «d'autonomia delle realtà terrene». Tale affermazione appare ancora più esplicitamente nel seguente testo della Gaudium et spes: «Se per autonomia delle realtà terrene intendiamo che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di un' esigenza legittima, che non solo è postulata dagli uomini del nostro tempo, ma anche è conforme al volere del Creatore» (GS 36; EV 1/1431).
Questa visione positiva della creazione, dell'attività umana; delle scienze, della tecnica e delle leggi della società umana e della storia è caratteristica del concilio Vaticano II, e in particolare del documento Gaudium et spes, e oggi ci può anche aiutare a dialogare con la società sulla vera laicità dello stato.
Con il riconoscimento chiaro dell'autonomia delle realtà terrene questo Concilio ha compiuto un grande passo che lo ha messo in sintonia con la modernità. In realtà, la fede non si oppone alle scienze. Dice la Gaudium et spes: «Ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro» ( GS 36; EV 1/1431 ).
D'altronde, la Gaudium et spes rifiuta ogni scientismo e secolarismo nella questione dell'autonomia «delle realtà terrene/temporali», dicendo: «Se invece con l'espressione "autonomia delle realtà temporali" s'intende che le cose create non dipendono da Dio, che l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora tutti quelli che credono in Dio avvertono quanto false siano tali opinioni. La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce. (...) Anzi, l'oblio di Dio priva di luce la creatura stessa» (GS 36; EV 1/1432).
La costituzione pastorale, tuttavia, non dimentica che la creazione, la storia e l'attività umana sono state ferite dal peccato dell'umanità, fin dai primordi del genere umano. La creatura umana si è allontanata da Dio e ha innalzato se stessa a luce e norma, intendendo essere il soggetto unico e autonomo della sua storia e del suo destino. Il suo egoismo radicale ha prodotto il disordine. Le conseguenze perdurano attraverso i tempi e oggi sono così descritte dalla Gaudium et.spes: «Sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano. Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno (cf. Mt 24,13; 13,24-30 e 36-43)» (GS 37; EV 1/1433-1434).
Tale situazione di disordine deve essere sanata. Secondo la nostra fede, che la Gaudium et spes cerca di esprimere, la creazione come ogni attività umana entra misteriosamente nel processo pasquale della redenzione dell'uomo, partecipando a suo modo al mistero della morte e risurrezione di Gesù Cristo. Anche la creazione geme nelle doglie del parto, dice l'apostolo Paolo. Alla fine dei tempi, quando sarà consumata la storia umana e instaurato il regno definitivo di Dio, con la risurrezione dei morti anche la creazione e tutte le opere umane saranno trasformate e ci sarà un nuovo cielo e una nuova terra, «in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato nella debolezza e nella corruzione rivestirà I'incorruzione; e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà, che Dio ha creato appunto per l'uomo (...) Benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare I 'umana società, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio. E infatti, i beni, quali la dignità dell'uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale (...) Qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma, con la (seconda) venuta del Signore (alla fine dei tempi), giungerà a perfezione» (GS 39;EV 1/1439 - 1441).
undefined2. Gesù Cristo e l'uomo nuovo: cristologia e antropologiaundefined
Volendo presentare la corretta relazione tra la Chiesa e il mondo, la Gaudium et spes comincia con una sintesi antropologica, i cui elementi fondamentali sono i seguenti: l'essere umano, creato da Dio, creato a immagine e somiglianza del suo creatore, creato come essere sociale (uomo e donna), come unità attraverso la composizione di materia e spirito (corpo e anima), dotato d'intelligenza, libertà e coscienza morale, come elementi essenziali di un'interiorità spirituale e di una capacità di trascendere il mondo materiale in cui l'essere umano è radicato, e tuttavia allo stesso tempo diviso interiormente, lacerato, perché ferito dal peccato fin dai primordi della storia umana. Conseguentemente, «tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Anzi l'uomo si trova incapace di superare efficacemente da se medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato» (GS 13; EV 1/1361).
La Gaudium et. spes dà risalto alla soggettività dell'essere umano, che lo pone al centro dell'universo, nonostante le ferite del peccato. Mettendo in risalto la soggettività e una conseguente visione antropocentrica del mondo, il Concilio porta la Chiesa a compiere un passo decisivo in direzione della modernità. In ultima analisi, il tema forse più rappresentativo della modernità ispirata dalla cultura illuminista è precisamente il tema della soggettività. La Gaudium et spes, in effetti, nel parlare dell'essere umano e della sua soggettività, seguendo la tematica antropologica e antropocentrica della modernità, rileva come componenti fondamentali del soggetto umano la libertà/autonomia (cf. GS 17) e la fraternità (cf. GS 29), la dignità e l'autorità inviolabili dell'intima coscienza morale, tutte componenti della soggettività umana che si collocano nell'ambito della dimensione comunitaria della persona (cf. GS 24-26).
Sottolineo qui l'importantissima dottrina della Gaudium et spes sulla dignità dell'intima coscienza morale del soggetto umano. Dice la costituzione pastorale: «Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge (...), una legge scritta da Dio nel suo cuore: obbedire a essa è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria (...) Nella fedèltà della coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale (...) Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità» (GS 16; EV 1/1369). È proprio, pertanto, della dignità del soggetto umano, e suo dovere, seguire sempre la sua coscienza, anche quando appare erronea per ignoranza invincibile. In quest'ultimo caso, tuttavia, si suppone che ci sia stato un previo e normale sforzo nella formazione della coscienza, nel tentativo di discernere il bene da fare e la verità da accogliere, pur senza alcun risultato positivo.
Cercando la verità sull'essere umano, al di là di quanto ci può offrire la luce della ragione umana, la Gaudium et spesGaudium et spes, Gesù Cristo, che è «d'immagine del Dio invisibile», «è l'uomo perfetto, che ha restituito ai figli d' Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo». Ne deriva che «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo egli fa nota la sua altissima vocazione». Conseguentemente, tutte le verità affermate dalla Gaudium et spes sul soggetto umano e sulla sua dignità inviolabile hanno in Gesù Cristo «la loro sorgente e toccano il loro vertice» (GS 22; EV 1/1386-1385). illumina l'antropologia con la luce della cristologia e insegna che solo in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, «trova vera luce il mistero dell'uomo» (GS 22; EV 1/1385). Di fatto, dice la
Anche il mistero della vita e della morte dell'essere umano trovano luce in Cristo e da lui ricevono il loro vero significato. «Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita, e in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato (...) Soffrendo per noi non solo ci ha dato l'esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperta la strada; mentre noi la percorriamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato» (GS 22; EV 1/1386-1387).
Questo nuovo significato e questa santificazione dell'essere umano si manifestano e realizzano in colui che crede in Gesù Cristo e lo segue, poiché sarà «reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli» e così il cristiano «riceve "le primizie dello Spirito" (Rm 8,23), per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore» (GS 22; EV 1/1388). Lo Spirito che il cristiano riceve un giorno lo risusciterà dai morti, come ha risuscitato Gesù, secondo quanto dice l'apostolo Paolo: «Se in voi dimora 10 Spirito di colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, a motivo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8, 11). Pertanto, questa è la sublime vocazione e dignità dell'essere umano. Dopo questa vita mortale, nella quale «il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte», egli è chiamato a partecipare alla gloriosa risurrezione di Cristo (GS 22; EV 1/1388).
A questo punto la Gaudium et spes dispiega tutto il ventaglio dell'universalità di questa vocazione umana e della conseguente misericordia del Signore per tutti gli esseri umani, affermando che tutto quanto è stato detto del cristiano vale anche per ogni persona di buona volontà che non ha conosciuto Cristo, ma che ha cercato la strada del bene e della verità. Dice il testo: «E ciò (quanto è stato detto del cristiano) non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (GS 22; EV 1/1389). Questa dottrina è di grande attualità oggi nel dialogo interreligioso, tanto necessario in un mondo globalizzato, in cui le religioni e anche i non credenti devono necessariamente convivere.
La Gaudium et spes conclude questa riflessione sulla vocazione dell'essere umano, dicendo: «Tale e così grande è il mistero dell'uomo, che chiaro si rivela agli occhi dei credenti, attraverso la rivelazione cristiana. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime» (GS 22; EV 1/1390).
3. La Chiesa di Dio
Nei suoi fondamenti ecclesiologici la Gaudium et spes esprime la sua comprensione della Chiesa come inserita nel mondo. «La Chiesa si trova nel mondo e insieme con esso vive e agisce» (GS 40; EV 1/1442). Non si tratta di un'istituzione parallela al mondo o astratta, bensì di un'istituzione inserita nel mondo. Tuttavia la Gaudium et spes, essendo l'ultima costituzione del Concilio, comprende il mistero della Chiesa in consonanza con i documenti precedenti del Concilio che trattano il tema della Chiesa, principalmente la Lumen gentium, dunque confrontandola con il suo necessario radicamento nel mondo contemporaneo e con le conseguenze di tale radicamento.
Così, la Gaudium et spes intende la Chiesa anzitutto come procedente «dall'amore dell'eterno Padre, fondata nel tempo dal Cristo redentore, radunata nello Spirito Santo» (GS 40; EV 1/1443). La sua origine, il suo fondamento e il suo modello sono la santissima Trinità, un mistero di comunione. Inserita nel mondo, la Chiesa, il cui modello è la santissima Trinità, si costituisce come segno e strumento dell'unità di tutto il genere umano (cf. LG 1; EV 1/284). Oggi, in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso grazie al progresso delle tecniche di comunicazione, la missione della Chiesa intesa come strumento di unità del genere umano diventa più attuale e si confronta con nuove possibilità e sfide.
La Chiesa, secondo la Gaudium et spes, è anche e principalmente strumento di salvezza di tutto il genere umano, una salvezza «che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro», oltre la storia umana, ossia in un compimento escatologico trascendente. «Essa poi è già presente qui sulla terra, ed è composta da uomini, i quali appunto sono membri della città terrena, chiamati a formare già nella storia dell'umanità la famiglia dei figli di Dio». La Chiesa è, allo stesso tempo, «società visibile e comunità spirituale» e cammina «insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio» (cf. GS 40; EV 1/1443).
La Gaudium et spes, ispirata da tutta la riflessione del Concilio, sottolinea che la Chiesa è al servizio della persona e di tutte le persone, al servizio dell'umanità, e non può pretendere di dominare l'umanità. In questo la Chiesa segue l'esempio di Cristo che si presenta come servo. «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). «Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita» (Mc 10,45). «Vi ho dato infatti l'esempio (...) un servo non è più grande del suo padrone» (Gv 13,15-16). Questa concezione si colloca nel contesto dell'amore con cui Dio ha amato il mondo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,16-17). La Chiesa è al servizio dell'umanità. Essa «crede di poter contribuire molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia» (GS 40; EV 1/1444).
In tale contesto, la Chiesa sostiene e favorisce tutto lo sforzo attuale profuso nel cercare il pieno sviluppo della personalità di ogni essere umano e nel promuovere i suoi diritti fondamentali, la sua dignità e libertà, però vuole anche aiutare l'umanità a trovare la verità piena dell'essere umano e la sua vocazione in questo mondo. Per questo indica Gesù Cristo, nel quale si trova questa verità piena. Dice la Gaudium et spes: «L'uomo, infatti, avrà sempre desiderio di sapere, almeno confusamente, quale sia il significato della sua vita, del suo lavoro e della sua morte (...) Ma soltanto Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine e che lo ha redento dal peccato, offre a tali problemi una risposta pienamente adeguata, e ciò per mezzo della rivelazione compiuta nel Figlio suo, fatto uomo. Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» ( GS 41; EV 1/1446). Alla luce di questa antropologia che si contempla nella cristologia, la Chiesa «annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio (...), onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione (...), proclama i diritti umani e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque». Tuttavia, la Chiesa non tralascia anche di segnalare un pericolo, dicendo: «Questo movimento (in favore dei diritti umani) deve essere impregnato dallo spirito del Vangelo, e deve essere protetto contro ogni specie di falsa autonomia» (cf. GS 41; EV 1/1447).
Una Chiesa votata al servizio deve avere come priorità la solidarietà versò i poveri. L'apostolo Paolo ha scritto che ciò che vale è «da fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6). La fede deve esprimersi nella carità e nella solidarietà, che rappresenta la versione civile della carità. Questa è una forma elevata, estremamente attuale, urgente e indispensabile di presenza della Chiesa nel mondo. La Gaudium et spes sottolinea vigorosamente il servizio che la Chiesa deve prestare al mondo mediante la solidarietà verso tutti i poveri e sottolinea altresì lo sforzo necessario per superare la povertà, la miseria e la fame nel mondo. Oggi più che mai la Chiesa si confronta con questa sfida. Di fatto, la solidarietà efficace verso i poveri, siano essi singoli individui o interi paesi, è indispensabile per la costruzione della pace. La solidarietà corregge le ingiustizie, ristabilisce i diritti fondamentali delle persone e delle nazioni, vince la povertà e così combatte la rivolta che l'ingiustizia provoca, allontana la violenza che nasce dalla rivolta e costruisce la pace.
In questa lotta contro le ingiustizie, la Gaudium et spes ricorre al principio della destinazione universale dei beni della terra e dice: «Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e popoli, così che i beni creati devono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, avendo come guida la giustizia e compagna la carità» (GS 69; EV 1/1551). È importante sottolineare che la Gaudium et spes indica la differenza tra questa posizione cristiana e la giustizia pura, assunta come criterio dal mondo, poiché la giustizia non basta molte volte a riscattare i poveri, occorre anche la carità, che si può fondare solo sulla fede. Come si possono indurre le nazioni ricche e sviluppate a condividere veramente i beni della terra con le nazioni povere? Come si possono portare i paesi poveri a prendere posto alla tavola universale dei beni della terra, nel contesto del nuovo ordine economico mondiale, all'insegna della globalizzazione e di mercati liberi e aperti?
La Chiesa deve impegnarsi in questo compito annunciando i diritti dei popoli, ponendosi al servizio dei paesi poveri, dialogando sugli aspetti che devono essere corretti nel quadro del nuovo ordine economico mondiale. La costruzione della pace passa attraverso questa strada, perché la povertà crea una giusta rivolta che molte volte sbocca infelicemente nella violenza. Uno degli ingredienti del terrorismo attuale non è forse la rivolta contro una povertà imposta e sentita come praticamente invincibile in un futuro prossimo e a medio termine?
In modo ampio ed esteso, la Gaudium et spes esorta i cristiani a lottare contro la povertà, la miseria, la fame; l'umiliazione di tanta gente e di interi paesi, affermando: «I cristiani volentieri e con tutto il cuore cooperino all'edificazione dell'ordine internazionale nel reale rispetto delle legittime libertà e in amichevole fraternità con tutti. Tanto più che la maggior parte del mondo soffre di una miseria così grande che sembra quasi intendere nei poveri l'appello del Cristo che reclama la carità dei suoi discepoli» (GS 88; EV 1/1628). A questo punto, la Gaudium et spes denuncia come scandaloso quanto segue: «Mentre alcune nazioni, i cui abitanti troppo spesso per la maggior parte si dicono cristiani, godono di una grande abbondanza di beni, altre nazioni sono prive del necessario per vivere e sono afflitte dalla fame, dalla malattia e da ogni sorta di miserie» (GS 88; EV 1/1628). Tutti sappiamo come questa realtà continui a essere ancora oggi tristemente attuale e, pertanto, rappresenti una sfida per l'azione della Chiesa a livello internazionale nella lotta contro la povertà nel mondo.
La Chiesa, inserita e attiva nella società umana e nella storia, non esiste per esercitare il potere politico e governare la società: «il fine, infatti, che (Cristo) le ha prefisso è di ordine religioso» (GS 42; EV 1/1450). Tuttavia non può rimanere estranea alla politica, nel senso ampio del termine: la politica cioè che cerca di organizzare e promuovere il bene comune. «La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane» ( GS 76; EV 1/1581 ). Lo stesso vale per tutti i settori della vita pubblica, come l'economia, il servizio sociale e caritativo ai poveri, la costruzione della pace e così via.
La Chiesa è, in modo speciale, come un «sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG 1; EV 1/284). L'unità del genere umano si va manifestando sempre di più nei tempi attuali, principalmente mediante il fenomeno della globalizzazione. Tale fenomeno era già percepito dalla Gaudium et spes, che dimostra come la Chiesa possa e debba mettersi al servizio di questa unità. In tale processo, dice la Gaudium et spes, «la Chiesa, inoltre, riconosce tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno: soprattutto l'evoluzione verso l'unità, il processo di una sana socializzazione e consociazione civile ed economica. Promuovere l'unità corrisponde infatti all'intima missione della Chiesa» (GS 42; EV 1/1451). In questo servizio a favore dell'unità del genere umano, la Chiesa non cerca alcun tipo di potere terreno nella società: «La forza che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità portate ad efficacia di vita, e non nell'esercitare con mezzi puramente umani un qualche dominio esteriore» (GS 42; EV 1/1451).
Conclusione
Concludo dicendo che in tutto questo processo e con la sua presenza viva nella società umana, la Chiesa deve costantemente esercitare il dialogo. Il dialogo rappresenta forse uno dei metodi più importanti oggi per confrontarsi positivamente e costruttivamente con la società. Un dialogo coraggioso, aperto, franco, sensibile e umile. Un dialogo con l'umanità contemporanea, con la ragione umana, le scienze, i progressi della biotecnologia, con le filosofie e le culture, con la politica e l'economia, con tutto quanto concerne la giustizia sociale, i diritti umani, la solidarietà con i poveri. Un dialogo con tutta la società e i suoi segmenti.
Un dialogo con le religioni. Un dialogo costante, sistematico, di carattere professionale, costruttivo. Un dialogo che sa ascoltare, dibattere, discernere e assimilare ciò che di buono e vero, giusto e umanamente degno viene proposto dall'interlocutore. Un dialogo che allo stesso tempo sappia annunciare la verità, della quale la Chiesa è depositaria e alla quale deve restare fedele. Però sempre un dialogo e mai un' imposizione delle proprie convinzioni e dei propri metodi. Proporre e non imporre. Servire e non dominare. Una Chiesa dialogante col mondo contemporaneo: ecco cosa delinea e promuove la Gaudium et spes. Una Chiesa che, assumendo la missione di Gesù, è presente nel mondo, non per giudicare l'umanità, ma per amarla e salvarla (cf. Gv 3,16-17).
Claudio card. Hummes
(da Il Regno, 11, 2005)