Vita nello Spirito

Venerdì, 18 Aprile 2008 22:29

Dio è amore. E la Chiesa? (Marcelo Barros)

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Nella lingua ebraica, il termine compassione viene dalla stessa radice di utero e significa l’amore che, normalmente, una madre sente per il figlio o la figlia che ha generato. Se la nostra vocazione è vivere con tutte le creature questo amore compassionevole, la comunità dei discepoli e delle discepole di Gesù deve, in primo luogo, offrire questa testimonianza d’amore.

Chi crede che Dio è Amore, tema scelto dall’attuale papa per la sua prima enciclica, è chiamato a lasciarsi impregnare da questa energia amorosa. Secondo il vangelo di Luca, Gesù traduce il “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (di Lv 19, 2) con l’appello “Siate compassionevoli, come è compassionevole il Padre vostro” (Lc 6,36). Nella lingua ebraica, il termine compassione viene dalla stessa radice di utero e significa l’amore che, normalmente, una madre sente per il figlio o la figlia che ha generato. Se la nostra vocazione è vivere con tutte le creature questo amore compassionevole, la comunità dei discepoli e delle discepole di Gesù deve, in primo luogo, offrire questa testimonianza d’amore.

Giovanni XXIII, il papa che ha meritato il titolo di” papa buono”, ha cercato di tradurre in mille modi questa vocazione divina. Egli diceva che esistono due modi di presentare la fede. Uno divide e segrega. L’altro unisce ed attrae. I cattolici dovrebbero imparare a presentare sempre la fede non in modo che divida ma in modo che unisca le persone. Egli sapeva che un modo arrogante di difendere la verità la separa dall’amore e finisce per tradire la stessa verità. Il salmo dice: “Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. Che resta di una verità il cui contenuto deve essere l’amore, se la preoccupazione di assolutizzare una determinata espressione di questa verità come se fosse la verità in se stessa è tanto forte da aggredire gli altri e far soffrire i fratelli? Come riconoscere la verità nell’intolleranza e in un gretto assolutismo?

Nei Vangeli, il termine Chiesa appare raramente. Ma dalla seconda metà del I secolo, i gruppi ebraici e i simpatizzanti che si identificavano con il movimento profetico di Gesù di Nazareth, si organizzarono in comunità aperte e inclusive. Era il contrario delle sinagoghe riservate a circoncisi, che consideravano se stesse le uniche detentrici dell’eredità della salvezza. Le Chiese, in opposizione a ciò, si costituivano come spazi di inclusione per circoncisi e non circoncisi, giudei e greci, romani e barbari, schiavi e liberi, uomini e donne. “In Cristo tutti sono Uno” (cfr. GaI 3,27-28). I modi di comprendere la fede, di organizzare la Chiesa e di vivere la missione erano i più diversi possibile, ma la Lettera agli Efesini parla chiaramente di “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,5-6).

Oggi, molte nobili cause dell’umanità dipendono dal dialogo e dall’impegno delle diverse Chiese e religioni. Per questo, come pure per obbedire all’orientamento di Gesù, molti cristiani cercano di vivere una “diversità riconciliata”, in cui ogni Chiesa mantenga la propria identità e valorizza elementi delle altre. Dom Helder Câmara amava dire: “Nessuno (possiamo applicarlo alle Chiese) è così povero da non avere qualcosa da dare e nessuno è tanto ricco da non poter ricevere”. Da decenni le Chiese evangeliche hanno imparato ad avvicinarsi di più alla tradizione liturgica della Chiesa cattolica. Questa, che si era in gran parte allontanata dal contatto quotidiano con la Bibbia, ha nuovamente imparato dalle Chiese evangeliche a fare di questo libro il proprio orientamento di vita e di spiritualità.

Il Concilio Vaticano II fu convocato dal papa buono Giovanni per riunire le Chiese divise. Per quanto l’esegesi dei suoi testi possa essere discussa, l’intenzione dei vescovi era saggiamente quella di valorizzare le altre confessioni come comunità di salvezza, vere Chiese-sorelle, e porre fine allo scandalo della divisione. E in questo spirito che imploro l’ispirazione dello Spirito Santo sulle Chiese attuali perché nessun cattivo esempio venga imitato. Sarebbe terribile se il mondo, abituato a campionati di calcio, avesse ora un campionato di Chiese, ciascuna definendosi l’unica vera, nella quale sussiste la totalità della Chiesa di Cristo. Che i pastori si ricordino che, nel mondo antico, un padre della Chiesa orientale diceva che la Chiesa era un saggio di come il mondo avrebbe dovuto essere. Siano, allora, laboratori di riconciliazione e valorizzazione del diverso affinché, un giorno, chissà, nel guardare a una Chiesa, per quanto si senta l’unica vera, le persone comuni e senza religione possano dire quello che i non cristiani dicevano dei primi cristiani: “guardate come essi (ed esse) si amano”. Senza dubbio, questa è l’unica verità su cui Dio fa questione per la sua Chiesa.

Marcelo Barros

 

Letto 4253 volte Ultima modifica il Venerdì, 11 Maggio 2012 17:03
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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