In ricordo di P. Franco

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Mercoledì, 11 Ottobre 2006 19:58

Etica e politica: divorzio inevitabile (Franco Monaco)

Il problema del matrimonio, piuttosto che del divorzio, con l’etica si pone per ogni sfera dell’ attività umana: famiglia, scuola, lavoro, cultura, politica. Chi non indulge a una visione meccanicistica o deterministica della vita e della storia, chi cioè le interpreta come poste sotto il segno della libertà (e della responsabilità), non può non porsi il problema di orientare giudizi, scelte e comportamenti alla verità e al bene.

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Venerdì, 18 Agosto 2006 14:44

LA FINANZA ETICA NON ESISTE

LA FINANZA ETICA NON ESISTE

da
Carta n° 7, luglio/agosto 2006

(abstract)

La finanza etica non può esistere. È un ossimoro che può condurci su
percorsi equivoci. Dobbiamo invece ripartire dalla moneta e dal suo ruolo di
supporto tecnico ai processi produttivi e di scambio. Affermare questo significa
rendere la moneta dipendente dalle scelte produttive e non queste dalla
finanza. Significa inoltre abbandonare l’idea che la moneta, mediante la sua
forma finanziaria, possa divenire fonte di valore e di guadagno. Senza questo
salto di qualità non si esce dai meccanismi perversi della speculazione
finanziaria ai quali va ricondotto lo stesso concetto di interesse. Non può
esistere una “banca etica” il cui utile non sia il risultato di una
partecipazione al rischio di ogni operazione imprenditoriale di investimento,
in forma solidale con i produttori, ma sia un utile acquisito come diritto solo
per il possesso del denaro che viene messo in circolazione indipendentemente
dall’esito finale dell’operazione economica. Altro aspetto della banca etica
deve essere il rifiuto di partecipare alle attività di imprese non etiche e a
forme di investimento finanziario anonime come avviene mediante l’immissione
sul mercato delle azioni e delle obbligazioni. L’anonimato è la causa
principale della mancanza di etica e della corruzione di certa finanza. 

Pubblicato in Mondo Oggi - Geopolitico
Mercoledì, 28 Giugno 2006 11:33

Discriminazioni razziali, non chiudiamo gli occhi

DISCRIMINAZIONI RAZZIALI, NON CHIUDIAMO GLI OCCHI

di Oliviero Forti - Italia Caritas

(abstract)

L’autista dell’autobus che non apre le porte quando vede alle fermate persone di colore; il gestore del locale che fa pagare il biglietto d’ingresso solo agli stranieri; il condominio che impedisce ai bambini di una coppia sudamericana di giocare nelle parti comuni dello stabile; il caposquadra che insulta ogni mattina il proprio operaio di origine africana; la ragazza che non può fare la commessa in un supermercato perché è “nera”. Sono alcune delle discriminazioni a danno dei cittadini stranieri monitorate dall’Unar, l’Ufficio antidiscriminazione razziale istituito dal ministero delle pari opportunità. Purtroppo ogni ambito della quotidianità è macchiato da atteggiamenti odiosi e meschini, che colpiscono le fasce più deboli della popolazione. Fra esse gli immigrati, in particolare quelli che si trovano in posizione irregolare, come conferma il rapporto dell’European Network Against Racism (Rete europea contro il razzismo) del 2004. Lavoro, casa, scuola e fede sono aspetti con i quali le vittime di discriminazione devono confrontarsi ogni giorno. Anche prendere un caffè, alcune volte, può diventare motivo di incertezza e di paura, così come è accaduto lo scorso anno, quando un esercente è stato condannato per essersi rifiutato di servire consumazioni a cittadini nordafricani. La terza sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza, stabilendo che è razzista chi, in un bar, si rifiuta di servire il caffè a clienti stranieri.  I giudici hanno chiarito che la discriminazione razziale è ravvisabile in atti, individuali o collettivi, di incitamento all'offesa della dignità di diversa razza, etnia o religione, ovvero in comportamenti di effettiva offesa di tali persone. E tra gli atti di discriminazione deve essere inserito anche il comportamento di chi imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire a uno straniero beni o servizi offerti al pubblico. 

Preclusione ideologica 

Non basta certo una sentenza della Cassazione per far cessare un comportamento le cui motivazioni sono molto profonde. È sicuramente utile portare agli occhi dell’opinione pubblica un fenomeno così odioso anche a suon di carte bollate, ma ciò di cui abbiamo più bisogno è un serio piano di sensibilizzazione che raggiunga trasversalmente tutta la società, non ultimi i decisori politici. È significativo il caso dell’ultima legge finanziaria, che esclude i figli degli immigrati dal godimento dei mille euro previsti per tutti i nuovi nati nel 2005, o della legge della regione Lombardia che non ha incluso i cittadini stranieri residenti nella regione tra gli aventi diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea riconosciuto agli invalidi per cause civili. Per fortuna anche in questo caso è intervenuta la Corte Costituzionale, che con la sentenza 432 del 2005 ha dichiarato l’illegittimità della norma, in quanto dalla stessa non si evince “altra ratio che non sia quella di introdurre una preclusione destinata a discriminare gli stranieri in quanto tali”. Ciò che più preoccupa, però, è il reiterato atteggiamento discriminatorio degli amministratori a danno degli immigrati, che appare dettato più da una preclusione ideologica che non da legittime scelte di buon governo. Anche le iniziative salutate da tutti con favore, come la creazione dello stesso Unar, si sono sviluppate in un contesto di “obbligo istituzionale”, piuttosto che come conseguenza di precise scelte politiche. La necessità di dare attuazione a una direttiva europea è alla base dell’istituzione di un ufficio di cui il nostro paese aveva bisogno da anni, dal momento che il problema della discriminazione razziale nasce con l’intensificarsi dei flussi di immigrazione. Fortunatamente il terzo settore, insieme al mondo accademico e ai sindacati, ha mostrato una particolare sensibilità in materia, promuovendo numerose iniziative di sensibilizzazione e informazione dell’opinione pubblica, attraverso progetti di ricerca i cui risultati costituiscono la base per pianificare interventi efficaci. Così, per esempio, il rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro sulla “Discriminazione dei lavoratori immigrati nel mercato del lavoro in Italia” segnalava nel 2004 che la discriminazione esiste, in modo specifico nel funzionamento del mercato del lavoro. L’Italia ha ratificato la Convenzione dell’Oil sui lavoratori migranti e il 1° luglio 2003 è entrata in vigore la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie; inoltre già oggi l’Italia è tenuta ad applicare una direttiva europea sull’argomento. Ma le misure repressive e di monitoraggio del fenomeno non bastano; occorre pensare a politiche indirizzate a indebolirlo alle radici, e questo sarà possibile solo attraverso un intervento che incida sulle deboli basi culturali di una larga fascia della popolazione italiana.

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Lettera aperta al presidente Napolitano: "La grazia anche per i bambini abbandonati"


di AiBi


Illustrissimo Presidente Napolitano,

l'atto di clemenza nei confronti di Ovidio Bompressi è un provvedimento di perdono importante che lascerà sicuramente il segno nella storia del suo settennato.

Tuttavia come presidente e fondatore di Amici dei Bambini, associazione che da vent'anni lotta per garantire il diritto dei bambini alla famiglia, Le chiedo di concedere la grazia anche a tutti i bambini sospesi nel limbo dell'abbandono.

In Italia la legge 149 del 2001 prevede la chiusura degli istituti entro il 31 dicembre 2006, affermando con forza il diritto del minore a crescere ed essere educato all'interno di una famiglia, unico luogo di accoglienza e condivisione in cui il bambino è pienamente accolto per quello che è. Tuttavia non è questa la realtà di oggi: non hanno una famiglia 34 mila minori, e si tratta solo di una stima.

Infatti, a soli 6 mesi dalla chiusura degli istituti, sono ancora bloccati in un'incredibile impasse e i punti più importanti della legge 149 rimangono disattesi: non è ancora stata istituita la Banca dati dei minori adottabili così come non esiste ancora la figura dell'Avvocato per i minori.

Drammatiche le conseguenze: migliaia, un numero imprecisato di minori vive negli orfanotrofi, imprigionati in luoghi che prevedono una logica meramente assistenzialistica di bambini e adolescenti, rendendoli così schiavi dell'abbandono.

Le chiediamo così di realizzare quello che nemmeno le leggi sono riuscite a garantire: “renda figlio” le migliaia di bambini assistiti negli istituti, doni la grazia a questi bambini!



Con deferenza e stima,

Marco Griffini

Presidente Amici dei Bambini

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AiBi: "Abracadabra" la giornata dei bambini abbandonati domenica 21 maggio


di AiBi (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)
da www.vita.it




Amici dei Bambini nel 2006 ha compiuto 20 anni: la quarta edizione di "Abracadabra!", patrocinata dal Segretariato Sociale della Rai, sarà per questo motivo particolarmente celebrativa.

In Italia l'evento si svolgerà in 22 piazze, incluse Milano e Roma; nel mondo la festa sarà organizzata in tutti i Paesi dove Amici dei Bambini opera con i propri volontari, spesso proprio all'interno degli orfanotrofi, dove la manifestazione sarà particolarmente emozionante.

Nello stesso giorno, un'unica formula di successo: i bambini giocheranno per i bambini dimenticati negli istituti mentre le famiglie saranno informate e sensibilizzate dai volontari dell'associazione sull'emergenza abbandono e sui progetti in Italia e all'estero finalizzati appunto all'accoglienza dei minori abbandonati.

Venti anni a fianco dei bambini abbandonati diventati figli, con le loro famiglie adottive, e insieme a quei bambini che ancora vivono negli istituti del mondo in attesa di una mamma e un papà. Oltre 1600 bambini stranieri ad oggi hanno trovato una famiglia in Italia, ma sono ancora migliaia quelli che la cercano ogni giorno. A loro, prima di tutto, è dedicata questa giornata.

I simboli della giornata: la bacchetta magica Abracadabra e la bandana di Amici dei Bambini. In Italia e nel mondo in un solo momento si svilupperà la 'magia' di Abracadabra, così che non vi siano più bambini abbandonati: alle ore 16 di domenica 21 maggio tutti i bambini, ovunque si troveranno, con un colpo di bacchetta magica colorata - distribuita in tutte le piazze italiane - grideranno insieme “Abracadabra”. E in quel momento i bambini abbandonati non saranno più dimenticati.

E per ricordare tutto l'anno la magia di Abracadabra sarà disponibile anche la bandana, un fazzoletto arancione con il logo della manifestazione.

A Milano (Giardini di Porta Venezia) e Roma (Parco di San Sebastiano) i momenti più significativi di Abracadabra. Le altre città italiane proporranno programmi diversi che potranno essere consultati sul sito www.aibi.it.

I Giochi 2006

- Camper Painting ovvero “Disegno in movimento”: i bambini daranno sfogo alla loro creatività dipingendo un camper che poi girerà per la città invitando altri bambini a giocare ad Abracadabra

- Il gioco della cicogna, ovvero “In viaggio verso la famiglia” : una variante del gioco dell'oca per spiegare, attraverso il gioco, l'importanza della famiglia

- Il lenzuolo Abracadabra: in ogni città i bambini dipingeranno su un lenzuolo che poi sarà annodato con altri in arrivo dalle città italiane e straniere. Un unico grande lenzuolo sarà ricordo e simbolo della giornata

- Lotteria Rik&Rok: tanti premi messi in palio da Auchan e Sma per tutti i bambini che parteciperanno ai giochi

- Cantastorie, clown e giocolieri

- In tante città una nota dolce: i volontari proporranno vasetti di miele biologico il cui ricavato sarà utilizzato per raccogliere fondi a sostegno dei progetti dell'associazione.

Milano: Abracadabra è anche cinema – Nella settimana che precede la manifestazione - dal 15 al 18 maggio - sono in programma al cinema Anteo di Milano tre proiezioni gratuite di film che parlano di adozione e accoglienza. Si tratta di: “La guerra di Mario” (di Antonio Capuano), “Vai e vivrai” (di Radu Mihaileanu) e “All the invisibile children” (di sette registi tra cui Spike Lee, Emir Kusturica, Stefano Veneruso e Jordan e Ridley Scott).

Le città Abracadabra in Italia - Hanno già dato l'adesione per realizzare la quarta edizione dell'evento: Milano, Roma, Verres, Ponte San Pietro (BG), Varese, Bolzano, Torino, Mestre, Bologna, Pistoia, Firenze, Ladispoli, Pescara, L'Aquila, Francavilla al mare (PE), Sirolo (AN), Napoli, Calvi Risorta (CE), Salerno, Bari, Reggio Calabria, Caltanissetta, Messina. L'evento sarà realizzato nelle piazze dove Amici dei Bambini ha sede e dove operano i volontari. Aggiornamenti su www.aibi.it

Le città Abracadabra all'estero - Chisinau (Moldavia), Leova (Moldova) Bucarest (Romania), Rabat (Marocco), Kiev (Ucraina), Sarajevo (Bosnia Erzegovina), Pleven (Bulgaria), Pristina (Kosovo), Valona (Albania), Novosibirsk (Russia) Potosì (Bolivia), Bonfim (Brasile), Belem (Brasile), Bororè (Brasile), Salvador de Bahia (Brasile).

Chi è Amici dei Bambini – L'associazione Amici dei Bambini è un movimento di famiglie adottive e affidatarie che dal 1986 opera in Italia e nel mondo per l'accoglienza dei bambini abbandonati negli istituti. L'associazione è riconosciuta e opera in Italia, America Latina (Brasile, Bolivia, Perù, Colombia), in Europa dell'Est (Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Kosovo, Moldova, Romania, Ucraina, Russia), in Africa mediterranea (Marocco).

L'elenco completo delle piazze e i programmi delle singole manifestazioni italiane saranno aggiornati sul sito www.aibi.it. (Informazioni 02-988221)

Un sincero grazie a:

- Auchan e Sma, le due aziende della grande distribuzione che offriranno in alcune piazze italiane i prodotti della propria linea per bambini “Rik&Rok”. Bici, giochi educativi e altri premi verranno messi in palio attraverso la “lotteria Rik&Rok”; merendine, succhi di frutta e pennarelli sono alcuni prodotti “Rik&Rok” che durante la giornata saranno offerti al momento della merenda e nei laboratori creativi allestiti dai volontari di Amici dei Bambini.

- Danone per il sostegno alla realizzazione di Abracadabra

- BNL per la rassegna cinematografica di Milano



Informazioni alla stampa

Francesca Mineo - Laura Salerno

Ufficio stampa Amici dei Bambini

Tel. 02/98822.311 - www.aibi.it
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ITALIANI A RISCHIO ALFABETICO, MOLTI ADULTI A BASSA SCOLARITÀ

Nel nostro Paese vivono circa due milioni di persone “analfabete funzionali” E la media dei soggetti che rischiano l’analfabetismo è superiore a quella dei paesi avanzati. Anche i giovani non sono esenti dal fenomeno.

di Walter Nanni ufficio studi e ricerche Caritas Italiana
da Italia Caritas/marzo 2006

L’analfabetismo e il rischio alfabetico non sono fenomeni del passato. Ancora oggi, nei paesi occidentali e industrializzati, la popolazione ad alto rischio alfabetico (primo livello di rischio) è compresa fra un ottavo e un quarto del totale; se aggiungiamo anche un “medio” rischio alfabetico (secondo livello), si raggiunge e si supera il 50% della popolazione adulta. L’Italia rientra tra i paesi industrializzati in cui la presenza di persone nel primo e secondo livello di rischio alfabetico è molto superiore alla media, assieme a Cile, Slovenia, Polonia e Portogallo. In Germania, Danimarca, Olanda, Norvegia e Svezia la quota di adulti nel primo livello di rischio alfabetico non supera invece il 18%, con punte molto basse in Svezia (11%).

Dal rapporto Isfol 2005 e dall’indagine Ials-Sials 2000, risulta che vi sono in Italia circa due milioni di persone analfabete funzionali. L’analfabetismo funzionale, o illetteratismo di base, riguarda persone che, pur avendo avuto una formazione scolastica di base, non sono in grado di leggere e scrivere compiutamente, in quanto tali attività sono del tutto assenti nella pratica della vita quotidiana. Oppure perché, per il tipo di lavoro svolto, tali persone non hanno mai avuto bisogno di leggere o scrivere.

Formazione compromessa

Gli analfabeti funzionali italiani hanno un’età media tra i 16 e i 65 anni e corrispondono al 5,4% della popolazione di tale classe di età: sono oltre 2 milioni di persone. Enormi ritardi nell’istruzione primaria sono presenti soprattutto nelle generazioni vissute prima del 1964: se infatti fra gli italiani di età compresa tra i 16 e i 45 anni il tasso di analfabetismo funzionale rientra nella media europea, per la fascia 46-65 il disagio giunge a coinvolgere 1.400.000 persone.

Il quadro dell’analfabetismo in Italia rimane problematico, come mostrano i dati relativi al possesso dei titoli: la maggioranza assoluta della popolazione in piena età adulta (30-59 anni) versa in condizioni di bassa scolarità. A livello nazionale, il 34,6% della popolazione in età superiore a quella dell’obbligo scolastico (più di 15 anni), si trova in una situazione di analfabetismo o di scarsa competenza alfabetica. Tra i giovanissimi (15-19 anni) si rileva un 4% di esclusi, che non hanno neppure raggiunto il titolo dell’obbligo; tra i giovani adulti (20-29 anni) oltre un terzo non va oltre il titolo di licenza media; tra gli adulti veri e propri (30-59 anni) si constata la presenza di quasi il 20% di soggetti con, al più, la licenza elementare.

Il livello più basso di competenza alfabetica (incapacità o gravi difficoltà nel leggere testi in prosa: articoli di giornale, annunci, lettere, racconti, ecc.) coinvolge il 15,4% dei 16-25enni; il 21,9% dei 26-35enni; il 32,2% dei 36-45enni; il 46,9% dei 46-55enni; il 63,5% dei 56-65anni.

L’esistenza di quasi un terzo di popolazione in piena età adulta (26-45 anni) a rischio alfabetico e di un’area pari al 50% di giovani con un livello di competenze alfabetiche elementari (appena sufficienti ad escludere l’analfabetismo) indica l’urgenza di iniziative di recupero della capacità linguistica e suscita dubbi sulla capacità del sistema scolastico italiano di garantire standard qualitativi accettabili. La possibilità di successo delle iniziative di formazione ed educazione per gli adulti è compromessa dallo scarso livello informativo sulle stesse iniziative: dalle ricerche Isfol si apprende che il 56% degli italiani non sa indicare organizzazioni pubbliche o private che forniscono informazioni o orientano a percorsi formativi per adulti.

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Mercoledì, 10 Maggio 2006 20:17

WAL-MART ALL’ASSALTO DEL MONDO

WAL-MART ALL’ASSALTO DEL MONDO

di Serge Halimi – Le Monde Diplomatique - gennaio 2006

(abstract)

Nel 1992 il presidente degli Stati Uniti pronunciò questa frase: “Il successo di Wal-Mart è il successo dell’America”. Ormai la multinazionale della distribuzione è diventata la più grande impresa del mondo. E la pratica del dumping sociale, che le è valsa una multa di 172 milioni di dollari per aver rifiutato la pausa pranzo ai propri dipendenti, contamina l’economia occidentale. Nel nome della lotta alla Toyota la General Motors ha annunciato 30.000 licenziamenti e vuole imporre ai restanti operai la riduzione dei salari e ai fornitori un abbassamento dei prezzi. Delphi, la più grande industria di componenti elettronici degli USA, vorrebbe pagare i salariati 9,50 dollari l’ora contro gli attuali 28. Dopo John D. Rockefeller, il modesto ragioniere di Cleveland divenuto a 31 anni il più ricco petroliere del mondo, e Steve Jobs, che lasciò l’università per fondare nel garage di casa la Apple, il sogno americano si ripete. Ma più in grande. Adesso è la volta di Wal-Mart. All’inizio era un negozietto sperduto in uno degli stati più poveri del paese, l’Arkansas. Oggi Wal-Mart vanta un fatturato di circa 310 miliardi di dollari (stime 2005) ed è diventata la più grande impresa del mondo, superando nel 2003 persino la Exxon Mobil. Quattro dei componenti la famiglia proprietaria figurano tra i dieci uomini più ricchi del mondo. Si calcola che un CD su cinque, un dentifricio su quattro e un pannolino sui tre comprati negli USA provengano dagli scaffali Wal-Mart. Il fatturato dell’azienda costituisce il 2,5% del prodotto interno lordo statunitense. Non deve pertanto stupire se la maggior parte delle trasformazioni politiche, economiche e sociali oggi purtroppo diffuse nel mondo abbia trovato piena approvazione – e talvolta origine – a Bentonville in Arkansas, sede della società. Lotta contro i sindacati, delocalizzazione e ricorso a manodopera sempre più sfruttata: è il modello Wal-Mart. Pressioni sui fornitori per costringerli ad abbassare i prezzi, concatenazione sfrenata delle attività per abbattere i tempi morti ed eliminare le pause di riposo: è il modello Wal-Mart. Costruzione di orribili punti vendita (le cosiddette “scatole da scarpe”) costantemente riforniti dai 7100 camion giganti dell’impresa che viaggiano e inquinano 24 ore su 24: è il modello Wal-Mart. Quando poi i sindacati contrattaccano, gli ecologisti si risvegliano, i clienti si rendono conto di cosa in realtà li derubano “i prezzi quotidiani più bassi” e i cittadini fanno muro contro la costruzione dell’ennesima scatola da scarpe, Wal-Mart recluta ex responsabili della comunicazione della Casa Bianca per migliorare l’immagine dell’impresa. Essi diranno che ormai l’azienda è diventata etica, che dà lavoro a un sacco di gente, che i clienti amano tanto i prezzi bassi, eccetera eccetera. Aggiungeranno poi che la ricerca del rendimento ha permesso di migliorare la produttività nazionale e che d’ora in avanti l’impresa difenderà l’ambiente così come ha soccorso le vittime dell’uragano Katrina. Sfruttamento, comunicazione: è ancora il modello Wal-Mart.

Pubblicato in Mondo Oggi - Geopolitico
Venerdì, 28 Aprile 2006 20:05

TRA PAURA E SPERANZA

TRA PAURA E SPERANZA
 di Geoff Andrews
da www.adistaonline.it

LE ELEZIONI ITALIANE SUL FILO DEL RASOIO LASCIANO IRRISOLTI IL FUTURO POLITICO DEL PAESE E L’EREDITÀ DI BERLUSCONI.


GEOFF ANDREWS, POLITOLOGO E GIORNALISTA INGLESE, È L’AUTORE DI QUESTO ARTICOLO PUBBLICATO L’11/04/06 SUL SITO INTERNET WWW.OPENDEMOCRACY.NET. TITOLO ORIGINALE: “ITALY BETWEEN FEAR AND HOPE”



Lunedì 10 Aprile alle 3 del pomeriggio sono arrivato a Piazza Santi Apostoli – dove c’è la sede romana della coalizione di centrosinistra – per i primi exit poll. Alle 3 di notte ero ancora lì, a sentire Romano Prodi che aveva appena dichiarato per la prima volta vittoria di fronte ai suoi sostenitori e alla stampa internazionale.

Tutto finito? No. In queste dodici ore è cominciato ad andare in scena una specie di dramma che rivela molto dell’Italia contemporanea, e che può continuare ad avere ripercussioni anche nei mesi a venire. Sia gli exit poll che i numerosi sondaggi non ufficiali svolti durante la due giorni elettorale per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato attribuivano al centrosinistra un vantaggio dai 3 ai 7 punti percentuali. Questo dato era molto simile a quello fornito nei sondaggi di opinione nel periodo tra l’apertura della campagna elettorale e il termine ultimo in cui la legge consente di diffondere queste informazioni, ossia due settimane prima del voto.

Prima degli exit poll, i leader del centrosinistra e i commentatori erano stati cauti e misurati. Le mie richieste di pareri e prese di posizione venivano educatamente rifiutate con un “aspetti fino ai primi exit poll”. La “scaramanzia” (la particolare forma italiana di superstizione) era ovunque – sono stato persino cacciato dagli uffici del giornale “Il manifesto”, dove avevo trascorso la cupa notte elettorale del 2001, col pretesto che la mia presenza poteva indirizzare a destra il voto degli indecisi.

Tutto questo è stato spazzato via dai primi exit poll che indicavano un chiaro margine di vantaggio per il centrosinistra. Piazza del Popolo, a due passi dal quartier generale dell’Unione, era stata designata come il luogo ufficiale per i festeggiamenti, attività in cui gli italiani eccellono su chiunque altro. Al quartier generale gli attivisti guardavano un maxi schermo sui cui scorrevano le immagini dei fiduciosi leader del centrosinistra e dei tristissimi leader della destra. “Buffone!”, “Buffone!” gridava la folla rispondendo alle parole sprezzanti di Maurizio Gasparri, ex-ministro post-fascista delle telecomunicazioni. “A casa!”, strillavano all’indirizzo di Roberto Calderoli, leader xenofobo della Lega Nord che si era dimesso dal governo nel febbraio del 2006 dopo aver indossato una maglietta con le vignette danesi anti-islamiche.

Qualcuno brandiva un pezzo di mortadella, il tipico salume bolognese da cui è stato ricavato l’affettuoso soprannome di Prodi. La folla ondeggiava e ballava seguendo il ritmo della musica. Il sito ufficiale dell’Ulivo (il partito di Prodi all’in-terno dell’Unione) aveva alla fine rotto gli indugi esponendo orgogliosamente lo slogan: “Romano Prodi presidente”.

Poi sono cominciati ad arrivare i dati reali. L’atmosfera è cambiata drammaticamente. Si stava profilando un margine risicatissimo. I risultati di un complicato meccanismo elettorale imposto da Berlusconi con una legge nell’ottobre del 2005 mostravano un testa a testa delle coalizioni sia alla Camera che al Senato. Il voto degli italiani all’estero diventava determinante.



Una corsa sulle montagne russe

Man mano che passavano le ore e cambiava l’umore, diveniva chiaro un elemento persino più importante del risultato delle elezioni in senso strettamente numerico. Ciò che stava accadendo la notte tra il 10 e l’11 aprile era l’apoteosi della strategia di Silvio Berlusconi – particolarmente esplicita verso la fine della campagna elettorale – di istillare paura nelle teste degli elettori. Gli attacchi del primo ministro verso i “magistrati comunisti”, i volgari insulti ai suoi avversari e a coloro che li avrebbero votati, e le affermazioni sulla necessità che gli ispettori delle Nazioni Unite intervenissero per evitare brogli elettorali, riflettevano il fatto che Berlusconi – man mano che si indeboliva il suo potere – cercava di fare appello al “fattore paura”.

La strategia berlusconiana della paura può essere compresa solo se si rigetta l’idea (molto radicata in alcuni commentatori politici) che lui sia poco più che un clown, un personaggio folcloristico che ha ridato colore alla politica italiana. La realtà è molto più seria. Silvio Berlusconi, persino nella sconfitta, costituisce una minaccia per la democrazia italiana.

Il populista Berlusconi è solito ignorare le convenzioni, le regole e le norme della vita politica. Le sue promesse dell’ultimo minuto di abolire le tasse su casa e rifiuti – promesse fatte senza alcuna possibilità di replica da parte della sinistra e nessuna indicazione sulle modalità di finanziamento dell’operazione – possono essere viste come l’appello disperato di un leader in declino. Questi stratagemmi – su cui in passato si è basata la sua strategia di costruzione del consenso – sembrano aver contribuito anche stavolta a catturare almeno una parte degli elettori.

Queste mosse elettorali illustrano anche la differenza tra la concezione “populista” e quella “democratica” del popolo. Il populista ha una ristretta e stereotipata visione del popolo come di un’entità relativamente omogenea, caratterizzata da valori (e pregiudizi) “ordinari” che sono in contrasto con quelli delle élite e dei settori ‘sovversivi’ della società, nel caso di Berlusconi i magistrati e la sinistra.

I populisti come Berlusconi non hanno tempo per il dissenso, il pluralismo e le divergenze d’opinione, che essi considerano delle minacce. Il suo estremo tentativo di far leva sulle paure dell’elettorato incarna esattamente questo tipo di modello.

L’approccio democratico si basa su una differente relazione con il popolo, una relazione mediata da forme di rappresentanza e partecipazione, dal ruolo della legge e da spazi aperti al pluralismo e al dissenso. Questo punto di vista, purtroppo, non è stato sostenuto dai partiti del centrosinistra italiano, che fino ad ora hanno permesso a Berlusconi di dettare l’agenda politica. Sembra quasi incredibile che – dopo cinque anni di un governo che ha devastato la vita pubblica italiana, demonizzato gli stessi magistrati che avevano fatto pulizia nell’ambiente politico degli anni ‘90, ed eliminato tutte le forme di dissenso dal già pessimo circuito radiotelevisivo – Berlusconi possa mettere in discussioni le credenziali democratiche della sinistra.

Quel che il centrosinistra dovrebbe fare, pur avendo dimostrato, con un risultato delle urne così risicato, di non esserne in grado, sarebbe di imparare dall’esempio della rete della società civile, che è fiorita in Italia negli ultimi cinque anni.



Un futuro oltre la paura

Mentre viaggiavo attraverso l’Italia in questi anni scrivendo del “fenomeno Berlusconi”, ho incontrato la paura in diverse forme. Al G8 di Genova nel luglio del 2001 la “punizione” inflitta dai carabinieri è stato un primo ammonimento dell’intolleranza del governo. A Napoli la camorra ha dato vita a nuove forme di violenza, mentre la Lega Nord si allontanava dalla vecchia battaglia sull’indipendentismo padano concentrandosi su parole d’ordine xenofobe che trovavano pericolosamente eco nell’opinione pubblica.

Tuttavia ho anche trovato esempi di speranza e di creatività, dai girotondi guidati dal regista Nanni Moretti ai gruppi di Libertà e Giustizia, alla straordinaria galassia delle organizzazioni pacifiste. Ricordo un fornaio di Bologna che chiuse le porte del suo locale per protestare contro lo scoppio della guerra in Iraq (alla quale era contrario più del 90% degli italiani) dicendo “non possiamo occuparci di brioches e biscotti in un giorno come questo”; e il caso di Scanzano Jonico, un piccolo paese di 6700 abitanti nell’entroterra della Basilicata, che ha sostenuto diverse settimane di sciopero per protestare contro la decisione del governo italiano di costruire in quel territorio un deposito di scorie nucleari. In questi cinque anni tutta questa variegata rete di gruppi della società civile ha mantenuto viva la speranza.

La campagna elettorale italiana si è configurata come una scelta molto netta in un Paese assolutamente diviso e polarizzato: la strategia della paura di Berlusconi contro un progetto di speranza incarnato nelle iniziative della società civile ma ancora privo di una sua espressione politica matura.

Il futuro dell’Italia rimane incerto. All’ora di pranzo dell’11 aprile, dopo che i rimanenti voti degli italiani all’estero gli avevano conferito un’e-sigua maggioranza anche al Senato, Romano Prodi ha dichiarato vittoria per la seconda volta di fronte a un gruppo di giornalisti nella sede dell’Ulivo. Alla fine di tutto, la legge elettorale voluta da Berlusconi sembra abbia favorito il centrosinistra. Ma il Cavaliere, che resta il leader del più grande partito italiano, si curerà poco dell’ironia dell’evento dal momento che sarà impegnato a combattere per conservare tutto il potere possibile.

A dire il vero, la questione centrale resta l’eredità di Silvio Berlusconi all’interno del precario sistema democratico italiano. Romano Prodi ha detto cose giuste sulla necessità di dare al Paese unità, coesione e la speranza di un nuovo inizio. Una maggioranza molto ristretta al Senato – in un sistema politico come quello italiano dove entrambe le camere del Parlamento hanno un eguale status – renderà questi progetti molto difficili da realizzare. Ma, in ogni caso, l’Italia troverà unità solo se saprà sostituire il leaderismo populista con un nuovo spirito democratico. L’arresto del boss della mafia Bernardo Provenzano il giorno dopo le elezioni, dopo quarantatre anni di latitanza, può offrire agli italiani ossessionati dalla scaramanzia (ma anche agli stranieri) un buon segnale per il futuro. Forse l’Italia, alla fine, può davvero trasformare la paura in speranza.

Pubblicato in Mondo Oggi - Geopolitico

DON FORMENTON: NESSUN PARTITO PUÒ ATTRIBUIRSI PATENTI DI CATTOLICITÀ. E NESSUNO SCHIERAMENTO PUÒ ESSERE DEMONIZZATO

di Valerio Gigante
da www.adistaonline.it


Ha suscitato un vespaio di polemiche la lettera aperta di don Gianfranco Formenton, parroco di S. Angelo in Mercole e S. Martino in Frignano (Spoleto), al card. Ruini, pubblicata dalla nostra agenzia e dal sito spoletonline.it e riprodotta poi integralmente anche dall'Unità (il 26/3, in prima pagina) e dal sito aprileonline.info. Formenton, variamente tacciato di essere prigioniero dell'ideologia comunista, amico dei sovversivi, fiancheggiatore dei Ds, di non aver rispettato la neutralità politica cui sarebbero chiamati gli uomini di Chiesa, di essere in contrasto con il Magistero, ha voluto rispondere alle accuse inviando alla nostra agenzia alcune precisazioni che definisce "d'obbligo", "considerate le interpretazioni, i commenti sommari" sugli organi di informazione e nei bar, "le volgarità e le preghiere che da ogni parte d'Italia si levano per la mia conversione e per la mia rimozione da Parroco".

Il parroco umbro se la prende anzitutto con "il vezzo" di alcuni esponenti locali della "Casa delle Libertà" "di autoattribuirsi patenti di ‘cattolicità' e di rappresentanza di non meglio precisati ‘valori cristiani'". Io, chiarisce don Gianfranco, "non ho espresso alcuna indicazione di voto, ma semplicemente precisato ai cattolici che militano nell'Unione che votare per l'Unione non costituisce motivo di turbamento spirituale, né è foriero di sanzioni ‘eterne', perché l'esercizio del voto e la scelta dei Partiti (non potendo indicare i candidati) secondo la morale cattolica sono assolutamente liberi, visto che la morale presuppone la maturità dei fedeli cristiani. Nessun partito è depositario dei ‘valori cristiani'. Nessuno che non voti per la Cdl può considerarsi eretico". E poi, precisa in tono sarcastico Formenton, "non sono mai stato iscritto al Partito Comunista, non mangio i bambini e non milito nei gruppi ‘Anarcoinsurrezionalisti' e nulla, nella lettera, indica che io sia ‘comunista'". E comunque "comunista non è un insulto". Come prete, poi, pur non entrando in questioni "partitiche", "è mio dovere intervenire nei confronti delle persone che mi sono state ‘affidate' ogniqualvolta qualcuno confonde i campi della politica e della fede che il Concilio Vaticano II ci ha insegnato essere campo ‘laico'".

Piena solidarietà a don Gianfranco è stata espressa da don Paolo Farinella, altro prete da tempo nell'"occhio del ciclone", sia per la sua richiesta-appello al papa (che ha raggiunto le 10mila adesioni) di non ricevere in udienza Berlusconi sotto elezioni, sia per la più recente iniziativa di promuovere un contro-appello al manifesto per l'Occidente di Marcello Pera (www.arcoiris.tv/appello_pera/risposta_controappello/).

Le tue affermazioni - scrive don Paolo a don Gianfranco - sono inequivocabili perché "limpide e trasparenti". Nella sua lettera, Farinella manifesta la sua decisione di esplicito sostegno all'Unione alle elezioni politiche perché, dice riferendosi agli esponenti della destra, "Lorsignori non sanno cosa farsene della Chiesa, della Dottrina sociale, del Vangelo, ma sanno benissimo cosa farsene dei voti di coloro che frequentano la Chiesa e di quelli della gerarchia che invece li scambia". Per questo, afferma risoluto Farinella, "tacere non è possibile e questo - l'attuale momento - è tempo non di super partes, ma di schieramento. Bisogna decidersi da che parte stare" e "alla luce di un minimo di coerenza evangelica almeno io non posso stare con questa destra dissolutrice di ogni residuo senso dello Stato e del tessuto democratico". "Nel che, dopo avere votato l'Unione, dal giorno 10 in poi starò all'opposizione morale del nuovo governo". Per un credente è un dovere "difendere ciò che resta della serietà della Chiesa dai lupi rapaci che vogliono governare per sistemarsi quelle due o tre cosette che ancora restano in sospeso. Credevano di comprarci con l'Ici e con gli oratori: hanno sbagliato indirizzo". "Caro Gianfranco - conclude Farinella - stai sereno, non sei solo perché l'ekklesìa ti circonda e ti protegge".

Pubblicato in Mondo Oggi - Geopolitico

FORZA PARROCI! BONDI SCRIVE ALLE PARROCCHIE, MA UN PRETE RISPEDISCE IL PLICO AL MITTENTE
 da www.adistaonline.it

"È, questo, il nostro modo di impegnarci per testimoniare la nostra fede. La prego di voler accogliere questo piccolo pensiero, la nostra semplice brochure, come un modo per condividere l'impegno difficile per l'affermazione della Verità Cristiana nella nostra società e nel tempo che ci è dato di vivere. Con questi sentimenti e pensieri voglia ricevere i miei più affettuosi saluti. Con viva cordialità. Suo devotissimo. Sandro Bondi".
Così si conclude la lettera allegata all'opuscolo "I frutti e l'albero. Cinque anni di governo Berlusconi alla luce della dottrina sociale della Chiesa" inviato da Forza Italia ai 25 mila parroci italiani. Si tratta di una brochure dove sono elencati tutti i provvedimenti in favore della Chiesa promossi in questi anni dalla maggioranza di centrodestra, fra cui la legge per la regoralizzazione degli insegnanti di religione, la legge per gli oratori, l'abolizione dell'Ici per gli enti ecclesiastici e non profit, la battaglia per il riferimento alle radici cristiane dell'Europa e la difesa del crocifisso nelle scuole.

Particolare enfasi è riservata alla legge sulla procreazione assistita "approvata dal governo", scrive Bondi, "e che la sinistra ha cercato di abrogare per mezzo di un referendum. La famiglia, cuore dell'attuale e fecondo lavoro pastorale di Benedetto XVI, e costante premura dell'indimenticabile Giovanni Paolo II, ha guidato la nostra politica facendoci scoprire sentieri nuovi e oggi ancor più fecondi per la società italiana".

Rispetto all'appoggio dato alla guerra in Iraq, che finora ha provocato più di 30mila vittime civili, il coordinatore nazionale di Forza Italia scrive: "Non ci siamo, altresì, tirati indietro per costruire la pace nella verità, come recentemente ha affermato anche Benedetto XVI, impegnandoci, nel contempo, nella lotta alla povertà e alle malattie nel Terzo Mondo e in numerose missioni di pace nei Balcani, in Afganistan, in Iraq, dove i nostri soldati si sono distinti per preparazione e per umanità".

Don Aldo Antonelli ha rispedito al mittente l'opuscolo ed ha inviato a Sandro Bondi una lettera che di seguito riportiamo:





Signor Bondi,

sono abituato a dare alle parole il loro peso per cui a chiamarla "onorevole" dovrei coartare la mia coscienza.

Ho ricevuto l'inverecondo opuscolo che lei, immagino, ha inviato a tutte le parrocchie d'Italia.

Glielo restituisco senza nemmeno sfogliarlo e le ricordo che le parrocchie non sono discariche di rifiuti né postriboli nei quali si possa fare opera di meretricio.

Abbiamo una nostra dignità, noi sacerdoti, e non siamo usi a svendere per un piatto di fagioli il nostro patrimonio religioso, culturale, sociale ed umanistico che voi in cinque anni di malgoverno avete dilapidato.

Avete fatto razzia di tutto. Avete dissestato la finanza pubblica, avete ridotto alla fame gli enti locali da una parte e foraggiato, dall'altra, gli enti ecclesiastici cercando di comprarvi il nostro silenzio se non addirittura la nostra compiacenza.

Avete popolato il Parlamento di manigoldi, ladri e truffatori. Di 23 parlamentari condannati in via definitiva più della metà (13 per la precisione) fanno parte del vostro gruppo. Avete fornicato con il razzismo della Lega e con il fascismo di Rauti. Con voi i ricchi sono diventati più ricchi ed i poveri più poveri. Il vostro "Capo" in cinque anni ha quadruplicato il suo patrimonio, mentre le aziende del Paese andavano in crisi. Solo l'elettromeccanica, nell'ultimo quadrimestre del 2005, ha perso il 7,1% del suo fatturato.

I nostri pensionati, da qualche anno in qua, non solo non riescono più ad accantonare un soldo, ma hanno incominciato a rosicchiare il loro già risicati risparmi.

Avete speso energie e sedute-fiume in Parlamento per difendere a denti stretti le "vostre" libertà mentre il Paese rotolava al 41° posto quanto a libertà di stampa e pluralismo di informazione, dopo l'Angola.

Avete mercificato i lavoratori e ipostatizzato le merci.

Si tenga pure, signor Bondi, la sua presunzione di coerenza con la "dottrina sociale della Chiesa". Noi preti vogliamo tenerci cara la libertà di lotta e di contestazione contro la deriva liberista e populista della vostra coalizione.

Aldo Antonelli

(parroco)

Antrosano, 1 marzo 2006

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