Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.
Religioso Marista
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Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Is 66,18b-21
Così dice il Signore:
«Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria.
Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti.
Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore.
Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore».
Salmo Responsoriale Sal 116 (117)
Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.
Alleluia, Alleluia
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore,
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia, Alleluia
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Ger 38,4-6.8-10
In quei giorni, i capi dissero al re: «Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi».
Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango.
Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia».
Salmo Responsoriale Sal 39 (40)
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose,
dal fango della palude;
ha stabilito i miei piedi sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
Ma io sono povero e bisognoso:
di me ha cura il Signore.
Tu sei mio aiuto e mio liberatore:
mio Dio, non tardare.
Alleluia, Alleluia
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia, Alleluia
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
«C’era un uomo, che aveva inventato l’arte di accendere il fuoco. Prese i suoi attrezzi e si recò presso una tribù del nord, dove faceva molto freddo. Insegnò a quella gente ad accendere il fuoco. La tribù era molto interessata. L’uomo mostrò loro gli usi per i quali potevano sfruttare il fuoco – cuocere il cibo, tenersi caldi, ecc. .
Quelle persone erano molto grate all’uomo per quanto era stato loro insegnato sull’arte del fuoco, ma prima che potessero esprimergli la propria gratitudine, egli scomparve. Non gli importava ricevere il loro riconoscimento o la loro gratitudine: gli importava il loro benessere. Si recò in un’altra tribù, dove nuovamente iniziò a dimostrare il valore della sua invenzione. Anche quelle persone erano interessate, un po’ troppo però per i gusti dei loro sacerdoti, che iniziarono a notare che quell’uomo attirava la gente, mentre essi stavano perdendo popolarità. Così, decisero di liberarsene. Lo avvelenarono – o lo crocifissero, non ricordo più. Ora, però temevano che la gente si rivoltasse contro di loro, e così fecero una cosa molto saggia, persino astuta. Fecero eseguire un ritratto dell’uomo e lo montarono sull’altare principale del tempio. Gli strumenti per accendere il fuoco furono sistemati davanti al ritratto, e la gente fu invitata a venerare il ritratto e gli strumenti del fuoco, cosa che fece ubbidientemente per secoli.
L’adorazione e il culto continuarono, ma non fu mai usato il fuoco». (Anthony de Mello)
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49)
Il fuoco. Non quello che consuma e distrugge, ma quello che scalda, trasfigura, illumina. Il fuoco che è passione dell’anima e compassione per ogni essere; il fuoco che purifica le illusioni e dischiude l’essenziale. Gesù lo porta con sé. Lo getta sulla terra. Lo sogna già acceso. Eppure, sembra che duemila anni non siano bastati per vederne davvero la fiamma divampare.
Non è forse vero che, troppo spesso, ci siamo accontentati delle braci spente di un culto spento, mentre la vera brace — quella del Vangelo — attendeva di ardere nel cuore dell’umano?
Il fuoco delle Beatitudini, della vita povera, disarmata, libera dal bisogno di possesso e di potere, è stato soffocato da cenere di convenzioni, da riti senza più scintilla, da parole svuotate del loro incendio originario.
Eppure, come ci ricorda Anthony de Mello, il problema non è nella Tradizione, ma nel modo in cui la trattiamo. Tradizione infatti “Non il culto delle ceneri, ma la custodia del fuoco” (Gustav Mahler).
Il racconto del maestro del fuoco parla a noi. Parla alla Chiesa, alla spiritualità, a ogni ricerca umana. Quante volte abbiamo venerato il volto dell’uomo che portava il fuoco, senza più usare gli strumenti che ci aveva lasciato! Quante volte abbiamo eretto altari e codificato liturgie, dimenticando che il fuoco era destinato a essere acceso — non adorato.
Il dramma è tutto lì: la fiamma è stata trasformata in icona, e la Parola in dogma. Ma la Parola è fuoco vivo, non pietra scolpita. È urgenza, non istituzione.
Questo fuoco non si può rinchiudere nei recinti del potere o nelle stanze del consenso.
È fuoco che divampa dove trova un cuore disponibile, un’anima sveglia, una mano tesa.
È il fuoco del samaritano che si china, del pane spezzato, dell’ultimo posto scelto liberamente. È il fuoco che illumina i poveri in spirito e che svergogna ogni falsa sicurezza.
Allora, oggi più che mai, questa parola ci brucia dentro:
“Quanto vorrei che fosse già acceso!”. La domanda che ci resta è semplice e radicale: Lo accenderò io questo fuoco? O continuerò a venerarne le ceneri?
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Sap 18,6-9
La notte [della liberazione] fu preannunciata
ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
Il tuo popolo infatti era in attesa
della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.
Salmo Responsoriale Sal 32 (33)
Beato il popolo scelto dal Signore.
Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.
Alleluia, Alleluia
Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate,
viene il Figlio dell’uomo.
Alleluia, Alleluia
Siamo tutti amministratori di un tesoro fragile e luminoso: la nostra vita.
Il Vangelo di questa domenica è un appello accorato a vegliare, a essere presenti, a custodire il capitale più prezioso che ci è dato — non l’oro né il tempo, ma la nostra essenza, il Sè autentico che cresce donandosi.
I verbi si susseguono come un canto di risveglio: essere pronti, attendere, aprire, vigilare, agire… Ogni verbo è un richiamo all’attenzione, all’arte del vivere desti, non assopiti nel torpore del consumo o del calcolo.
Il vangelo ci ricorda che vi sono due modi per amministrare la propria vita:
accumulare grano, come nella parabola di domenica scorsa, e illudersi di possedere l’essenziale, oppure donare grano, nutrire altri, condividere ciò che fa vivere, e così scoprire che è nel donarsi che si riceve la pienezza.
«Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così» (Lc 12,43). Felice chi si scopre intento a far felici gli altri. Perché allora — dice il Vangelo — Dio stesso gli affiderà tutti i suoi averi (v. 44). Ma che cosa possiede Dio da poter affidare agli uomini? Null’altro che sé stesso ovviamente. Va da sé che colui che ama, partecipando della medesima vita di Dio ne diventa trasparenza vivente.
«Dio è amore, e chi sta nell’amore dimora in Dio» ci ricorda Giovanni (1Gv 4,16).
Non un amore sentimentale o astratto, ma quello che si traduce in pane spezzato, in cura prestata, in presenza che solleva. Chi invece vive solo per possedere, centrato sul proprio piccolo io, conoscerà una vita lacerata. E il testo è duro, spiazzante: «Il padrone […] lo dividerà in due» (Lc 12,46). Non è punizione dall’alto, ma l’effetto naturale di una vita egoista: ci si disgrega. L’egoismo manda in pezzi.
Si vuole la felicità, ma si scelgono le vie del consumo e del narcisismo. Si desidera amare, ma si finisce per difendersi. E il cuore si fa campo di battaglia.
Occorre dunque vegliare, stare attenti a come ci giochiamo l’esistenza. Non domani. Non altrove. Ma qui e ora. Ogni gesto, ogni parola, ogni scelta è seme nel campo del tempo.
E Gesù, uomo del risveglio, ci ricorda che dire “io” non è affermare sé stessi contro l’altro, ma dire all’altro: eccomi, perché «Dire “io”, significa dire – all’altro – “eccomi”» (E. Lévinas)
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Qo 1,2; 2,21-23
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!
Salmo Responsoriale Sal 89 (90)
Signore, sei stato per noi un rifugio
di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.
Alleluia, Alleluia
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Alleluia, Alleluia
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Gn 18,20-32
In quei giorni, disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
Salmo Responsoriale Sal 137 (138)
Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.
Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita;
contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano.
La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.
Alleluia, Alleluia
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi,
per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Alleluia, Alleluia
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
"Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione"».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
OMELIA
C’è una crescita anche nella preghiera, come si cresce nell’amore: dalle prime infatuazioni, fragili e bisognose, verso un amore adulto, gratuito, capace di silenzio e fedeltà.
All’inizio della vita spirituale, preghiamo per chiedere, e poi lo Spirito sospinge altrove.
Gesù dice: «Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto» (Mt 7,7). Ma poco prima ammonisce: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: credono di essere esauditi a forza di parole. Non siate come loro: il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6,7-8). Quale dei due Gesù dobbiamo ascoltare? Quello che ci invita a domandare… o quello che ci spinge a tacere?
La verità è che non dobbiamo scegliere. Gesù non si contraddice: ci accompagna. Educa e fa crescere: dalla preghiera come richiesta alla preghiera come comunione.
Dall’implorazione alla presenza.
Dalla parola al silenzio.
«Quando preghi, entra nella tua stanza, chiudi la porta…» (Mt 6,6). Ovvero, ‘entra nella stanza del tuo cuore’, nel luogo dove non servono parole. È lì che Dio attende, non fuori.
Meister Eckhart, il mistico del silenzio, è drastico, ma non crudele. Parla come un amante ferito da un amore interessato. Dice: «Chi prega Dio per ottenere qualcosa, lo ama come si ama una vacca per il suo latte. Non ama Dio, ama ciò che vuole da Lui. Dio, così, diventa un mezzo, un servo, un idolo.»
La preghiera non è commercio, e quindi scambio. È ritorno. Sprofondamento. Nella nostra verità più profonda, che è divina.
Quando si ama davvero, non si chiede nulla. Quando sei perso nell’abbraccio dell’amato, che senso ha scrivergli ancora lettere?
Forse la preghiera adulta è proprio questo: riconoscere che Dio non è altrove, ma dentro. Che non è un potere da convincere, ma Presenza da abitare. È un perdersi in Lui, ricordandoci chi siamo. Un ritorno a casa.
Non più grido di bisogno, ma silenzio d’unione.
Non più parole, ma presenza.
Come dice Rūmī, il poeta del cuore:
«Non sei una goccia nell’oceano.
Sei l’oceano in una goccia.
Quando bruci nel fuoco dell’amore,
quello è il tuo vero atto di preghiera.»
In quel fuoco non si parla più. Si ama. Si tace. Si è.
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Gn 18,1-10a
In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».
Salmo Responsoriale Sal 14 (15)
Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.
Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.
Alleluia, Alleluia
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
con cuore integro e buono,
e producono frutto con perseveranza.
Alleluia, Alleluia
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
OMELIA
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Dt 30,10-14
Mosè parlò al popolo dicendo:
«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».
Salmo Responsoriale Sal 18
I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
Alleluia, Alleluia
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia, Alleluia
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
OMELIA
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Is 66,10-14c
Rallegratevi con Gerusalemme,
esultate per essa tutti voi che l’amate.
Sfavillate con essa di gioia
tutti voi che per essa eravate in lutto.
Così sarete allattati e vi sazierete
al seno delle sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete
al petto della sua gloria.
Perché così dice il Signore:
«Ecco, io farò scorrere verso di essa,
come un fiume, la pace;
come un torrente in piena, la gloria delle genti.
Voi sarete allattati e portati in braccio,
e sulle ginocchia sarete accarezzati.
Come una madre consola un figlio,
così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore,
le vostre ossa saranno rigogliose come l’erba.
La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi».
Salmo Responsoriale Sal 65 (66)
Acclamate Dio, voi tutti della terra.
Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!».
«A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.
Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.
Alleluia, Alleluia
La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.
Alleluia, Alleluia
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
OMELIA
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Gn 14,18-20
In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.
Salmo Responsoriale Sal 109 (110)
Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.
Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!
A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell'aurora,
come rugiada, io ti ho generato.
Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».
Alleluia, Alleluia
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia, Alleluia
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
OMELIA
Omelia di Paolo Scquizzato
Prima Lettura Prv 8,22-31
Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».
Salmo Responsoriale Sal 8
O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell'uomo, perché te ne curi?
Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.
Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
Alleluia, Alleluia
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene.
Alleluia, Alleluia
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
OMELIA