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Domenica, 06 Luglio 2025 08:43

XIV Domenica del tempo ordinario - Anno C

XIV Domenica del tempo ordinario - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Is 66,10-14c

Dal libro del profeta Isaia
 

Rallegratevi con Gerusalemme,
esultate per essa tutti voi che l’amate.
Sfavillate con essa di gioia
tutti voi che per essa eravate in lutto.
Così sarete allattati e vi sazierete
al seno delle sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete
al petto della sua gloria.
Perché così dice il Signore:
«Ecco, io farò scorrere verso di essa,
come un fiume, la pace;
come un torrente in piena, la gloria delle genti.
Voi sarete allattati e portati in braccio,
e sulle ginocchia sarete accarezzati.
Come una madre consola un figlio,
così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore,
le vostre ossa saranno rigogliose come l’erba.
La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi».


Salmo Responsoriale Sal 65 (66)

Acclamate Dio, voi tutti della terra.

Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!».
 
«A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.
 
Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.
 
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

 
Seconda Lettura  Gal 6,14-18
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
 
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
 
 
Canto al Vangelo (Col 3,15a-16a)


Alleluia, Alleluia

La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 10,1-9
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».


OMELIA

Dall’unione con Cristo, nasce la missione. Lo ‘stare-con’, il ‘dimorare-in’, ha come conseguenza l’’andare-verso’, come la vita biologica è data dal duplice movimento del respiro: inspirazione ed espirazione.
Immersi nel Dio amore ci si trasforma in amanti. E come tali invitati a far visita alla ‘casa’ dell’altro, per fargli dono della pace: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace”» (v. 5).
Non si è inviati nel mondo ad indottrinare e tanto meno a giudicare, ma a donare pace nel cuore di uomini e donne in lotta con la vita. Interessante: ‘in qualunque casa entriate…’ dice il testo. Anche quella abitata da reprobi, dai ‘diversi’, dai lontani, da sbagliati… L’amore non sceglie, è scelto.
Il seguito del Vangelo di oggi ci suggerisce anche come elargire concretamente questa pace: guarendo i malati (v. 9). Malato è l’uomo segnato dal male, tutto ciò che in qualche modo lo diminuisce, lo impoverisce, lo blocca nel suo cammino verso il compimento. Siamo chiamati ad alleviare il dolore di chi ci sta accanto, a liberare le persone da pesi insopportabili, a farci compagni di viaggio tenendo compagnia all’altro nel suo cammino nel buio della notte.
Ma nella ‘casa’ dell’altro – si entrerà solo se poveri. Il ricco nell’incontrare l’altro rischia sempre di donare cose sue non sé stesso.
Certo, l’amore donato potrà anche essere rifiutato (v. 9b), ma in ogni caso non fallirà, anzi proprio in quel momento sarà portato a compimento, come il Figlio che sulla croce ha testimoniato un amore più forte della morte.
Questo amore senza se e senza ma, provoca qualcosa di incredibile dice Gesù: “la caduta di Satana dal cielo” (v. 18). Fuori di metafora: più il bene viene affermato, più il male si dissolve, si sgretola, precipita nel nulla. Laddove si lavorerà per la giustizia e la pace, si disperderà anche la nebbia e l’oscurità che rendevano nascosti i nomi degli amanti scritti nel cielo (v. 20). E dato che nel vocabolario biblico nome sta per l’essenza più profonda della persona, e cielo indica il cuore stesso di Dio, chi ama è già nascosto con tutta la sua persona nel cuore stesso dell’Amore (cfr. Col 3, 13). Questo ci permetterà di credere da una parte che «nulla potrà mai danneggiarci» (v. 19) e che nulla di ciò che faremo se segnato dal bene potrà andar perduto: «nessun sacrificio per quanto nascosto e ignorato, nessuna lacrima e nessuna amicizia» (Michele Do).

 
Paolo Scquizzato
 
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 14,18-20

Dal libro della Genesi
 

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.


Salmo Responsoriale Sal 109 (110)

Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.

Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
 
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!
 
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell'aurora,
come rugiada, io ti ho generato.
 
Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».

 
Seconda Lettura 1Cor 11,23-26
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
 
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
 
 
Canto al Vangelo (Gv 6,51)


Alleluia, Alleluia

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 9,11b-17
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.


OMELIA

«Il Corpo del Signore non lo dobbiamo pensare negli schemi sacrali. Ricordate le processioni con gli ostensori e gli incensi? Di quel pane che deve essere un pane a tavola noi abbiamo fatto un idolo. È l’astuzia dell’uomo! Quando l’uomo fa di un santo una realtà da adorare, se ne è già liberato. Adorare significa metterla fuori. Messa fuori, viviamo più tranquilli nella nostra malvagità» (E. Balducci).
Gesù, nel deserto della storia vede e si prende cura di un’umanità dolorante invitando ciascuno dei suoi a fare altrettanto, rivelando così la logica disarmante che la propria fame si estingue facendosi pane per gli altri. Infatti qui Gesù non invita a dare cose, denari o ad impetrare il Cielo per compiere la sazietà dell’altro, bensì a donare sé stessi: «Voi stessi date loro da mangiare», ossia ‘datevi in cibo a questa umanità affamata’ (v. 13a). E nell’attimo stesso in cui si vive questa logica del dono di sé, il deserto comincia a fiorire (cfr. Is 32, 15). Infatti nel Vangelo di Giovanni, passo parallelo al nostro, si afferma come in quel luogo ci fosse “molta erba” (Gv 6, 10b) e Marco aggiunge come quell’erba fosse ‘verde’ (Mc 6, 39). Un luogo con molta erba verde, richiama un giardino, e il Giardino nella Bibbia è sinonimo di paradiso. Insomma: il condividere, il prendersi cura della vita dell’altro fa fiorire il proprio deserto esistenziale e trasforma questo nostro mondo incolto, in un qualcosa dal sapere di paradiso.
Prima di farsi ostia, Dio s’è fatto carne, e quindi ogni carne.
Va da sé che maltrattare un essere umano significa profanare il medesimo Corpo di Cristo, il Dio-con-noi, e in- noi.
Va da sé che i veri e più preziosi tabernacoli saranno i corpi martoriati dei poveri, le carni consunte dei profughi, degli esclusi, degli allontanati e degli abbandonati.
Adorare e venerare un’ostia consacrata e poi calpestarla, denigrarla e rigettarla nel fratello può dirsi cristianesimo?

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 22 Giugno 2025 09:11

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno C

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 14,18-20

Dal libro della Genesi
 

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.


Salmo Responsoriale Sal 109 (110)

Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.

Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
 
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!
 
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell'aurora,
come rugiada, io ti ho generato.
 
Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».

 
Seconda Lettura 1Cor 11,23-26
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
 
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
 
 
Canto al Vangelo (Gv 6,51)


Alleluia, Alleluia

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 9,11b-17
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.


OMELIA

gli incensi? Di quel pane che deve essere un pane a tavola noi abbiamo fatto un idolo. È l’astuzia dell’uomo! Quando l’uomo fa di un santo una realtà da adorare, se ne è già liberato. Adorare significa metterla fuori. Messa fuori, viviamo più tranquilli nella nostra malvagità» (E. Balducci).
Gesù, nel deserto della storia vede e si prende cura di un’umanità dolorante invitando ciascuno dei suoi a fare altrettanto, rivelando così la logica disarmante che la propria fame si estingue facendosi pane per gli altri. Infatti qui Gesù non invita a dare cose, denari o ad impetrare il Cielo per compiere la sazietà dell’altro, bensì a donare sé stessi: «Voi stessi date loro da mangiare», ossia ‘datevi in cibo a questa umanità affamata’ (v. 13a). E nell’attimo stesso in cui si vive questa logica del dono di sé, il deserto comincia a fiorire (cfr. Is 32, 15). Infatti nel Vangelo di Giovanni, passo parallelo al nostro, si afferma come in quel luogo ci fosse “molta erba” (Gv 6, 10b) e Marco aggiunge come quell’erba fosse ‘verde’ (Mc 6, 39). Un luogo con molta erba verde, richiama un giardino, e il Giardino nella Bibbia è sinonimo di paradiso. Insomma: il condividere, il prendersi cura della vita dell’altro fa fiorire il proprio deserto esistenziale e trasforma questo nostro mondo incolto, in un qualcosa dal sapere di paradiso.
Prima di farsi ostia, Dio s’è fatto carne, e quindi ogni carne.
Va da sé che maltrattare un essere umano significa profanare il medesimo Corpo di Cristo, il Dio-con-noi, e in- noi.
Va da sé che i veri e più preziosi tabernacoli saranno i corpi martoriati dei poveri, le carni consunte dei profughi, degli esclusi, degli allontanati e degli abbandonati.
Adorare e venerare un’ostia consacrata e poi calpestarla, denigrarla e rigettarla nel fratello può dirsi cristianesimo?

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 22 Giugno 2025 09:01

Santissima Trinità - Anno C

Santissima Trinità - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Prv 8,22-31

Dal libro dei Proverbi
 

Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».


Salmo Responsoriale Sal 8

O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo, perché te ne curi?
 
Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.
 
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.

 
Seconda Lettura Rm 5,1-5
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
 
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
 
 
Canto al Vangelo (Cf. Ap 1,8)


Alleluia, Alleluia

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 16,12-15
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».


OMELIA

«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

“Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità” dice Gesù nel vangelo di questa domenica.
La vita di Dio, o meglio Dio come vita ci permea ed emerge in noi nella misura in cui facciamo decantare in noi il ‘mio’ e l’’io’ sino al compiersi di ciò che in realtà siam sempre stati: ‘immagine e somiglianza di Dio’ (Gn 2, 27). Paolo afferma tutto ciò quando scrive che lo Spirito – ovvero Dio medesimo (cfr. Gv 4, 24) riversa sé stesso nel nostro cuore (Rm 5, 5), attuando così la nostra natura autentica. Quest’ultima non è qualcosa di pregresso che abbiamo perduto a causa del peccato, ma piuttosto la nostra destinazione. La Verità – tutta intera – della nostra vita ci sta dinanzi, non alle spalle. Non siamo esseri decaduti, ma fragilità in via di compimento.
La questione è rimanere aperti, disponibili, collaboranti a questa energia che ci inabita, affinché possa compiere la sua opera. Per questo è necessario prestarle attenzione, non opporle resistenza, vivere con essa in una profonda sinergia. È altresì importante sottolineare che a questa verità siamo chiamati tutti a parteciparvi, non solo quelli con le carte in regola, i prescelti, i senza peccato.
Qualcuno ha detto che “se la Chiesa traccia un cerchio, la maggioranza dell’umanità è fuori del cerchio, se il Padre traccia un cerchio c’è tutto, dentro”. Occorre non perdere di vista il cerchio del Padre, e contemplarlo sempre dall’interno. D’altra parte viviamo nel frammento, perché in fin dei conti nessun segmento della linea è la linea.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 08 Giugno 2025 08:56

Domenica di Pentecoste - Anno C

Domenica di Pentecoste - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 2,1-11

Dagli Atti degli Apostoli
 

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».


Salmo Responsoriale Sal 66 (67)

Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.

 
Seconda Lettura Rm 8, 8-17
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
 
Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.
E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
 

Sequenza

Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sórdido,
bagna ciò che è árido,
sana ciò che sánguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.

 
Canto al Vangelo


Alleluia, Alleluia

Vieni, Santo Spirito,
riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 14, 15-16. 23-26
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».


OMELIA

«Fare appello allo Spirito Santo vuol dire fare appello alla libertà della coscienza perché la punta alta della coscienza è la punta alta su cui batte il raggio dello Spirito. Per questo lo zelo delle istituzioni è nel coprire tutte le punte perché non appena la coscienza si illumina si scompagina un ordine esistente e il futuro irrompe. Ecco perché le istituzioni sacre hanno perseguitato i profeti; esse li hanno temuti, a cominciare da Gesù» (Ernesto Balducci).
Ogni istituzione, religiosa o laica che sia, ha sempre temuto che le persone agissero
‘secondo coscienza’, prediligendo persone mute, obbedienti ed allineate all’autorità
costituita, zittendo le voci del dissenso, contrarie al ‘è bene così’ o del ‘s’è sempre fatto così’.
Ogni sistema di potere, dai tempi della Torre di Babele ha auspicato che i propri sudditi parlassero tutti la medesima lingua – quella del ‘capo’ – nella speranza che poi agissero anche nel medesimo modo.
Lo Spirito di Dio – insegna Gesù – deve soffiare sempre più forte, dove vuole,
scombinando le carte e facendo sì che ciascuno parli finalmente la propria lingua, e
agisca secondo coscienza.
È interessante notare come nel vangelo Gesù guarisca numerose persone mute. Mi piace pensare che siano state quelle zittite perché non allineate e obbedienti all’establishment di turno. Zittite magari fin da piccoli, da genitori, educatori, superiori perché ritenute non interessanti, banali, fuori luogo, inadeguate, ‘non all’altezza’. Gesù quando parlava con le persone deve aver avuto la meravigliosa capacità di infondere in tutte loro la fiducia di poter aprire finalmente bocca, di convincerle a parlare perché anche loro avevano qualcosa di bello, di interessante e di unico da dire.
Lo Spirito di Dio soffia, sempre, e comunque, indipendente da chi detiene il potere. E
crea unità in un’umanità formata da genti diverse, religioni diverse, esperienze diverse in quanto ciascuno è portatore di verità, di bellezza e fecondità, non fosse altro perché unico e irripetibile.
Il nostro compito di cristiani non è far sì che le varie ‘lingue’ delle donne e degli uomini del nostro tempo riconoscano il primato della nostra di lingua –ritenuta vera e
indefettibile – ma far di tutto perché ogni diversità venga affermata e difesa affinché
un’umanità più umana possa edificarsi, fondata sulla logica della pace, della cura e della condivisione.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 01 Giugno 2025 10:00

Ascensione del Signore- Anno C

Ascensione del Signore - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 1,1-11

Dagli Atti degli Apostoli
 

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l'adempimento della promessa del Padre, «quella - disse - che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo».


Salmo Responsoriale Sal 66 (67)

Ascende il Signore tra canti di gioia.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.
 
Seconda Lettura Eb 9,24-28; 10,19-23

Dalla lettera agli Ebrei

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui
 
Canto al Vangelo (Mt 28,19a.20b)


Alleluia, Alleluia

Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Lc 24,46-53
 
Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


OMELIA

I discepoli dopo l’ascensione di Gesù avvenuta a Betania, scendono a Gerusalemme, simbolo di ogni città, del quotidiano, della vita e lì – dice il testo – ‘stanno sempre nel tempio lodando Dio’ (v. 53). Occorre comprendere bene cosa s’intende qui per tempio. Difficile pensare quello in muratura – tra l’altro già distrutto da circa quindici anni quando Luca scrive –, dove magari trovare asilo da un mondo ostile.

Il tempio è ‘la dimora di Dio con gli uomini’, Gerusalemme stessa, definita in Apocalisse ‘nuova’ (Ap 21, 2), in cui – tra l’altro – non esiste più alcun tempio! (Ap 21, 22). Questo significa che la mia vita, la mia storia è ora tempio di Dio: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1Cor 3, 16).

Non è più data separazione tra ciò che denominiamo dio e l’umana avventura.

Per cui con l’ascensione Gesù da una parte ci apre alla consapevolezza che siamo una cosa sola con la divinità, come l’onda lo è col mare anche se distinta, dall’altra ci ricorda che per fare sperienza di questa unione, occorre entrare nel vivo delle dinamiche terrene, delle relazioni umane, nella cura.

È finito il tempo del commercio con la divinità, il dare e avere attraverso pratiche religiose, osservanze di leggi e precetti. Gesù ha insegnato a stare al mondo senza la necessità di bruciare incensi o inginocchiarsi ad alcuna autorità, religiosa o civile che sia. Tutto questo fu spazzato via quando Gesù stesso scacciò con forza dal tempio i suoi inservienti ridotti a commercianti del sacro (cfr. Lc 19, 46). Non sarà l’ottemperanza ad una legge ad assicurarci la salvezza ci ricorda Gesù il «crocifisso secondo la Legge».

«Il nostro rapporto con Dio non è un rapporto religioso con un essere, il più alto, il più potente, il migliore che si possa pensare – questa non è autentica trascendenza – bensì una nuova vita nell’“esserci per gli altri”, nel partecipare all’essere di Gesù. Il trascendente non è l’impegno infinito, irraggiungibile, ma il prossimo che è dato di volta in volta, che è raggiungibile». (D. Bonhoeffer, Resistenza e resa).


 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 25 Maggio 2025 08:46

Sesta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Sesta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 15,1-2.22-29

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».


Salmo Responsoriale Sal 66 (67)

Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano 
tutti i confini della terra.
 
Seconda Lettura Ap 21,10-14.22-23

 

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.
 
Canto al Vangelo (Gv 14,23)


Alleluia, Alleluia

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 14,23-29
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».


OMELIA

«Se uno mi ama… » dice Gesù (v. 23). Ora, cosa potrà significare “amare Gesù”? Se è vero che noi siamo immersi nella divino-umanità del Cristo, se è vero che siamo cristici, dimora del divino (‘Prenderemo dimora presso di lui’ (Gv 14, 23), se è vero che siamo ‘a sua immagine e somiglianza’ credo che ‘amare Gesù significhi’ permettergli d’amarmi, ovvero non porre ostacolo col ‘mio e l’io’ alla sua azione vivificante in me. Divenire trasparente alla sua presenza e azione in me.
La questione è sempre la medesima: «Chi odia la propria vita in questo mondo, la conserva per vita eterna» (Gv 12, 25), e qui ‘odiare’ sta per ‘espropriare’ il proprio falso sé, l’ego, per far spazio al divino che siamo, il nostro ‘Sé autentico’.
‘Amare Dio’ sarà dunque una sorta di ‘non azione’, al fine di lasciare a lui l’unica azione che conta. D’altra parte noi siamo per natura ‘piena ricettività’, e ciò che ci viene richiesto è solo di «coltivare tutte le nostre potenze mentali, psichiche e sensoriali perché si sviluppi in noi il divino, di cui poi fare esperienza di tale sbocciare» (W. Jäger).
Allora comprenderemo perché Gesù continua dicendo: «Se uno mi ama… noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (v. 23). Nella non-azione, nel rinunciare a ‘scalare il cielo’, si godrà finalmente del cielo in noi.
Una volta che Dio si espanderà in noi, plasmati e trasformati in lui, diverremo detentori dello Spirito santo (v. 26) e della pace (v. 27). I due doni del risorto.
E questo Spirito di Dio in noi, assolverà due compiti fondamentali:
1) «Insegnerà ogni cosa» (v. 26a), ossia che lui è Padre, che noi siamo figli e quindi che l’unico modo per vivere è lasciarsi amare, scoprirsi e vivere da fratelli.
2) «ricorderà tutto» (v. 26b). ‘Ri-cordare’, etimologicamente vuol dire ricondurre nel cuore. Chi è in Dio, chi è stretto in questa unione, può dimorare finalmente in sé stesso, all’interno di sé, non è più costretto a perdersi, non è più frantumato in mille pensieri e azioni che non gli appartengono. Ha le radici ben radicate in sé, al centro del suo cuore.
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (v. 27).
La pace è la serena certezza che in questa unione intima con Dio, non è più necessario crearsi nemici per vivere in pace. Infatti mentre la pace del mondo (cfr. v. 27b) è quella fondata sulla violenza, sulla paura, sul dominio, su pericolosi giochi d’equilibrio, la pace di Cristo è frutto della vittoria del bene sul male, o meglio del male attraversato dal bene.
La consapevolezza di essere una cosa sola con la divinità che ci pervade, ci fa vivere nella pace, quella che niente e nessuno potrà toglierci.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 18 Maggio 2025 08:55

Quinta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Quinta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 14,21b-27

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni».
Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto.
Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.


Salmo Responsoriale Sal 144(145)

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
 
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
 
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.
 
Seconda Lettura Ap 21, 1-5a


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più.
E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
 
Canto al Vangelo (Gv 13,34)


Alleluia, Alleluia

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 13,31-33a.34-35
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».


OMELIA

«Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”» (V. 31).
Il massimo del male subìto, Gesù lo accoglie e lo fa coincidere col massimo della gloria. Gesù assume la tenebra e la trasforma in luce, manifestando così la stoffa di cui è fatto l’Amore: riportare la vittoria quando viene ferito.
Le mie fragilità, i miei limiti, i miei fallimenti, il male che mi accompagna da mane a sera, tutto questo può diventare luogo di rivelazione di qualcos’Altro, luminoso, inedito. Ferita che si fa feritoia ad una luce trasformante.
«Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» ricorda Paolo (2Cor 12, 9s.).
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (v. 34)
La novità di questa prescrizione non è tanto l’invito ad amare – affermato da sempre nella tradizione ebraica – ma piuttosto il fatto che ciò che viene comandato viene prima donato. Siamo è vero invitati ad amare, ma non come mossi da una legge eteronoma, proveniente dall’esterno, ma scoprendo che siamo portatori, ripieni di quell’amore che siamo chiamati a manifestare. Ciò che viene ‘comandato’ è già stato concesso: «Donami o Dio ciò che mi comandi, e poi comandami ciò che vuoi» (Agostino).
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Un passaggio splendido. Essere discepoli di Gesù non è questione di appartenenza: non a una Chiesa, né ad una religione. Non significa neppure essere battezzati o credenti. Essere discepoli non è questione dell’abito che s’indossa. Non da questo saremo riconosciuti, e tanto meno perché si frequentano culti e riti religiosi. “Da questo sapranno che siete miei discepoli, dall’amore…”. È solo l’amore a farci riconoscere come discepoli dell’Amore. Quanti discepoli di Cristo anonimi in giro per il mondo infatti… atei, agnostici, non praticanti, dubbiosi, appartenenti ad altre confessioni religiose… È l’Amore che fa nuove tutte le cose ed ogni essere umano, indipendentemente dalle loro appartenenze. Questo Amore è la ‘tenda di Dio in mezzo agli uomini’, come dice la pagina dell’Apocalisse di oggi. Ebbene, chi ama è di Cristo, anzi è cristico ovvero della stessa natura dell’Amore. È l’amore che ci fa compiere in umanità sino a diventare Cristo. Questo è stato il cammino dell’uomo e profeta Gesù di Nazareth, talmente umano da esser diventato il Cristo, manifestazione materica e temporale di ciò che viene chiamato Dio. A questo siamo chiamati tutti noi se ci risvegliassimo al nostro unico compito: diventare pienamente umani, e dunque divini.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 18 Maggio 2025 08:49

Quarta domenica del tempo di Pasqua - Annno C

Quarta domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 13,14.43-52

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero.
Molti Giudei e prosèliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: "Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra"».
Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.


Salmo Responsoriale Sal 99 (100)

Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra, 
servite il Signore nella gioia, 
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio: 
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.

Seconda Lettura Ap 7,9.14b-17


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.
E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».
 
Canto al Vangelo (Gv 10,14)


Alleluia, Alleluia

Io sono il buon pastore, dice il Signore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 10, 27-30
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


OMELIA

«Tuffarci in fondo all’abisso,
sia Inferno o Cielo, che importa?
Per trovare qualcosa di nuovo
nel grembo dell’Ignoto» (C. Baudelaire, Il viaggio).
Le rivoluzioni, intese come apportatrici di novità, si son sempre dimostrate pericolose. Voler modificare la realtà imponendo la nostra idea, le nostre personalissime letture, alla lunga si rivelerà nocivo, provocando qualcosa di peggiore di ciò che si desiderava cambiare.
Gesù di Nazareth non è stato un rivoluzionario; egli ha piuttosto inteso avviare una sorta riforma, che è qualcosa di profondamente diverso dalla rivoluzione. Tutti ricorderemo quel passaggio in cui Gesù afferma: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5, 17).
Gesù non ha mandato all’aria il pregresso, ma ha preso questo e ci ha gettato dentro un po’ di lievito (cfr. Gv 13, 33). La pasta – la realtà, la storia – è sempre la medesima, ma ciò che fa la differenza è come l’abitiamo, come la trattiamo, come ci stiamo dentro: se come lievito di luce che trasforma le tenebre, o con un atteggiamento egoico che spegnerà anche il lucignolo fumigante (cfr. Mt 12, 20).
«La felicità è amare ciò che si ha», dice Agostino, e non desiderare sempre qualcosa di nuovo. Amare ciò che si ha significa ‘insistere’ – letteralmente stare con ostinazione – sulla realtà, senza perdersi in sogni o sterili fantasie. Per questo Jacques Lacan dice che la parola più alta dell’amore è ‘ancora’.
Se il cambiamento impone di passare da un oggetto all’altro, per poi sperimentare magari a sera che è già vecchio, l’amore reclama lo sforzo titanico dell’approfondire, di stare, di scendere in profondità, per poi dire ‘oggi guardo ancora il tuo volto, e anche se è sempre il medesimo, non mi stanco perché è profondo come l’infinito’.
Stiamo morendo di superficialità.
Ci si stanca presto di tutto, confondendo vita con vitalità. Ci accontentiamo della spuma del mare, quando lo splendore è racchiuso negli abissi.
Gesù ha amato in questo senso. Non ha cambiato nulla ma trasformato tutto, cominciando con l’acqua in vino alle nozze di Cana, per finire con la morte. Non ha sostituito la morte con una vita biologica senza fine, l’ha attraversata, e attraversandola l’ha trasfigurata in vita d’una qualità così alta in grado di superare anche la morte.
Le sue pecore, per le quali darà la vita, sono quelle di sempre: testarde, fragili, paurose; infatti queste lo tradiranno, lo rinnegheranno e l’abbandoneranno. Ma lui insiste, sta ancora con loro, un altro giorno, e un’altra notte ancora. L’amore non abbandona, sta.
Ecco cosa fa l’amore: rende eterno ciò che ama.
Ma che significa ‘rendere eterno’ qualcosa? Dargli compimento, condurlo a fiorire.
L’amore sottrae a quella data realtà il tarlo della morte; lo salva dal disfacimento, dalla dimenticanza.
“Dire ti amo significa dire: tu non morirai” ci ricorda Gabriel Marcel.
Per questo che coloro che amiamo non li perderemo mai. È il nostro amore a renderli ‘per sempre’.
Gesù sta con i suoi, e ci starà anche quando questi non staranno più con lui. Ci starà anche quando la sua amicizia verrà tradita e quando i suoi coltiveranno pensieri di morte contro di lui. E qui l’insegnamento è grande: avere fede non significa credere in un Dio, quanto credere che c’è un Amore che si fiderà ancora di me, non malgrado tutto ma attraverso tutto: senza se e senza ma.
L’amore è cosa strana, più lo si dona, più aumenta. Non s’impoveriranno mai d’amore coloro che amano. Anzi, ne acquisiranno sempre di più. Ce lo ricorda Shakespeare quando in ‘Romeo e Giulietta’ mette in bocca a quest’ultima queste parole: «Più ti do più ho».

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 18 Maggio 2025 08:40

Terza domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Terza domenica del tempo di Pasqua - Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura At 5,27b-32.40b-41

Dagli Atti degli Apostoli
 

In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo».
Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono».
Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.


Salmo Responsoriale Sal 29 (30)

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera è ospite il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

Seconda Lettura Ap 5,11-14


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato,
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione».
Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:
«A Colui che siede sul trono e all’Agnello
lode, onore, gloria e potenza,
nei secoli dei secoli».
E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.
 
Canto al Vangelo


Alleluia, Alleluia

Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo,
e ha salvato gli uomini nella sua misericordia.

Alleluia, Alleluia

Vangelo Gv 21, 1-19
 
Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».


OMELIA

All’inizio c’è il fallimento. I discepoli pescatori hanno faticato una notte intera sulla barca, ma non hanno preso nulla. 

Quando comincia ad albeggiare, un uomo sconosciuto li invita ad insistere: ‘Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete’. Gesù invita a credere, che dopo la notte sorgerà ancora una nuova l’alba. 

E la barca si riempie di pesci. 

Il discepolo amato a quel punto riconosce Gesù il Signore. Pietro udito questo si veste e si getta in mare per raggiungerlo. Si veste… Strano no? Non avrebbe dovuto fare il contrario? Pietro, solo poche ore prima, in una notte drammatica rinnegò l’amico per tre volte. Alla fine pianse, nudo davanti all’Amore. Ora ha intuito che dopo ogni notte non può che giungere l’alba, e si riveste di dignità dinanzi alla misericordia che ricrea. 

L’Amore rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso (cfr. 2Tm 2, 13). 

L’importante nella vita spirituale (nella pratica meditativa ad esempio) non è la fecondità, ma non smettere di pescare. La ‘notte oscura’ è inevitabile, anzi necessaria, come il fallimento 

e la fatica. Un recipiente può essere colmato solo perché è vuoto. Non siamo in cerca di risultati, perché l’unico successo è non gettare la spugna quando tutto pare inutile. E se un risultato dovesse giungere, allora sarà grazia, non il prodotto di uno sforzo. 

«Trovano coloro che cercano, pescano coloro che perseverano, si scoprono coloro che gettano le reti della propria attenzione dentro di sé. Se la coscienza non si restringe (la rete vuota), non si potrà espandere più tardi (la rete colma). Ma, vuoti o pieni, la rete, la barca, il lago… sono sempre gli stessi!». (Pablo d’Ors). 

Ciò che si pesca è già dentro di noi, e sarà sempre splendido perché vivo. Ma soprattutto sovrabbondante, perché questo è il linguaggio dell’Amore. Sì, la Vita che ci sfama ci attende dentro di noi. Dobbiamo solo scendere a pescare, soprattutto nelle notti buie e dove tutto pare silenzio. E lì attendere il sorgere di una nuova alba. 


 
Paolo Scquizzato
 
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