Vita nello Spirito

Sabato, 24 Dicembre 2005 19:00

L’eterna giovialità di Dio (Marcelo Barros)

Vota questo articolo
(0 Voti)

L’eterna giovialità di Dio
di Marcelo Barros


Il mistero della trascendenza e il bambino che è in noi.

"Dio è un bel tipo a cui piace giocare", dice un canto popolare brasiliano ispirato alle tradizioni spirituali di matrice africana.

Le tradizioni del Candomblé e dell'Umbanda raffigurano le manifestazioni di Dio (orixos) come giovani guerrieri o bellissime donne seduttrici, quando non addirittura come bambini. L'immagine divina rivelata nell'orixà che la gente chiama Exu è quella di un giovane irrequieto a cui piace giocare brutti tiri alle persone e provocare situazioni complicate, giusto per il gusto di divertirsi. Non esiste festa nel Candomblé che non inizi con il pade (offerta) di Exu, perché questi acconsenta che la solennità si svolga nella tranquillità.

La filosofia greca classica insegna che Dio è perfetto e immutabile. Invece i mistici, avidi dell'intimità con Dio, mettono insieme parabole e mistero, e parlano di un Dio innamorato che ci propone una relazione amorosa e trasformante. Come in ogni rapporto affettivo ambedue i partner si trasformano, anche nella proposta di intimità che Dio mi fa, io mi trasformo, ma anche lui non rimane impassibile.

Nel Candomblé, lo spirito si manifesta nelle persone e queste entrano in trance. Si dice che, per tutta la durata del fenomeno, il filho o filha do Santo (figlio/figlia del Santo) si tramuta nell'orixà, ma si può anche affermare che il Santo [il Divino] assume la forma e il modo d'essere della persona posseduta. Di conseguenza, la manifestazione che l’orixà Iansa fa di sé quando s'impossessa di José non è la stessa di quando s'impadronisce di Maria. L'invasamento, comunque, ha sempre il medesimo esito: l'orixà rende sempre la persona più felice. Ricevere l'orixà è un modo di ottenere energia e forza per il domani.

Dopo essersi lasciati andare alla frenesia del carnevale, i neri di Bahia celebrano l'olorogum, un rito durante il quale gli orixàs lasciano i terrestri per andare a "muovere guerra" agli eventi oppressivi e alle emozioni negative che minacciano la vita e la sicurezza di tutti gli esseri (quali fame, distruzione di foreste, incendi, l'esercizio irresponsabile del potere. ..). La liturgia dell' olorogum varia da casa (luogo in cui si celebra la cerimonia) a casa. Nell'Axé Opò Afonjà, ad esempio, i fedeli sono divisi in due gruppi: il primo segue colui che porta la bandiera di Oxalà (che combatte per la pace); il secondo, la bandiera di Xangò (che combatte per la giustizia). Compiendo diverse evoluzioni, entrano tutti nella casa di Oxalà, cantando: "Olorogum, Olorogum, olorogum, ja! ja!". Ha inizio così un periodo durante il quale nei templi dedicati agli orixas cessa ogni attività. Questa sospensione dura fino alla sera del Sabato Santo, quando i cristiani celebrano la Veglia Pasquale. Per il Candomblé, si tratta di un periodo propizio al raccoglimento e alla riflessione: "tempo per rimettere in ordine la casa" si dice. Sarà la grande cerimonia della domenica di Pasqua a celebrare il ritorno degli orixàs ai loro figli e figlie, portando pace e gioia.

Ciò che impressiona maggiormente coloro che hanno contatti con le tradizioni religiose brasiliane di origine africana è la dimensione di giovialità spirituale che le caratterizza. Niente mistica triste né spiritualità pesante e corrucciata! Se Dio è amore e la persona se ne riempie, il risultato non può essere che "allegro". Nel Candomblé, il fenomeno mistico considerato più carico di significato è la danza, e lo strumento più sacro è

L'atabaque, il tamburo attraverso cui si avverte la chiamata divina. In passato, fu questa caratteristica di giovialità e allegrezza ad aiutare le popolazioni nere a resistere alla schiavitù. Oggi, essa insegna a un popolo impoverito ed escluso dalla vita la capacità di trasformare i propri dolori in momenti e strumenti di buon umore e gioia.

Anche la tradizione giudaico-cristiana possiede nel suo seno più profondo questa nota di gioia, anche se non l'ha sviluppata molto. Ogni anno, il giudaismo celebra la festa della Simhat Torah, ("il gioire per la legge"). In essa, i rabbini danzano tenendo in mano le pergamene sacre. In questa occasione, in alcuni circoli devoti è normale bere fino a sentirsi tanto brilli da non preoccuparsi più della serietà.

La liturgia cristiana, dal canto suo, parla frequentemente di giubilo e gioia; due atteggiamenti che sono da considerare importanti, soprattutto in questo mese in cui si celebra la Pasqua. Ci furono periodi in cui, durante la liturgia pasquale, a un diacono veniva dato l'incarico di "far ridere l'assemblea".

Nel secolo IV, San Giovanni Crisostomo diceva che la risurrezione di Gesù può fare della nostra vita, pur dilaniata da dolori e lotte, una festa che non finisce mal.

Nel Medioevo, la mistica Santa Matilde insegnava: "Dio accompagna sempre in modo meraviglioso il bambino che è in noi. Dio conduce l'anima in un luogo segreto e, lì, gioca con essa. Dio afferma: "lo sono il tuo compagno di giochi. La tua fanciullezza è compagnia per il mio Spirito. Plasmerò il bambino che è in te nelle forme più impensabili, perché io ti ho scelto"".

Ritengo che sia questa l'esperienza che i fedeli del Candomblé vivono ogni volta che ricevono l'orixà. Anche ogni cristiano può vivere questa profondità di relazione con Dio, quando rinnova il suo battesimo e partecipa pienamente alla celebrazione della Pasqua.


Letto 1581 volte Ultima modifica il Venerdì, 31 Marzo 2006 20:17
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Search