Formazione Religiosa

Domenica, 24 Ottobre 2004 16:29

24. La preghiera eucaristica romana (Ildebrando Scicolone)

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 Fino al 1969 il rito romano aveva una sola preghiera eucaristica, con il nome di "canone" della messa, dove il termine significa "norma, regola, misura" dell'azione liturgica. Possiamo affermare che questa preghiera costituisce la "forma" del sacramento dell'eucaristica. Altri riti liturgici hanno preghiere eucaristiche diverse. I bizantini, per es., ne hanno due e le chiamano "anafora", ossia elevazione.

La storia della liturgia spiega non solo le origini, ma anche le differenze delle varie preghiere eucaristiche antiche. Bisogna che distinguiamo almeno le due grandi famiglie delle liturgie orientali, la antiochena e la alessandrina: nella struttura del canone il rito romano segue più quella alessandrina che quella antiochena (noteremo a suo tempo le divergenze).

Se guardiamo un messale precedente al Vaticano II, vediamo che il titolo "Canon Missae" si trova dopo tutti i prefazi, e inizia con le parole "Te igitur", dopo una pagina dove è raffigurata (in incisione) una crocifissione. Questa deriva dalla miniatura che ornava la lettera iniziale T; che facilmente fa pensare alla croce. Questo fatto però ha fatto considerare fuori del canone il testo del prefazio. È necessario che si ribadisca oggi che la preghiera eucaristica comincia con il dialogo iniziale del prefazio. Nel nuovo Messale (ed. ital. del 1973), oltre al "venerabile" canone romano, diventato "preghiera eucaristica I",'vi sono altre tre preghiere eucaristiche (nell'ed. del 1983 ve ne sono in appendice altre tre [o sei]: la V/A, V/B, V/C, V/D e le due per la riconciliazione).

Non possiamo qui studiarle tutte. Perciò ci limitiamo a vedere la struttura di ogni preghiera eucaristica, per comprenderne i vari significati. La divisione che presento differisce leggermente da quella che ci dà il testo di "Principi e Norme".

    • Il dialogo iniziale. Tra il celebrante e l'assemblea si svolge un breve dialogo, che comincia con il saluto. Lo troviamo per la prima volta nel testo della Tradizione apostolica di Ippolito. Lì però è il vescovo appena ordinato che, aprendo per la prima volta la bocca per la preghiera eucaristica, saluta il suo popolo. Adesso, questo saluto può avere solo il senso che il celebrante "solus intrat in canonem", per ricordare una formula dell'Ordo Romanus I: egli, per così dire, entra nella preghiera mistica (o "misterica"?). Poi invita ad innalzare il cuore (la mente) a Dio, e infine a "rendere grazie". Inizia così la preghiera, detta appunto "eucaristica" (= di ringraziamento).
    • L'Eucarestia. La preghiera inizia con "E’ veramente cosa buona e giusta... rendere grazie". Si pensi a tutte le volte che S. Paolo ci esorta a rendere grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Noi non abbiamo nulla da offrire a Dio, abbiamo solo da ringraziarlo per quanto ci ha dato. Il motivo del nostro ringraziamento diventa perciò una "anamnesis", cioè un ricordare a Dio quello che ha fatto. Si noti che la preghiera eucaristica è sempre rivolta al Padre, per il Figlio, nello Spirito Santo.
    • Il motivo particolare del ringraziamento. Celebriamo l'eucaristia ogni domenica, anzi ogni giorno. E il motivo prossimo lo troviamo nella festa che ci raduna: un giorno è Pasqua, un altro giorno è Natale, un giorno si celebra un matrimonio, un altro giorno un funerale. Il motivo prossimo del ringraziamento cambia quindi ogni giorno e in ogni celebrazione. Ecco perché abbiamo la prima parte della preghiera (con termine latino si chiama praefatio [prefazione]) variabile. Nel messale attuale abbiamo 86 prefazi nel testo latino e 117 in quello italiano. (1) Ciò costituisce una grande ricchezza, se si pensa che, prima del Concilio, avevamo solo 15 prefazi. Studiandoli, possiamo comprendere il senso profondo di una festa o di un sacramento. Notiamo soprattutto che non ringraziamo Dio per ciò che ha fatto a Cristo, alla Madonna o ai Santi, ma per ciò che ci ha fatto con l'evento cristologico, o con la Madonna e i Santi. La conclusione del prefazio, mentre ci mette in comunicazione con gli Angeli e i Santi, introduce noi nel loro coro, facendoci cantare, già qui sulla terra, l'inno angelico: Santo, santo, santo...
    • La storia delta salvezza. La preghiera riprende con il "Veramente santo", e continua ad esporre il motivo del ringraziamento. Qui però esso si allarga e comprende tutta la storia della salvezza. Essa è ricordata in modo molto sintetico (vedi la PE II) o più esteso (vedi la PE IV). Questa storia che va dalla creazione, anzi dall'eternità di Dio fino all'attesa della venuta del Cristo alla fine dei tempi, ha il suo centro e il suo culmine in Cristo e nella sua Pasqua di morte e risurrezione. Tappa obbligata, in questa preghiera è ciò che Gesù fece "la vigilia della sua passione", o "nella notte in cui era tradito. E' il
    • Racconto dell'istituzione. Si tratta di quella parte che abbiamo sempre chiamato "la consacrazione". (2) Di fatto noi "raccontiamo", cioè "facciamo presente" a Dio ciò che Cristo ha fatto. Ora ciò che è presente a Dio, è realmente presente. La forza evocativa del racconto fa' sì che l'evento raccontato si renda oggi presente. (3)
    • L'anamnesis è l'offerta. Dopo il racconto dell'istituzione, si ricapitola per così dire, quanto abbiamo raccontato; è quella che si chiama "anamnesis" in senso stretto, perché esplicitamente usa i termini "ricordiamo", "celebriamo il memoriale" e simili. Il verbo, in questa parte, non è più al passato, ma al presente. Cosa facciamo ora? Ricordiamo (a Dio!) e offriamo il sacrificio di Cristo, che si è reso presente nel sacramento.
    • L'epiclesi. Anche se la preghiera è eucaristica (=di ringraziamento), una domanda la presentiamo. Chiediamo quello che Gesù ci ha detto di chiedere: lo Spirito Santo. (4) Lo Spirito del Padre e del Figlio è chiesto su (epiclesis= chiamare sopra) i doni e sugli offerenti. (5) Lo Spirito Santo è colui che fa "il corpo di Cristo", sia quello "eucaristico", sia quello ecclesiale o "mistico", Lui che ha fatto il Corpo "fisico" di Cristo nel grembo della Beata Vergine Maria. La PE III è a questo proposito la più esplicita, specialmente nel testo italiano (si confrontino le due formule): Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue del tuo amatissimo Figlio....e a noi che ci nutriamo del Corpo e Sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Mi piace far notare che di queste due trasformazione sono ordinate l'una all'altra, e la più importante è la seconda, cioè la nostra trasformazione. In tanto il pane il vino diventano "corpo e sangue" di Cristo, in quanto servono (sono infatti "sacramento" cioè "segno e strumento") a trasformare noi in Corpo di Cristo. Questo è lo scopo della ripetuta celebrazione. Se una sola messa bastasse a trasformare tutta l'assemblea nel Corpo di Cristo, non sarebbe necessaria la ripetizione. Ora lo Spirito Santo non trova ostacoli nel trasformare il pane e il vino, ma trova la durezza del nostro cuore (e la nostra libertà), per cui è necessario che ci metta nel fuoco della forgia e ci dia tante di quelle martellate (a noi che siamo più duri del ferro) finché non prendiamo la "forma" di Cristo.
    • Le intercessioni. La Chiesa che viene edificata in Corpo di Cristo dallo Spirito Santo è una, ma in stati diversi. Noi sulla terra formiamo la Chiesa pellegrina, in cielo ci sono i nostri fratelli che hanno già raggiunto la pienezza e la beatitudine, nel "purgatorio" ci sono le anime sante che ancora non godono della visione beatifica. Questa unica e insieme triplice realtà è il contenuto di quel dogma della "comunione dei Santi" che noi crediamo. Nella preghiera eucaristica siamo in comunione con la chiesa celeste, e preghiamo per la Chiesa pellegrina e purgante. (6)
    • La dossologia. La conclusione della preghiera è una dossologia, cioè una "glorificazione" del Padre, per il Figlio, nello Spirito. Abbiamo cominciato con un ringraziamento, concludiamo con una glorificazione.
  • AMEN. Questa parola è la firma dell'assemblea. È l'unica parola scritta nel testo dell'Apologia di Giustino: mentre dice che il presidente fa una preghiera secondo la sua capacità, precisa che tutti rispondiamo: Amen.

Note

(1) Nella tradizione occidentale (romana, ispanica, gallicana, ambrosiana) sono stati trovati e pubblicati circa 1600 prefazi. Oltre a quelli del Messale romano, oggi sono in uso tanti altri prefazi nelle Chiese particolari o negli Ordini religiosi, come sono da ricordare i 46 prefazi mariani della Raccolta di Messe in onore della B. V. Maria.
(2) Sarà meglio chiamare questa parte "racconto dell'istituzione", perché tutta la preghiera è "consacratoria". Vedi appresso la questione dell'epiclesi.
(3) Nel "venerabile" canone romano, da 1500 anni si perpetua una espressione che "grammaticalmente" è erronea, ma che "teologicamente" è una perla: "Allo stesso modo, dopo aver cenato, egli prese questo glorioso calice…". Le due parole in corsivo fanno a pugni: "prese" è un passato, "questo" è un presente. Come ha fatto Gesù a prendere "allora" questo [di ora] calice? La verità è che Gesù, persona divina, agisce nel tempo, ma le sue azioni sono "fuori dal tempo": con la preghiera anamnetica (memoriale) noi siamo "contemporanei" di Cristo.
(4) Cfr Lc 11, 13: "Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono".
(5) Così, insieme, nella tradizione antiochiena, mentre in quella alessandrina e romana, le due richieste sono separate. Lo Spirito Santo è invocato sui doni (pane e vino) prima del racconto dell'istituzione, e su "noi" dopo l'anamnesi specifica. Gli orientali credono che la trasformazione del pane nel corpo e del vino nel sangue avvenga quando si invoca lo Spirito perché trasformi; noi occidentali abbiamo pensato che la "transustanziazione" avvenga "in forza delle parole" di Cristo. Perciò, per noi non avrebbe senso invocare lo Spirito sui doni, dopo che questi sono già stati trasformati. Per superare la polemica, bisogna pensare, come ho detto, che tutta la preghiera è consacratoria, e non ha senso domandarsi in quale preciso istante il corpo e il sangue di Cristo si rendano presenti sull'altare.
(6) Queste intercessioni non sono una ripetizione della preghiera dei fedeli. Lì la Chiesa (i fedeli, appunto) prega per il mondo; qui, nella preghiera eucaristica, è l'assemblea che prega per la Chiesa.

Ildebrando Scicolone

 

Letto 5968 volte Ultima modifica il Venerdì, 13 Aprile 2012 15:26
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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